Gottfried Wilhelm Leibniz (1646 – 1716) fu un uomo di straordinario genio. A 6 anni apprese il latino da solo leggendo Tito Livio, a 10 scoprì la logica aristotelica, a 15 anni si iscrisse all’università, si laureò in filosofia a 17 ed ottenne un dottorato in giurisprudenza a 20.
Fu diplomatico, storico, economista, inventore, filosofo, teologo, fisico, matematico, logico e altro ancora.
Per coerenza con il nostro tema, non intendiamo presentare qui l’ardito complesso del pensiero di Leibniz, ma solamente gli aspetti per i quali può a giusto titolo essere considerato un precursore dell’Intelligenza Universale. Parliamo del sistema binario, della Characteristica universalis e delle sue due macchine calcolatrici.
Molti sostengono che Leibniz scoprì il sistema binario a partire dall'enigmatico sistema dei 64 esagrammi di Fohy, che il padre gesuita Joachim Bouvet, missionario in Cina, gli aveva chiesto di analizzare. Si prende in considerazione come antecedente anche la Tetractys di Erhard Weigel
Recenti studi di Erika Luciano hanno però permesso di ridimensionare il peso di queste fonti.
Scrive Erika Luciano (atti del Terzo Congresso SISM – Milano 25-27.9.03):
(..) si rivela illuminante lo studio di alcuni manoscritti risalenti al 1679, fra cui spicca il frammento Machina arithmeticae dyadicae: quest'ultimo getta una luce del tutto nuova sulla genesi dei contributi di Leibniz in tale campo, poiché li lega agli interessi tecnici e meccanici che il matematico tedesco concepisce, a partire dal 1671, progettando la sua celebre macchina calcolatrice. Leibniz orienta le ricerche nell'ambito della numerazione in base due perseguendo un duplice obiettivo: da un lato lo studio teorico delle "progressioni binarie" gli consente di anticipare scoperte di analisi e di teoria dei numeri, dall'altro egli reputa la diadica di sorprendente fecondità per le applicazioni pratiche a pesi, monete e misure. Nonostante i reiterati sforzi compiuti da Leibniz per divulgare il codice binario, alla sua morte questa – come del resto molte altre sue intuizioni – cade nell'oblio e la numerazione diadica resta relegata per quasi duecento anni nel novero delle ricreazioni matematiche.
Possiamo riconoscere che anche altri si avvicinarono alla scoperta. Ricordiamo, ad esempio,
Francesco Bacone che utilizzava un sistema cifrato basato su due soli simboli e il vescovo di Vigevano, Juan Caramuel y Lobkowitz (1606 - 1682), che fu il primo a rappresentare i numeri in forma binaria usando due simboli "a" e "b". Il numero 13, per esempio, lo rappresentava come aaba, equivalente al numero binario 1101.
Tuttavia fu Leibniz a rapprentare i numeri binari usando finalmente i simboli più semplici da utilizzare, le cifre "0" e "1", e, soprattutto, fu Leibniz a descrivere compiutamente le regole dell'aritmetica binaria.
La Characteristica universalis rappresenta un importantissimo passo verso l'Intelligenza Artificiale perché, secondo il progetto di Leibniz, doveva servire a trasformare il ragionamento in calcolo. Una volta costruita la Characteristica, diceva
non ci sarà maggior bisogno di discussione tra due filosofi di quanto ce ne sia tra due calcolatori (persone che devono fare calcoli N. d. R.). Sarà sufficiente, infatti, che essi prendano la penna in mano, si siedano a tavolino, e si dicano reciprocamente (chiamato, se loro piace, un amico): calcoliamo
G. G. Leibniz, Scritti di Logica, a cura di F. Barone, Zanichelli, Bologna, 1968, p. 237
Originariamente Leibniz pensava di costruire la Characteristica attraverso tre passaggi.
Occorreva, prima di tutto analizzare e scomporre, per mezzo di definizioni, le nozioni complesse allo scopo di giungere ad un alfabeto dei pensieri umani, ad un catalogo di nozioni primitive che non si possano rendere più chiare attraverso ulteriori definizioni.
A ciascuna di queste nozioni primitive doveva poi essere assegnato un opportuno cararattere.
Si dovevano, infine, determinare le regole che avrebbero consentito di combinare tra loro le nozioni primitive operando sui loro caratteri.
In questo modo, come abbiamo già detto, sarebbe stato possibile trasformare il ragionamento in calcolo, ma la characteristica sarebbe stata preziosa anche come ars inveniendi: attraverso la combinazione dei caratteri primitivi sarebbe, infatti, stato possibile ottenere sistematicamente e in modo ordinato tutte le nozioni possibili.
Con questo Leibniz prendeva posizione anche nel dibattito seicentesco sul rapporto tra logica e matematica riunendo entrambe nella characteristica e superando la posizione più diffusa (è anche quella di Galileo Galilei) che contrapponeva la fecondità della matematica alla sterilità della logica.
Leibniz si rese, però, rapidamente conto di quanto fosse difficile ricondurre tutte le nozioni e soprattutto le verità di fatto (es. Carlo Magno fu incoronato imperatore nel Natale dell'anno 800) a nozioni primitive. Non si scoraggiò per questo, ma decise, in assenza di un completo catalogo delle nostre nozioni primitive, di iniziare a costruire la characteristica nei campi in cui era possibile.
A tale scopo si orientò in tre direzioni:
La characteristica ha per Leibniz anche un significato metafisico e teologico, ma non ne parleremo qui perché ci pare esuli dal nostro tema.
A Leibniz dobbiamo due macchine calcolatrici.
La prima permetteva di eseguire le quattro operazioni aritmetiche con numeri decimali ed era un ingegnoso perfezionamento della calcolatrice di Pascal che invece eseguiva soltanto somme e sottrazioni.
Leibniz utilizzò un sistema di ruote con denti retrattili e inventò il tamburo differenziato che era un rullo con nove creste di lunghezza decrescente sulle quali ruota un ingranaggio. Anche la prima calcolatrice meccanica commerciale, l'aritmometro di Thomas de Colmar (1820) utilizzò il tamburo differenziato.
La calcolatrice di Leibniz commetteva, però, alcuni errori dovuti ad un difetto di un meccanismo di riporto.
Quasi sconosciuta al grande pubblico rimase l'originalissima macchina che Leibniz creò per eseguire le quattro operazioni con l'aritmetica binaria. Se le regole di questa aritmetica sono il software, la calcolatrice binaria di Leibniz è allora un hardware in cui l'uno e lo zero sono materializzati nella presenza o assenza di una pallina in una determinata posizione. Leibniz non riuscì, però, a realizzare un meccanismo di conversione che permettesse di inserire i numeri e di ottenere i risultati in forma decimale.
"The question is not whether intelligent machines can have emotions, but whether machines can be intelligent without any emotions" Minsky, The Society of Mind