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LOMBARDIA.IT - Ultimo aggiornamento 7 Marzo 2006 - 21:09
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MONUMENTI DI MANTOVA


IL PALAZZO DUCALE

Il Palazzo Ducale di Mantova è uno dei più vasti e articolati complessi architettonici italiani. Residenza della famiglia Gonzaga, che dimora continuamente al suo interno trail 1328 eil 1707, il Palazzo si sviluppa attraverso continue aggregazioni e stratificazioni, a partire da un primo nucleo costruito dai Bonacolsi alla fine del Duecento. Nel 1328, quando LuigiGonzaga conquista il potere sconfiggendo la famiglia rivale, gia esistono infatti alcuni edifici che faranno parte della Corte Vecchia del palazzo dei Gonzaga: tra di essi emergono la Magna Domus e il Palazzo del Capitano, entrambi affacciati su Piazza Bordello. Nel 1480 Luca Fancelli realizza la Domus Nova. Isabella d’Este, moglie del marchese Francesco II, dopo cinquantenni di assenza dal palazzo da parte della corte, nel terzo decennio del Cinquecento ritorna ad abitare in Corte Vecchia, dove fa arredare e decorare una serie di camerini nei quali colloca il suo studiolo e le sue collezioni. Suo figlio invece fruisce del genio creativo di Giuliano Romano che in Palazzo Ducale, in una zona detta corte nuova, costruisce e decora l’Appartamento di Troia. Solo nella seconda metà del Cinquecento, per mezzo di una vasta campagna edilizia condotta dal duca Guglielmo, i diversi corpi di fabbrica fin qui costruiti in maniera non coordinata vengono finalmente uniti e il complesso di edifici diventa realmente città-palazzo, le cui parti sono collegate e giuntate da gallerie, portici, piazze monumentali. Centro ideale di questo vasto complesso è la basilica di S Barbara, progettata dall’architetto Bertani. Sotto il governo di Guglielmo, il Palazzo si arricchisce di importanti fabbriche: l’Appartamento Verde in Corte Vecchia, strutturato in parte sui preesistenti edifici medioevali e in parte su nuove costruzioni, come il Giardino Pensile e il Cortile delle Otto facce. Gli interventi promossi dal figlio Vincenzo I si concentrano invece sulla Domus Nova fancelliana che, profondamente trasformata, diventa l’attuale Appartamento Ducale. La fine del periodo aureo di Mantova avviene nel 1603 quando i lanzichenecchi tedeschi entrano da vincitori in città, profanando e saccheggiando anche Palazzo Ducale. Da allora il Palazzo non riesce più a tornare ai primitivi fasti. Nel 1707 il governo austriaco, subentrato nel controllo della città, decide di usare gli ambienti del palazzo gonzaghesco come sede di rappresentanza. Ampie zone sono abbandonate, ad esempio la Corte Nuova ed il Palazzo del Capitano e la Magna Domus ospitano gli appartamenti privati del vicegovernatore. Alcune demolizioni eseguite tra la fine dell’Ottocento e i primissimi del Novecento deturpano e alterano l’aspetto del palazzo, mentre cospicui interventi di restauro lo interessano nel corso degli anni Venti e Trenta. L’attuale aspetto del palazzo è frutto di questa vasta campagna di lavori. Nel novecento, ulteriori ricerche hanno portato alla fine degli anni sessanta, alla scoperta del fondamentale ciclo di affreschi del Pisanello e, alla fine degli anni novanta, a quelli della cinquecentesca Sala dello Specchio.

CASTELLO DI SAN GIOGIO

Nel 1395 Bertolino da Novara comincio nelle vicinanza del ponte di San Giorgio la costruzione del castello che divenne molto presto parte del maestoso Palazzo Ducale, il castello fu edificato all’ interno della città e rappresentava allo stesso tempo un importante opera difensiva e un ostentazione del potere dei Gonzaga. A classica base quadrata, è munito di quattro torri agli angoli più alcune controtorri che proteggono le tre porte munite di ponti levatoi. Lo stupendo portico del 500 che circonda su due lati il cortile del castello fu progettato da Luca Fancelli, mentre il Mantegna nel 1465 dette avvio alla decorazione ad affresco di una stanza del castello, adibita a funzioni di rappresentanza, che avrebbe in seguito preso il nome di Camera degli Sposi. Sulla volta furono dipinti emblemi della famiglia Gonzaga, monocromi a soggetto mitologico e ritratti di imperatori romani. Due delle pareti furono coperte da finti tendaggi, presenti anche nelle restanti, ma scostati, per mostrare la corte dei Gonzaga e l’incontro tra Ludovico e suo figlio Francesco. Il vano era piuttosto piccolo e Mantegna ricorse per ampliarlo ad artifici ottici, il più famoso quello dell’oculo in forte scorcio al centro della volta, usando la prospettiva per fini illusionistici: architettura reale e pittura concorsero a formare un insieme di grande solennità ed ampio respiro, capace di far assurgere un soggetto contemporaneo al rango di mito.

IL PALAZZO TE

Giuliano Romano inizia i lavori per la costruzione del palazzo nel 1525, lo concepisce come un antica villa romana, quindi il Palazzo Te che prende il suo nome dall’isoletta su cui fu costruito detta Tejeto, si estende su un unico piano a pianta quadrata e si sviluppa attorno ad un grande cortile; lo spazio esterno è costituito da un ampio giardino limitato da un’esedra a bugnato rustico, sul quale si affacciavano originariamente le famose stalle del duca. Le tre facciate presentano motivi architettonici molto vari, principalmente classici, posti però in modo non consueto, facendo di questo palazzo uno degli esempi più elaborati dell’architettura manieristica. Elemento caratterizzante delle facciate sono gli archi formati quasi esclusivamente da pietra grezza, di cui è fatta anche l’architrave; il motivo prevalente che unisce le differenti facciate è lo zoccolo fortemente sporgente, ma pure il fregio, formato nella parte alta da triglifi e metope. L’impianto interno, che si affaccia sul giardino, presenta un intonaco liscio e chiaro che si discorda dal bugnato che prevale all’esterno, dalle lesene e dal fregio continuo. Giuliano Romano e la sua bottega dimostrano, tramite le decorazioni interne, l’utilizzo di un linguaggio raffaellesco di forte impatto visivo. Ne è una prova evidente la Sala di Amore e Psiche, che si rifà al tema dell’Asino di Apuleio. Questa sala è divisa da un pergolato che delinea le scene nelle quali traspira un sottile erotismo, fatto di velate allusioni. La zona più famosa, fatta decorare tra il 1532 e il 1535, è la cosiddetta Sala dei Giganti, formata da un ambiente quadrato smussato nelle pareti, in modo da formare un soffitto concavo. Intorno alla zona centrale sono rappresentati degli dei, tra i quali il più importante è Giove, raffigurante il potere imperiale, che sconfigge i giganti. Il dipinto con grande probabilità fa allusione alla vittoria dell’imperatore Carlo V sui francesi.

LA ROTONDA DI SAN LORENZO

E’ la più antica chiesa della città, fondata tra la fine dell’ XI sec e l’inizio del XII, probabilmente per volere della contessa Matilde di Canossa. Ispirata alla chiesa del S. Sepolcro di Gerusalemme e dedicata a San Lorenzo, martire romano del III sec, la rotonda è a pianta centrale, con soprastante matroneo. Un deambulatorio precede e circonda la navata, caratterizzata da otto colonne e un piccolo abside. E’ costruita in cotto, secondo la tradizione lombarda del periodo, ma conserva due colonne di marmo, alcune formelle e piastrini di pietra di epoca precedente, probabilmente del VI-VIII sec, provenienti da edifici scomparsi. Originariamente era completamente affrescata, oggi rimangono molti lacerti, in particolare sono leggibili quelli di alcune volticelle: per lo schema rigido della composizione e della decorazione degli abiti e l’espressione astratta e idealizzata dei volti, si può dedurre che l’autore sia un maestro dell’XI sec, ancora legato alla scuola bizantina. Nell’abside un frammento più tardo rappresenta San Lorenzo sulla graticola databile attorno al XV sec. Nel 1579 la chiesa fu chiusa al culto per voler di Guglielmo Gonzaga e per oltre trecento anni, alterata e coperta da superfetazioni murarie, fu adibita ad abitazioni e negozi. Essendo caduta la cupola, la navata veniva utilizzata come cortile. Nel 1906 fu liberata dalle parti architettoniche non pertinenti e riaperta al culto. Attualmente è chiesa sussidiaria della parrocchia di San Andrea e da questa affidata alla Fraternità Domenicana dal 1926.

LA BASILICA DI SAN ANDREA

La leggenda vuole che la basilica sia sorta sul luogo dove fu ritrova la reliquia contenente il sangue di Cristo nell’804 d.C., chiamata i Sacri Vasi, che ancora oggi è custodita all’interno della basilica. Di fianco alla chiesa venne costruito nel1037 un monastero benedettino che nell’età comunale assunse grande importanza ma il papa Sisto VI fa demolire il convento nel1472 su richiesta dei Gonzaga. Del periodo gotico è sopravvissuto solo il campanile edificato nel 1413. In seguito alla demolizione del monastero su commissione dei duchi la chiesa venne totalmente ricostruita dal grande architetto Leon Battista Alberti che però mori prima dell’inizio dei lavori, che furono portati avanti dal Fancelli. Sempre nel 400 furono decorati molti spazi della basilica dal Mantegna, che verrà seppellito in una piccola cappella all’interno della chiesa. Nel 500 furono costruiti il presbiterio, la cripta e il transetto, mentre la cupola fu conclusa solo nel 1765 da Juvara. Oggi giorno la basilica si presenta con una pianta a croce latina, con un’unica navata sulla quale si aprono tre cappelle per lato, e transetto con volte a botti a lacunari. La maestosa facciata della chiesa spicca sull’angusta piazza antistante: ispirata all’Arco di Traiano di Ancona, ad un solo fornice affiancato da sette murari, è modulata severamente sulla forma del quadrato e dei suoi derivati; l’ampio fornice centrale viene ripreso dall’arco sovrapposto al frontone, che permette l’illuminazione della navata.

LA CHIESA DI SAN SEBASTIANO

La prima opera progettata da Leon Battista Alberti per i Gonzaga fu l’edificio di San Sebastiano, cominciato all’incirca nel 1460; era chiesa privata dei signori di Mantova, sita un po’ dal centro cittadino, sulla Via che collega la città alla zona paludosa del Tè. Come lo vediamo oggi,il tempio di San Sebastiano è il frutto di diverse e successive manomissioni: il progetto albertiano fu con buona probabilità già in origine male interpretato e nel Novecento la chiesa venne restaurata e trasformata i monumento ai caduti di guerra. Pur con tutto ciò San Sebastiano si pone come il prototipo della chiesa a croce greca rinascimentale: divisa in due piani (di cui l’inferiore è costituito da una spaziosa cripta), la chiesa è introdotta da un atrio e presenta un aula quadrata, dalla quale si dipartono tre absidi. La severa facciata del tempio, è un esempio di come Leon Battista seppe interpretare i modelli classici, la sua struttura derivata dalla tipologia del tempio classico, è contaminata dall’inserto, al centro dell’architrave e del timpano,di uno stretto arco di tipo siriaco.


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