Abbiamo pregato Gabriele Mandel khân, psicologo, scrittore e artista, Vicario generale per l’Italia della Confraternita dei Sufi Jerrahi-Halveti, di rilasciarci un intervista. Gli abbiamo proposto le nostre domande sulle risposte che la fede islamica può dare alla sfida ecologica che minaccia la vita sulla Terra.
Gabriele Mandel ci ha risposto in forma scritta.
Per l'Îslâm (intendendo l’Îslâm per ciò che esso è: una religione, e non un’etichetta di comodo per coprire giochi di potere anche nefandi, che con la parola di Dio proprio nulla hanno a che fare), i valori ecologici e ambientali si sgranano sulla base di un universo creato da Dio secondo un Suo disegno di armonia e di regola, e sulla fruizione delle ricchezze della Natura, da Dio concesse in usufrutto all'umanità tutt’intera. Ciò inizia anzitutto con la tutela e il rispetto dell'individuo, del suo lavoro, della sua proprietà. 1) rispetto dell'individuo, qualsiasi sia la sua etnìa e la sua religione, come predica incessantemente il Corano (posso citarvene i passi), anche se fazioni politiche, pur definendosi musulmane, si pongono di fuori dall'Îslâm contravvenendo palesemente ai precetti coranici; 2) rispetto del suo lavoro e della relativa equa tassazione, conto tenuto che per l'Îslâm la zakàt è una decima (e cioè un dieci per cento) che il governo ha il diritto di riscuotere per utilizzarla in opere di beneficenza e di pubblica utilità; 3) rispetto della proprietà d’ogni individuo.
La proprietà è raqaba, yad, tasarruf (piena potestà, detenzione, diritto di godimento e libera disposizione). Diritto (milk) sui beni mobili (manqûl), immobili (ghayr manqùl), fondiari (`aqar), cose misurabili e conteggiabili (maqqadaâàt), fungibili (mithli), non fungibili (qîmi), determinate o specifiche (mithli), indeterminate o di genere (dayn). Il diritto fondiario si esercita sulla superficie e nel sottosuolo. Nessuna proprietà è passibile di alienazione per usucapione o per esproprio; in qualsiasi caso va rispettata pienamente la legittima proprietà del proprietario. Per contro l'Îslâm collettivizza cinque cose, che quindi non possono essere di proprietà privata: l'acqua, il pascolo, il sale, le miniere, il fuoco; e dicendo fuoco, si intende per conseguenza ogni forma di energia (quindi anche il petrolio).
Dice Si Hamza Boubakeur: «Un governo che sotto il fallace pretesto dell'interesse generale o della giusta divisione dei beni s'impossessa di ciò che le genti possiedono a giusta ragione è, per l'Îslâm, iniquo e intollerabile: colpisce così facendo la dignità della persona umana, l'ordine naturale, e scalza - disprezzando la libertà individuale - le fondamenta della società, che non potrà allora realizzare l'ideale umano, per il raggiungimento del quale si deve assicurare a ogni individuo la libera espressione e la garanzia della persona e dei beni».
«Per la Legge coranica, un governo che non combatte realmente la droga, la mafia in tutti i suoi aspetti, il degrado dei costumi, un governo che non tutela i diritti dei cittadini ma autorizza la delinquenza burocratica e non punisce la criminalità, un governo che avvantaggia i grandi complessi industriali ed opprime il privato è un governo iniquo e demoniaco.»
Secondo la Carta delle Nazioni islamiche del 1992, la proprietà è definita chiaramente come «una funzione sociale che può essere utilizzata solo per il bene e l'interesse della collettività. Essa non deve nuocere al prossimo». Questa affermazione - e il concetto coranico che la Terra è creazione di Dio, con sue leggi, regole e simmetrie che l'umanità non deve alterare - è una chiara condanna per i grandi complessi industriali che inquinano le acque, abbattono le foreste, avvelenano la terra e l'aria, e soprattutto sottraggono all'umanità, giorno dopo giorno, quella sua ricchezza vitale purtroppo anch'essa esauribile che è l'ossigeno. Sia detto per inciso: abbiamo ossigeno ancora per trent'anni, cinquant'anni al massimo; ma questo è un altro tema. Certo è che lo sfruttamento intensivo - con il conseguente depauperamento delle ricchezze naturali - dà a certe categorie sociali un grande benessere; mentre il rispetto per la natura e per le sue bellezze comporta un adattamento, uno sforzo, una serie di rinunce e l'obbligo di accontentarsi d'uno stato che a volte è sacrificio. Il Sufismo (il misticismo dell’Îslâm) insegna pienamente e predica di continuo che è preferibile rinunciare agli orpelli e all'eccesso di benessere in favore della conservazione dei beni della natura patrimonio universale.
Sulla base di tutto ciò, e seguendo i consigli del Corano, sin dai suoi primi secoli l'Îslâm istituì il Himâ (letteralmente: luogo protetto): un imperativo laico in parallelo a quello religioso di haram (sacro, proibito, inviolabile). Ci furono cinque tipi di himâ: 1) riserve in cui era vietato il pascolo; 2) riserve forestali in cui era vietato il taglio delle piante; 3) riserve in cui il pascolo era consentito solo in un certo periodo dell'anno; 4) riserve per l'apicultura, in cui il pascolo era vietato durante la fioritura; 5) riserve gestite per il benessere di un singolo villaggio o di una singola tribù. Va poi detto che sin dal XIII secolo il sufi Ibn `Abd âlSalâm bn Ghânim (?-1279) aveva formulato una «Dichiarazione dei diritti degli animali».
Sia ben chiaro: ancor oggi, in accordo con il versetto coranico 59ª5, per la tradizione islamica mutilare o sradicare un albero senza motivo reale è colpevole quanto attentare alla vita di un essere umano, mentre piantare un albero è considerato opera meritoria.
Un esempio. Il turista che percorre con sguardo ammirato gli ampi panorami della Turchia vede uno sgranarsi continuo di colline un tempo brulle e ora vivaio di giovani piante, ed egli legge lungo le strade frasi sulla bellezza delle piante e sul rispetto che esse meritano. E che dire dei palazzi dell'India, dell'Îrân e della Turchia che in luogo di colossali edifici trionfalistici ci presentano una collana di gradevoli padiglioni immersi nel verde e nei fiori di giardini curati con gusto raffinato e tanto amore? Che differenza con un'Italia che a causa di un disboscamento selvaggio, d'una distruzione costante del proprio patrimonio forestale ora si trova periodicamente alle prese con inondazioni, alluvioni, smottamenti e frane.
D'altro canto la natura non alterata né contaminata, ma luogo di vita e di sussistenza dell'umanità tutt' intera, dal punto di vista metafisico è insegnamento e messaggio; ha carattere sacrale ed è la sede naturale della contemplazione mistica del divino. Dice il Corano: Percorrete la terra al fine di capire i segni di Dio.
Si consideri poi: secondo me ogni essere umano è composto di quattro parti: una spirituale, due materiali, una globale. Spirituale è l’anima, goccia dell’Oceano infinito che è Dio; materiali sono il corpo e la psiche, la quale si pone come un porte di collegamento tra l’anima e il corpo; globale è l’ambiente, che pur esso interferisce, condiziona, insegna e dirige l’essere umano. Quattro parti legate fra di loro in un tutto sinergico assolutamente compatto. Simbolo evidente del coinvolgimento del singolo col globale, e invito alla parsimonia e al rispetto della natura al fine di non sfruttarla di là dalle necessità individuali è, nell'Îslâm, l'obbligo del digiuno durante il mese di ramadhân, uno dei cinque pilastri della religione. Ed ecco invece che, nella Cultura del Consumismo, l'attacco alla natura è andato di pari passo con l'attacco alla naturale spiritualità dell'essere umano, e la conseguenza è un aumento delle cardiopatie, dei tumori, soprattutto delle devianze psichiche e delle aberrazioni psicotiche che sempre più sottolineano la vita umana nei paesi industrializzati.
E' evidente che nel dedicarsi ad una scienza che ha presunto di avere la conoscenza totale della natura e di esserne la dominatrice prima ancora che la sua sfruttatrice, qualcosa non ha funzionato, perché noi non siamo esseri meramente terreni; nasconderlo per godere in modo sfrenato dei piaceri della materia non serve. Non a caso i più grandi scienziati dell'Îslâm erano sufi, ossia teosofi filosofi e gnostici, tradizionali ma mistici, ed essi svilupparono senza mai discostarsi dalla visione contemplativa della natura le scienze analitiche, quelle stesse da cui poi derivarono le scienze occidentali.
Tutto ciò ci potrà illuminare? E di quale luce? La luce non è nostra, la luce non viene dalla ragione: la Luce viene da Dio. Capire questo porta ad un abbandono totale di tutto ciò che non è Dio, e ad un abbandono totale in Dio, che è ritrovarsi. Ritrovare cioè il proprio essere autentico, il proprio Sé spirituale, che è imperituro, mentre la nostra materia è peritura come tutti i valori della materia.
Il sufismo dice: «Nel mondo ma non del mondo». Non essere catturati dagli orpelli del materialismo; parteciparvi, viverlo, ma non porre come fine ultimo i conseguimenti del fenomenico. E' la esperienza di una realtà divina: sperimentare la creazione per capire una delle qualità specificatamente essenziali ed esclusive di Dio.
Il cammino non è facile e non è breve, poiché comporta l'unione di tutte le parti, quella materiale e quella spirituale; il raggiungimento della spiritualità attraverso la materialità, e non con il distacco dalla materialità. Un cammino che deve trovare costantemente il proprio equilibrio. Anzi: l' equilibrio fra i continui squilibri del mondo esterno. Quindi un equilibrio di volta in volta rivisto, ed un raggiungimento che non è mai definitivo.
Il cammino è preciso, già codificato in tutte le sue parti, quindi valido per la collettività, e nello stesso tempo è vasto, infinito, suscettibile di molteplici variazioni, tante quante sono gli individui e le molteplici esperienze individuali. Il cammino è costituito dalla triade Fede, Legge, Retto agire. Fede (Imân) che offre con assoluta sicurezza tutto ciò in cui è necessario credere; Legge (Shari'a), che indica tutto ciò che è utile fare e ciò che è dannoso commettere; e il Retto agire (Ihmân), regola di comportamento ottimale che rende operativa la Fede e perfetta la Legge. Quando il Retto agire diventa essenziale e totale, abbiamo il misticismo, nel suo valore esoterico più completo. Il cammino allora è rintracciabile in qualsiasi religione ed in qualsiasi contesto, pur che abbia come principio l'unicità di Dio e il ritorno in Lui della Sua creatura, (e quindi il compimento delle qualità divine a livello umano).
Il materialismo storico ha mostrato le sue grandi incongruenze; la civiltà dei consumi ha prodotto mostri di violenza e ci ha portato ad uno stato fallimentare di degrado etico ed ecologico. Entrambi sono responsabili dei disastri d'oggi, che vedono moltiplicate le azioni negative di un tempo. Entrando nel XXI secolo una delle cose necessarie alla salvezza dell'umanità, di tutta l'umanità, è non solo la difesa del pianeta dalla contaminazione e dallo sfruttamento totale, che conducono all'inevitabile catastrofe; ma anche la difesa dalla contaminazione e dallo sfruttamento delle anime. Per questo sono assolutamente necessarie la comprensione e l'accettazione dei valori etici basati sul rispetto dell’altro, la fratellanza universale, la comprensione e l'accettazione dei valori delle varie e più disparate civiltà, che sono, in effetti, patrimonio di tutti. Forse il rispetto reciproco (ciò che con un brutto termine si chiama usualmente “tolleranza”) può anche risultare difficile, per religioni che hanno, è vero, uno o più punti in comune, ma che divergono su altri; tuttavia è pur vero che tutte sono impegnate allo stesso livello nella difesa ecologica del nostro pianeta, e questo è un tratto comune che le unisce.
Forse davanti allo strapotere del materialismo consumistico è troppo poco. Comunque, sta a noi scegliere, secondo il "libero arbitrio" che Dio ha dato ad ogni essere umano. Può darsi che il mondo resti del tutto indifferente alla nostra scelta, e sicuramente indifferenti lo saranno quei pochi governi materialisti che affamano nazioni intere, e quei molti che per il proprio godimento momentaneo supinamente li seguono; ma il nostro intimo risponderà all'una o all'altra delle nostre scelte. Problema nostro, d'ogni individuo; il resto è contingenza transitoria di un mondo fenomenico in cui si fanno e trapassano animosità, critiche, interpretazioni. Anziché l'amore per la forza io ho scelto la forza dell'amore. Agli altri le loro scelte.
prof dott Gabriel Mandel Khân âlJerrahy âlHalvety
"Percorrete la terra al fine di capire i segni di Dio."
Corano
"La terra è stata creata per me come una moschea e come mezzo di purificazione."
Maometto
"Il Sufismo (il misticismo dell’Îslâm) insegna pienamente e predica di continuo che è preferibile rinunciare agli orpelli e all'eccesso di benessere in favore della conservazione dei beni della natura patrimonio universale."
Gabriele Mandel khân