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LOMBARDIA.IT - Ultimo aggiornamento 7 Marzo 2006 - 21:09
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MONUMENTI DI COMO


Duomo

La costruzione, su progetto di Lorenzo degli Spazzi, ebbe inizio nel 1396 sull'area della basilica romanica di Santa Maria Maggiore. Il marmo grigiastro già impiegato in epoca romana, proviene dalle cave di Musso. I lavori, durati oltre trecento anni, finirono nel 1740. Pietro da Breggia vi lavorò tra il 1426 e il 1453, dal 1457 Florio da Bontà e Luchino Scarabota - autore del rosone - costruirono la facciata che concepirono in tre parti. I cicli di edificazione della cattedrale sono sostanzialmente due: il periodo di convivenza del complesso di S. Maria Maggiore, la cui sucessiva demolizione permise al cantiere di inglobare l'area liberata; e il periodo che dal XV secolo procede fino ai giorni nostri, in cui si vide la demolizione di S. Maria Maggiore salvo il fianco meridionale elemento portante e condiviso dal corpo parzialmente abbattuto del Broletto. L'avvio dei lavori, con i quattro pilastri orientali eseguiti dallo Spazzi, prese piede da spunti gotici e fu limitato dall'edificio preesistente; la fase successiva sospinse il complesso a uno sviluppo orientato verso est con elementi barocchi e rinascimentali. L'edificio è a croce latina, ripartito in tre navate da pilastri cruciformi su cui poggiano archi ogivali. Del XVII secolo sono le ali del transetto e le relative absidi: Filippo Maria Richini dal 1627 al 1633 realizzò il lato destro, e Carlo Buzzi dal 1653 al 1669 quello sinistro. Ai lati del portale principale, una posizione privilegiata venne riservata ai due grandi comaschi pagani: Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane. Le due statue, opere del Rodari, si aggiungono ad altre dello stesso artista, presenti sia in facciata sia negli interni. Lo scultore Tommaso Rodari da Maroggia progettò, dal 1484, le fiancate e i portali laterali, il sinistro dei quali viene detto " porta della rana". Anche Amuzio da Lurago lavorò ai complessi decorativi, contribuendo soprattutto nel sistema della facciata. All'interno sono ammirevoli il monumentale altare ligneo dedicato a Sant'Abbondio del XVI secolo - nella quarta campata della navata destra -, gli arazzi del XVI-XVII secolo su cartoni di Giuseppe Arcimboldi, l'Adorazione dei Magi del Luini di scuola lombarda bergognonesca, con influssi del Bramantino e, ancora, la Fuga in Egitto di Gaudenzio Ferrari. I due organi della quinta campata risalgono al seicento, mentre i due leoni del sec. XII, che reggono le acquasantiere, provengono dalla diroccata chiesa di Santa Maria Maggiore. Il Duomo fonde armonicamente in sé vari stili, dominanti sono però il gotico della facciata del piedicroce e delle navate, e il rinascimentale delle fiancate e delle absidi esterne. La cupola che si innalza per 75 metri, fu rivisitata nel 1770, ma l'opera dello Juvara, che preannunciò nella nitida misura delle parti le norme del successivo neoclassicismo, mantiene ancora i larghi effetti prospettici voluti dall'autore.

Castel Baradello

Il Barbarossa nel 1154, aveva eletto Como testa di ponte per le sue operazioni militari contro Milano. Secondo la testimonianza dell'abate Corrado Liechtenau (XII sec), Barbarossa fece erigere in quell'occasione Castel Baradello per difendersi dai milanesi: egli ce lo descrive come un castello cinto di mura e torri chiamato "Paratello", eretto nel 1159 su un'altura di 432 metri a ovest dell'estremità meridionale del lago di Como. Nel 1216 il castello venne assegnato a 12 "boni homines" comaschi, cittadini di Borgovico e Coloniola, con il compito di custodirlo. Passato ai Rusca, Loterio cedette poi la rocca ai Visconti dietro compenso, e tra il 1246 e il 1436 venne rinforzata nelle mura e orlata con merli guelfi. Ma la complessa struttura militare che si univa al baluardo difensivo del sottostante borgo di Camerata, fu purtroppo quasi del tutto smantellata nel 1527 su disposizione di Antonio Leyva, dal capitano spagnolo in Como Don Pedro Arias, che decise però di mantenere la torre.

Fontana Monumentale

La Fontana monumentale venne commissionata dal Comune di Como per riqualificare uno dei luoghi d'ingresso alla città, piazzale Camerlata già allora transitata da molti veicoli in quattro direzioni di marcia. I progettisti, l'architetto Cesare Cattaneo e il pittore Mario Radice, data la destinazione urbanistica del monumento, idearono tale combinazione di anelli e di sfere ispirandosi alla pila di Alessandro Volta. 110 metri quadrati di marciapiede in ghiaietto circondano il prato, intersecato da una passerella. Due vasche con zampillo di diversa misura sull'area erbosa, continuano il motivo del cerchio su cui tutto il complesso sviluppa volumi e linee. Quattro anelli si protendono a sbalzo, si susseguono fino a nove metri, si alternano a quattro sfere e fronteggiano un quinto più piccolo, verticale e diametralmente opposto. Tutti gli elementi insistono sull'inverosimile staticità assicurata da un traliccio metallico, da un pilastro che attraversa le sfere e da quattro mensole anulari. La base che disegna - tra il prato e la ghiaia - una vasta area piatta, e la sospensione dell'enorme peso nel vuoto, sono i tratti di questo ardito compendio di scultura e architettura.

Monumento alla Resistenza Europea

Posto nei giardini pubblici, fu inaugurato il 28 Maggio 1983 dal Presidente della Repubblica Pertini. Opera dello scultore milanese Gianni Colombo, raccoglie pietre provenienti dai campi di sterminio e da Hiroshima. Su grandi lastre di bronzo sono incisi brani di lettere dei condannati a morte nella Seconda Guerra Mondiale.

Statua di Alessandro Volta

Nel 1834, il conte Francesco di Hartig, Governatore della Lombardia, pose la prima pietra dell'erigendo monumento ad Alessandro Volta, al compimento del quale fu deciso di intitolare la piazza all'illustre Comasco. L'inaugurazione di questo primo monumento dedicato al sommo Fisico avvenne nel 1838. Il monumento è opera di Pompeo Marchesi (1783-1858). La base, sulla quale poggia la bella statua, con ricchi ornamenti che riproducono le invenzioni voltiane, fu ideata da Franco Durelli. Nella Villa Carlotta sua è la statua di San Dorimedone, già eseguita per una guglia del Duomo di Milano. Nel Duomo di Como sono sue le 14 statue nel Coro del Presbiterio raffiguranti il Redentore, la Vergine e 12 Apostoli (1816) e la statua di S. Giuseppe con Gesù adolescente (1930-33). A Palazzo Brera lascia la statua di Cesare Beccaria, e nei Caselli Daziari di Porta Venezia le statue della Giustizia e dell'Abbondanza.

Broletto

Il Broletto di Como, edificio con facciata gotica a fasce marmoree bianche, grigie e rosse di cave lariane, fiancheggiato dalla torre civica a bugnato, fu eretto nel 1215 dal podestà Bonardo da Codazzo e modificato in forme gotico-rinascimentale nel 1477. L'edificio oggi visibile è quello che resta di un palazzo a corte, dopo estese mutilazioni e restauri. Sede originaria del Palazzo Comunale di Como sorse accanto all'antica Cattedrale di S. Maria e S. Giacomo. Vi è un dispaccio del 1514 in cui Massimiliano Sforza concedeva la licenza di demolire parte dell'atrio del Broletto per consentire la prosecuzione della costruzione del Duomo. Questa demolizione ottenne come risultato che il Palazzo Comunale apparisse ai comaschi composto di due distinte unità, chiamate rispettivamente Pretorio e Broletto. Il corpo orientale, il cosiddetto Pretorio, aveva una configurazione planimetrica tale da comprendere altri due cortiletti al suo interno e presentava una facciata posteriore verso l'attuale Via Rodari, con un grande portale archiacuto. La facciata verso la corte interna del Palazzo presentava un portico con arcate a sesto acuto sormontate da due ordini di trifore. I caratteri stilistici di questa parte erano tanto simili a quelli del Broletto, che pare verosimile la notizia secondo cui i pezzi superstiti della demolizione del Pretorio siano stati utilizzati per reintegrare il Broletto durante i restauri del 1896-1898. Il Pretorio venne demolito in piccola parte nel secondo decennio del 1500 e poi più ampiamente nel 1653, per far posto all'abside settentrionale del Duomo; la demolizione totale avvenne poi nel 1846-1847 per la costruzione dell'edificio porticato tuttora esistente. Il corpo occidentale superstite, era stretto fra la Torre Civica, che costituisce probabilmente il più antico segno tangibile dell'insediamento del Comune, e il campanile di S. Maria Maggiore. Il Broletto svolgeva la funzione di filtro tra al piazza del Duomo e la corte interna. Nel 1997 la Sovrintendenza ai beni Architettonici e Ambientali iniziò i lavori di restauro delle facciate del Palazzo del Broletto. Congiuntamente, l'Amministrazione deliberò, con provvedimento di Giunta del 27 ottobre 1997, di rifare il tetto del Broletto.Nel 1999 infine, vista la difficile situazione di fruibilità del Broletto, causata dall'inaccessibilità dell'edificio a tutti i cittadini (DPR 503/96 in forza del quale tutti gli edifici pubblici devono essere resi accessibili) e dalla necessità di effettuare interventi di restauro, riqualificazione funzionale, tecnologica, impiantistica e di consolidamento statico della struttura, la Giunta, in data 16 dicembre 1999, deliberò uno stanziamento per ridare alla città il pieno godimento del palazzo. Oggi il Broletto è utilizzato come sala per conferenze.

Monumento ai caduti

"La città esalta con le pietre del Carso la gloria dei suoi figli 1915-1918", così recita l'iscrizione sul fronte del monumento: una struttura in cemento armato su cui posano possenti blocchi di pietra carsica, in memoria dei luoghi dove si era combattuto. Un viale alberato lo collega al centro storico rendendolo punto focale tra città e lago che, dall'uno o dall'altro punto di vista, si incontrano in una continuità ideale nell'architettura bifronte. Collocato sul fronte lago, conclude infatti un fondale prospettico (viale Vittorio Veneto), sorretto dall'imponente blocco del Novocomum. Il progetto nacque dall'elaborazione di Prampolini dello schizzo per una torre-faro di Antonio Sant'Elia. Terragni lo applicò a preesistenti strutture in cemento armato. Nel solco delle esperienze condotte dal Movimento Moderno Europeo, la struttura sorge su un basamento interamente percorribile, articolato in modo da ridisegnare geometricamente la sponda del lago. Le due facciate, uguali, sottolineano, degradando nel gioco delle modanature, una solenne verticalità. Nucleo della torre è la cripta. I nomi dei caduti su un monolite rosso, sono nel sacrario.

Chiesa di San Fedele

Fu costruita intorno al 1120 su un'insolita pianta trilobata, su fondamenta altomedioevali di pianta centrale, da cui si sviluppò il corpo longitudinale. La facciata ha subito rifacimenti anche nel nostro secolo, e del 1968 sono i mosaici di Elena Mazzari nelle lunette dei due portali che con il grande rosone e gli archetti pensili, inscrivono la sobria superficie in un ritmo. La torre campanaria del sec. XI crollò parzialmente nel terremoto del 1117. Pericolosamente inclinatasi, fu demolita e ricostruita tra il 1903 e il 1907 sotto la supervisione dell'ingegnere Giussani. D'impronta romanica, di sezione quadrangolare, si erige oggi come un corpo isolato dalla basilica, ritmato in quattro ordini di archetti con aperture a trifore, bifore e monofore. Due delle tre campane vennero fuse nel 1842 la terza nel 1962. Celebre è la porta istoriata della porta di S. Fedele. All'interno, nell'area absidale, il clima romanico si stempera nella luce che dalle logge si stende fra i sei candelieri lignei barocchi, sui quattro mosaici settecenteschi e di scuola veneziana sul pavimento presbiteriale, e sull'altare composto da parti originarie di varie epoche. Nel settore absidale che si apre su Via Vittorio Emanuele, osservando le commessure, i conci, i singoli corsi e l'ordine diverso del sistema a incastro, è stato possibile con una certa sicurezza, collocare in fasi costruttive diverse la muratura dell'abside settentrionale, quella di raccordo con lo stipite della porta istoriata, e il cosiddetto "muro di sbieco". Le storie della porta sono incise su diverse lastre e lo stipite di sinistra rende asimmetrica la struttura poiché affiancato dal concio in cui è rappresentata la scena di Daniele nella fossa dei leoni. La casa che crea sulla sinistra una parte aggettante del complesso di S. Fedele, ha con l'edificio sacro un rapporto saldatosi lungo i secoli dal sec. XVI. Il fregio, che svolge in prossimità del tetto motivi floreali, è datato 1582.


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