Il
futurismo proponeva nel 1914, attraverso la
presentazione delle tavole delle "Città Nuova" di Antonio
Sant'Elia, un modello di
architettura legato sopratutto alla funzionalità più che alla bellezza,
lasciando spoglia la struttura, senza alcuna sovrapposizione ornamentale.
Antonio Sant'Elia
esprime e sintetizza le sue idee in otto punti, nel manifesto dell'architettura
futurista da lui redatto e pubblicato l'11 Luglio 1914:
PROCLAMO:
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Che
l'architettura futurista è l'architettura del calcolo, dell'audacia temeraria e
della semplicità; l'architettura del cemento armato, del ferro, del vetro, del
cartone, della fibra tessile e di tutti quei surrogati del legno, della pietra e
del mattone che permettono di ottenere il massimo della elasticità e della
leggerezza;
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Che
l'architettura futurista non è per questo un'arida combinazione di praticità e
di utilità, ma rimane arte, cioè sintesi, espressione;
-
Che le linee
oblique e quelle ellittiche sono dinamiche, per la loro stessa natura, hanno una
potenza emotiva superiore a quelle delle perpendicolare e delle orizzontali, e
che non vi può essere un'architettura dinamicamente integratrice all'infuori di
esse;
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Che la
decorazione, come qualche cosa di sovrapposto all'architettura, è un assurdo, e
che soltanto dall'uso e dalla disposizione originale del materiale greggio o
nudo o violentemente colorato, dipende il valore decorativo dell'architettura
futurista;
-
Che, come gli
antichi trassero ispirazione dell'arte dagli elementi della natura, noi -
materialmente e spiritualmente artificiali - dobbiamo trovare
quell'ispirazione negli elementi del nuovissimo mondo meccanico che abbiamo
creato, di cui l'architettura deve essere la più bella espressione, la
sintesi più completa, l'integrazione artistica più efficace;
-
L'architettura
come arte delle forme degli edifici secondo criteri prestabiliti è finita;
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Per architettura
si deve intendere lo sforzo di armonizzare con libertà e con grande
audacia, l'ambiente con l'uomo, cioè rendere il mondo delle cose una
proiezione diretta del mondo dello spirito;
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Da
un'architettura così concepita non può nascere nessuna abitudine plastica
e lineare, perché i caratteri fondamentali dell'architettura futurista
saranno la caducità e la transitorietà. Le case dureranno meno
di noi. Ogni generazione dovrà fabbricarsi la sua città. Questo
costante rinnovamento dell'ambiente architettonico contribuirà alla
vittoria del Futurismo, che già si afferma con le Parole in
libertà, il Dinamismo plastico, la Musica senza quadratura e l'Arte dei
rumori, e pel quale lottiamo senza tregua contro la vigliaccheria
passatista.
In queste parole si
vede come il pensiero dell'architetto di inizio '900 sia cambiato.
C'è in cantiere un ideale di bellezza del tutto nuovo: la "Casa Moderna", proposta da Sant'Elia, è simile
ad una gigantesca macchina. In tale esaltazione della macchina, già mito dei
futuristi, c'è il legame oltre che con l'industria, anche con la scienza.
Questo
"mito" non è una pura invenzione del futurismo poiché viene ripreso anche
da artisti di movimenti differenti, i quali studiarono la funzionalità
dell'abitazione ottenendo risultati apprezzabili.
E' il caso di
Charles-Edouard Jeanneret, nato nel 1887 in Svizzera e meglio noto come Le
Corbusier. In verità la sua patria, teatro di attività critica e progettuale,
sarà poi la Francia.
Dai suoi schizzi giovanili, realizzati soprattutto a penna o a
matita e poi velocemente acquerellati, si comprende subito la vocazione
architettonica dell'artista. Essi non sono semplicemente degli abbozzi, ma veri
e propri studi. Accanto ad ogni disegno, infatti, abbondano note e appunti sui
colori, sui materiali e sulle forme. Nel 1917, stabilitosi a Pisa, dà vita al
Purismo, un movimento pittorico che, pur partendo da posizioni teoriche proprie
dei cubisti, ne semplifica alcuni aspetti, introducendo le forme
"pure", geometriche ed immediatamente riconoscibili degli oggetti
prodotti dall'industria.
Nel
1921 Le Corbusier progettò la Maison Citrohan, che, se alzata su pilotis, sembrava
anticipare i 5 punti della nuova architettura. Il nome "Citrohan" era
un po' un gioco di parole sul marchio della già famosa industria
automobilistica, per indicare che tale "Maison" sarebbe stata prodotta in serie,
proprio come un'automobile.
Si
tratta
di una casa progettata come un'automobile,
concepita e disposta per soddisfare
al meglio le esigenze dell'uomo che la avrebbe dovuta abitare. Sembra un po' una
rivoluzione contro il vecchio modello di casa borghese che utilizzava lo spazio
in modo indifferente rispetto alle diverse funzioni, rendendo
l'alloggio un organismo poco adatto a soddisfare le reali esigenze
abitative dell'uomo.
Fino a quel momento la casa era stata un agglomerato poco coerente di
molte grandi stanze; in ogni stanza c'era sempre dello spazio in eccesso
o dello spazio mancante. Le Corbusier, come per altro Sant'Elia, considerava la casa come una macchina da
abitare o come un utensile.
Viene così progettata una
cellula abitativa, economica, e,
proprio per quest'ultimo motivo, necessariamente
disposta in maniera proficua e razionale. Ogni spazio della casa viene
progettato in relazione alla funzione che deve assolvere. Le finestre,
diaframma tra interno ed esterno, devono aumentare le proprie dimensioni
per consentire l'accesso di aria e luce. La bellezza di tale
architettura viene raggiunta, come per l'estetica d,
mediante l'utilizzo di volumi semplici e attraverso le proporzioni,
"particolare per niente costoso al proprietario".
Lo
stesso Le Corbusier paragona la casa ad un piroscafo: "una casa
è una macchina da abitare. Bagni, sole, acqua calda, acqua fredda,
calore a volontà, conservazione del cibo, igiene, bellezza e
proporzione..."
Le Corbusier,
nel 1926, esprime sinteticamente attraverso i "cinque punti" quale fosse il suo modo di
concepire l'architettura:
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i pilotis
(esilissimi colonnini in cemento armati che servono per reggere l'intera struttura);
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il
tetto-giardino;
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la pianta
libera;
-
la finestra a
nastro;
-
la facciata
libera.
Il miglior prototipo
dei cinque punti di questa nuova architettura è senz'altro la "Villa
Savoye", realizzata a Poissy tra il 1929 e il 1931.
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