Il CCEE (Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee) ha organizzato sei conferenze, in cui hanno partecipato anche i delegati della Santa Sede, del Consiglio pontificio Justitia et Pax, della Commissione delle Conferenze Episcopali della Comunità Europea (ComECE), della Rete cristiana europea per l’ambiente (ECEN) e dell’Unione dei religiosi superiori maggiori in Europa (UCESM).
Tra gli elementi scaturiti dalle discussioni si citano i principali:
1. Le chiese cristiane sono concordi nella valutazione dei problemi ecologici. Considerano la responsabilità per il Creato una sfida centrale per il futuro della società, per una pace sicura e anche per la testimonianza cristiana nella società moderna. Le chiese protestanti, in riferimento al sovra-sfruttamento delle risorse della Terra da parte dell’uomo, pongono l’accento sulla realtà del peccato originale e la “dipendenza” della grazia divina. La chiesa ortodossa pone l’accento sul sacerdozio comune della persona, che porta a un atteggiamento di profondo rispetto nei confronti del Creato. Per i cattolici l’eucaristia è la regola, secondo cui, attraverso il ringraziamento per i doni del Creato e del lavoro dell’uomo, si ritrova l’equilibrio tra natura e cultura.
La Charta Oecumenica è una buona base per la collaborazione tra le diversità riconciliate. Queste riescono a completare la molteplicità degli spunti.
2. Anche nel dialogo interreligioso si possono ritrovare grandi concordanze nella percezione e nel giudizio sui temi ambientali: l’ebraismo sottolinea l'importanza che la Bibbia e il Talmud danno alla natura; nell’Islam l'uomo è l'amministratore e non il padrone della Terra; il buddismo, poiché indica la vita interiore come presupposto per raggiungere la felicità e l’armonia con la natura, esorta ad evitare un atteggiamento consumistico; il cristianesimo dà importanza alla “ecologia umana”. In questo modo prende in considerazione anche il contesto culturale e sociale in cui è immersa la persona. Essa riconosce il valore di ciascun essere vivente, ma non conferisce alla natura una venerazione tipicamente religiosa.
Il dialogo ecumenico e quello interreligioso sono un elemento fondamentale sulla via verso la pace e la responsabilità ecologica. Infatti una delle prerogative per la pace è anche la comprensione e l’accordo tra le differenti culture sulla tutela e la giusta distribuzione delle risorse del creato.
Sono necessari un dialogo intenso e iniziative concrete, affinché i “conflitti ecologici” non cadano sul piano religioso. In questa prospettiva il dialogo tra cristiani e musulmani oggi acquista un’importanza particolare.
4. Dal momento che i problemi ambientali riguardano tutto il globo, anche le soluzioni devono essere globali. Allo stesso tempo le massime etiche, le decisioni politiche e le soluzioni pratiche, eseguite con continuità, hanno bisogno di una base solida a livello locale. Le chiese in quest’ambito hanno una missione particolare. Questa per loro è una chance unica, poiché esse sono presenti a tutti i livelli.
Le chiese e le religioni sono delle alleate naturali di una politica volta alla sostenibilità responsabile. Ciò avviene grazie alla loro capacità di saper progettare a lungo termine, dare prospettive di senso e creare opinione, formare comunità attive e azioni di solidarietà pratica.
La libertà di religione, garantita dalla Costituzione europea (art. 51), non è da applicare soltanto alle attività di culto, ma anche alla libertà e responsabilità di collaborare al bene della società e della politica. Un metodo valido per raggiungere ciò è di curare i rapporti con i responsabili della politica e dell’economia. Dalle discussioni condotte nel corso della consultazione è nata la convinzione che la crisi ecologica, nelle sue diverse sfaccettature e implicazioni spirituali, etiche, politiche e pratiche, può essere affrontata a lungo termine solo attraverso una collaborazione tra le chiese, le religioni e nel dialogo aperto con le strutture sociali secolari.
"La Scrittura (...) ci ricorda la responsabilità di "custodire" il creato difendendolo dalla rapina, dall'inquinamento, dalla desertificazione e nello stesso tempo salvandolo da quella limitatezza di uso che nasce dalla ingordigia del nostro occidente ricco. Mentre noi, il 20% della popolazione del mondo, costruiamo una società del benessere, gli altri popoli del mondo restano nella ristrettezza, nella fame, nell'ignoranza e nella povertà."
Carlo Maria Martini