Douglas Richard Hofstadter (1945) è uno studioso dell’intelligenza artificiale. A questo argomento ha dedicato la maggior parte dei suoi studi.
È conosciuto soprattutto per il suo libro, vincitore del Premio Pulitzer, Gödel, Escher, Bach - Un'eterna ghirlanda brillante (1980). Quest’opera dai numerosi risvolti filosofici ha reso Hofstadter un guru della divulgazione, ma, soprattutto è stata la molla che ha motivato moltissimi studenti ad approfondire gli studi sull’intelligenza artificiale.
Hofstadter afferma che il rapporto tra cervello e mente può essere spiegato differenziando i livelli di osservazione.
Ai livelli bassi il cervello è come un sistema formale che lavora in modo deterministico, in quelli alti invece la mente presenta gli aspetti della creatività e della fantasia.
Quest’interpretazione però è difficile da dimostrare nonostante i numerosi esempi proposti nel libro, questo perché la nostra mente è molto complessa e non di così facile spiegazione.
L’autore è consapevole di questo punto debole, infatti ritiene che nella mente si creino dei legami, chiamate reti, simili a delle grandi strade e rappresentano i concetti base su cui poi si formerà il pensiero.
L’intelligenza artificiale si basa appunto su questi legami e sulla possibilità di realizzarli su macchine separate dal cervello biologico.
Hofstadter ha insegnato informatica all’università dell’Indiana e tuttora lavora al dipartimento di Psicologia dell’università del Michigan. Le sue ricerche sono concentrate sui modelli percettivi di livello superiore, sul pensiero analogico e sulla creatività.
Proprio quest’anno (2007) è uscito il suo ultimo libro: I Am a Strange Loop che riprende il tentativo di definire che cosa sia L' io.
Le sue altre principali pubblicazioni sono: L'Io della mente (con Daniel Dennett) (1981); Temi metamagici (1985); Concetti fluidi e analogie creative (1995); Le Ton beau de Marot (1997).
Frontespizio di Gödel, Escher, Bach - Un'eterna ghirlanda brillante
"The question is not whether intelligent machines can have emotions, but whether machines can be intelligent without any emotions" Minsky, The Society of Mind