È conosciuto in tutto il mondo per la sua originale proposta di un’etica della comunicazione, volta ad evitare una catastrofe sociale, prima ancora che ecologica (come nel caso di Jonas).
Apel afferma che mai come oggi si è constata l’assenza di una macroetica planetaria e mai come oggi se n’è avvertita la sua necessità.
Se si distingue fra un microambito (famiglia, matrimonio, vicinato) e un macroambito (l’umanità nel suo complesso), ci si può facilmente render conto di come le norme etiche efficaci presso tutti i popoli siano ancora concentrate nel microambito, mentre il macroambito sembra affidato solo a pochi.
Inoltre queste norme etiche tradizionali risultano ancora legate a specifici ambiti geografico-culturali, al punto da essere “morali di gruppo”, prive di universalità e in conflitto tra loro.
Ma come non avvertire, nell’età della scienza, la necessità di un’etica razionale e universale?
La società di oggi sembra aver imboccato la strada del dialogo e della ricerca del consenso per risolvere i conflitti nazionali ed internazionali (si pensi alla grande importanza di meetings, summit, vertici e dibattiti ad ogni livello).
Tuttavia nel mondo sono presenti ancora cieca violenza, scetticismo e disimpegno, che sembrano addirittura diventare sempre più minacciosi.
Per questo il singolo individuo si chiede con sempre maggior frequenza che senso abbia cercare il dialogo con l’altro, col diverso, quale sia l’utilità del non far ricorso alla violenza, che ruolo possa giocare il singolo quando esso si scopre vulnerabile e limitato.
La risposta di Apel è la chiave del suo intero sistema filosofico: la semiotica trascendentale, ovvero una teoria dei segni (linguaggio) che sia la condizione iniziale e universale (a priori) di ogni approccio alla realtà.
Apel inizia il suo ragionamento distinguendo una comunità reale e una comunità ideale. È convinto infatti che, al di là della comunità reale, esista una comunità ideale in grado di essere modello per la prima. Per sottolineare come tale comunità sia idealmente aperta a tutti, al di là di ogni limite materiale o ideologico, Apel la chiama comunità illimitata della comunicazione.
Distinguendo una comunità reale e una ideale, conseguentemente distingue una comunicazione reale e una comunicazione ideale.
L’ammettere una comunicazione ideale che, pur non esistendo, funziona da regola delle comunicazioni reali, coincide con l’ammettere l’esistenza di una serie di norme ideali che regolano ogni comunicazione possibile.
Da ciò nasce l’idea di una semiotica trascendentale, basata sulle norme a priori, universali e necessarie di ogni discorso significante.
Apel ritiene infatti che ogni argomentazione implichi un insieme minimo di regole, regole che identifica con le quattro universali pretese di verità, ovvero senso , verità, veridicità e giustezza (che Habermas ha formulato per primo)
Pretesa di senso o comprensibilità: deriva dal fatto che ogni persona argomentante è obbligata a dare un significato universalmente comprensibile a ciò che sostiene;
Pretesa di verità: deriva dal fatto che chiunque argomenta non può fare a meno di presupporre la verità universalmente valida delle preposizioni che usa;
Pretesa di veridicità o sincerità: deriva dal fatto che chiunque argomenta in modo serio, accetta di essere persuaso di ciò che dice;
Pretesa di giustezza o correttezza: deriva dal fatto che ogni argomentante è tenuto a rispettare le norme che regolano la comunicazione.
Queste regole trascendentali implicano a loro volta una serie di postulati trascendentali dell’argomentazione:
esistenza di un gioco linguistico pubblico, quindi l’esistenza di altri soggetti argomentanti e di un mondo reale conoscibile;
la possibilità di giungere ad un accordo sul senso e la validità degli enunciati (nell’ambito di una comunità illimitata della comunicazione idealmente aperta a tutti i parlanti);
la pariteticità dei soggetti argomentanti, che devono essere considerati come aventi uguali diritti e doveri.
Da ciò si può dedurre la portata etico-politica di questa teoria dell’argomentazione.
Apel ritiene che le quattro regole trascendentali dell’argomentazione, i relativi postulati trascendentali e la norma etica fondamentale (che prescrive di risolvere i possibili conflitti di interesse fra gli esseri umani attraverso un confronto di tipo dialogico), permettano di costruire un’etica della comunicazione che sia razionale e universale.
Tale etica,precisa Apel, coincide con l’etica del discorso di Habermas, un’etica che pur avendo dei principi deontologici (che ricercano il piacere e fuggono il dolore) dell’agire, risulta anche sensibile alle conseguenze di essi. L’etica del discorso costituisce un’etica della responsabilità rispetto alle conseguenze.
Tale forma di etica assume come modello la comunità illimitata della comunicazione, cioè l’ideale di una società democratica composta da individui liberi ed uguali capaci di accordarsi tra loro in modo pacifico e razionale
Apel difende anche la necessità di un’opinione pubblica mondiale critica in grado di pronunciarsi con senso di responsabilità planetaria sui grandi temi economici, politici, ecologici ecc.
"Le conseguenze tecnologiche della scienza hanno procurato oggi alle azioni e omissioni umane complessivamente un raggio d'azione e una portata tali che non è più possibile contentarsi delle norme morali che regolano la convivenza umana nei piccoli gruppi."
Karl-Otto Apel