Nato in Germania nel 1903 - morto a New York nel 1993.
Ha tentato di elaborare una nuova etica globale della civiltà tecnologica per evitare una catastrofe ambientale.
Ha, cioè, cercato di proporre un’insieme di regole di comportamento valide per l’umanità contemporanea.
La nostra civiltà tecnologica è caratterizzata da atteggiamenti di dominio della natura che stanno minacciando la stessa sopravvivenza del pianeta.
Jonas è convinto che, per evitare di giungere ad una catastrofe universale, sia necessaria un’etica della responsabilità, diversa da tutte le etiche tradizionali.
Le etiche tradizionali sono centrate sull’uomo ed interessate esclusivamente a coloro che vivono nello stesso periodo; la nuova etica di Jonas invece prende in considerazione l’intero pianeta e le generazioni future.
Chiave di tale etica è l’imperativo ecologico: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”. Oppure, tradotto in negativo: “Agisci in modo che le conseguenze della tua azione non distruggano la possibilità futura di tale vita”.
Secondo Jonas, quindi, non si possono più ignorare le conseguenze delle nostre azioni; bisogna saper prevedere gli effetti che esse potranno avere sul futuro dell’umanità e del pianeta.
In questo modo, il nuovo imperativo si contrappone al vecchio imperativo kantiano “Devi perché devi”, ovvero “agisci per senso del dovere, esclusivamente in rispetto della legge, senza preoccuparti del perché delle tue azioni”.
Seguendo l’imperativo ecologico, invece, si agisce per senso di responsabilità, segno concreto della disponibilità a favorire la vita attraverso i nostri gesti.
Questo senso di responsabilità è lo stesso che caratterizza i genitori nelle cure verso i figli; il neonato, nudo ed indifeso, col fatto stesso di esistere obbliga l’ambiente circostante a prendersi cura di lui!
A questo punto si comprende come l’obiettivo principale di Jonas sia la sopravvivenza, e non la perfezione. Per questo si può parlare anche di un’etica dell’emergenza.
Avere senso di responsabilità significa avere sia speranza sia paura. La paura non è quella che ci distoglie dall’azione, ma è quella che ci spinge a compiere l’azione. È la paura per l’oggetto di cui siamo responsabili e che quindi ci spinge a difenderlo.
Secondo Jonas la paura è lo stato d’animo che stimola una ricerca, attraverso la quale il filosofo crede di poter trovare i nuovi principi etici.
Finchè infatti non si è provata la paura significa che non si è conosciuto il pericolo; non conoscendo il pericolo non si sa cosa bisogna difendere e perché.
Sapendo cosa bisogna difendere e perché si comprende cosa bisogna evitare. Avere sia speranza sia paura significa avere cautela.
La cautela è considerata il lato migliore del coraggio e quindi il modo per agire.
A questo punto ci si potrebbe chiedere: perché dobbiamo sacrificarci per le generazioni future?
Jonas dice che se il Bene è quella cosa la cui possibilità impone la sua esistenza, diventando così una cosa che DEVE essere, allora il dover essere dell’uomo deriva dalla possibilità dell’uomo.
Quindi noi, prima ancora di salvare l’uomo, dobbiamo salvare l’idea di uomo.
Jonas afferma la superiorità dell’essere sul non essere; l’essere per natura deve essere, quindi la vita pretende la conservazione della vita.
La possibilità di una catastrofe ecologica non porta Jonas ad essere pessimista; egli conserva una moderata fiducia nella ragione e nella libertà dell’uomo.
"Da Copernico in poi, non più l'universo, ma solo la terra è la dimora della vita. Nulla nell'immensità di tutto ciò che resta ci garantisce che una tale dimora debba esserci in generale. Perciò dobbiamo considerare noi e ogni vita intorno a noi come un raro caso fortunato nel cosmo, che ha consentito ad una possibilità celata nel grembo della materia e rimasta tale in ogni sua regola di realizzarsi in modo del tutto eccezionale."
Hans Jonas