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LOMBARDIA.IT - Ultimo aggiornamento 7 Marzo 2006 - 21:09
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STORIA DI LECCO


Lecco, di oscure origini, dal nome forse ellenico (latino Leucum, come Leucade, bianca), dopo aver seguite le sorti delle due regioni lariana e briantea dalla favolosa epoca degli Orobi alla formazione dei Comuni divenne nel Medio Evo un importante castello, come è facile comprendere dalla sua posizione che le consentiva il comando d'uno dei primi passi lombardi, lo Spluga. Tuttavia delle sue fortificazioni non restano che ruderi di torri, una delle quali presso il Municipio, ridotta a carceri, l'altra accanto alla chiesa maggiore, adattata a campanile. Anche Lecco col suo territorio sofferse dell'ambizione delle famiglie più potenti e dei principi, quando i Comuni divennero signorie. Contesa prima fra i ghibellini Longhi ed i guelfi Benalio, poi tra i Rusca e i Visconti, subì poi le guerre tra Filippo Maria e la Repubblica di Venezia, in potere della quale stette alcuni anni (1428-1452), sempre però in armi, poiché i Visconti e gli Sforza vi avevano mantenuto un loro forte partito. In questo tempo combatterono nel lecchese con varia fortuna i più celebri capitani dell'epoca: Carmagnola, Facino Cane, Piccinino, Colleoni, Cornaro, ecc.
Il territorio di Lecco fu nuovamente in guerra quando il Medeghino (Gian Giacomo de' Medici) tentò di formarsi un principato con le terre del Lario e della Brianza e nel 1512 s'impadronì per sorpresa del grosso borgo, intitolandosi conte di Lecco e coniando monete con tale qualifica; poi tornò in quiete, o più tosto stabile, sottomessa agli Spagnoli, per causa de' quali sofferse nel 1629 il famoso saccheggio dei Lanzichenecchi che andavano all'assedio di Mantova e portarono la peste descritta dal Manzoni. Il solo borgo di Lecco, nel contagio, si afferma perdesse 511 persone.
Conobbe nuovamente la guerra nel 1799, quando Francesi ed Austriaci si scontrarono dinanzi al famoso ponte visconteo, che fu mutilato d'un arco d'ambe le parti. Nel 1848 i Lecchesi furono tra i primi popoli rurali che, all'annunzio della insurrezione di Milano, fecero prigioniero il presidio austriaco; quindi, armatisi, corsero a Monza, aiutarono quei cittadini a liberarsi dell'imperiale e regia guarnigione e con nuovi rinforzi giunsero a Milano, dove entrarono dal dazio di Porta Comasina, dopo una viva scaramuccia come primo soccorso fraterno dei provinciali ai combattenti milanesi. I Lecchesi tornarono a Milano nell'agosto dello stesso anno per difenderla dal nemico che, inseguendo i vinti Piemontesi, l'aveva investita con grandi forze, ma giunsero quando già era stato stipulato il trattato di resa noto col nome di Armistizio Salasco, e non restò loro che tornarsene e disperdersi in fretta.
«Pochi, ma buoni» veramente sono gl'ingegni fioriti su la terra fertile e nell'aria fina di Lecco. Innanzi tutto Girolamo Morone, lo sfortunato ministro dell'ultimo duca di Milano, Francesco Il Sforza più caro agli Italiani è il nome di Antonio Stoppani (1824-1893), geologo e letterato, probo e liberale sacerdote e il poeta Antonio Ghislanzoni. Né degni d'oblio sono i nomi dello storico locale dottor Giovanni Pozzi, del musicista Luigi Vicini, dell'intagliatore Giacomo Mattarelli, che dedica ventidue anni ad un modello in legno del Duomo di Milano. Lecchese era pure, com'è notorio, la famiglia dei nobili Manzoni.

Fonti: http://www.osteriaolga.it


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