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Euclide è
vissuto verso il 300 a.C. sotto il regno di Tolomeo I re d’Egitto, non si
hanno notizie precise sul luogo e la data di nascita.
Euclide
studiò sotto Platone ad Atene e visse anche in Alessandria d’Egitto dove
svolse la sua attività di insegnante. Dedicò la sua vita alla matematica.
Molti dei
suoi postulati e teorie sono stati poi raccolti in 13 libri chiamati “Gli
Elementi”, che sono la dimostrazione rigorosa e deduttiva di tutta la scienza
matematica di allora. Purtroppo a noi sono pervenuti soltanto circa 8 volumi,
perché gli altri sono stati distrutti nel famoso incendio della biblioteca di
Alessandria d’Egitto.
Questa
opera può essere suddivisa in quattro parti:
La
deduzione dei teoremi prende avvio dagli enti fondamentali (punto, retta, angolo
ecc…) dai postulati e dagli assiomi.
Gli assiomi
sono in parte enunciati fondamentali sull’uguaglianza e la disuguaglianza.
Dei cinque
postulati, i primi riconducono la possibilità degli enti matematici alla
costruttibilità con riga e compasso, mentre il quinto detto “delle
parallele”, suscitò innumerevoli discussioni dalle quali nacquero le
geometrie non euclidee.
Esso
enuncia:
se
una retta venendo a cadere su due rette forma gli angoli interni e dalla stessa
parte minori di due retti(=tali che la somma sia minore di due retti) le due
rette prolungate illimitatamente verranno ad incontrarsi da quella parte in cui
sono gli angoli minori di due retti.
La forma
sotto la quale Euclide enuncia il suo quinto postulato non è quella più
comunemente adottata nelle moderne trattazioni elementari, più comune è la
forma dell’unicità:
per
un punto fuori da una retta passa una sola parallela alla retta data.
La forma
dell’unicità e assai intuitiva, infatti, sembra impossibile che per uno
stesso punto passino più parallele a una retta data, ma le geometrie non
euclidee, che partono dalla negazione del quinto postulato e della nostra
intuizione spaziale, sono tuttavia coerenti logicamente.
I maggiori
studiosi della geometria non euclidea furono Lobacewskji, Bolyai e Riemann
che però non sostennero la stessa teoria.
La
geometria iperbolica, affermata da Lobacewskji enuncia che date una retta r ed
un punto P vi passano più rette parallele; mentre la geometria ellittica
affermata da Riemann enuncia che data una retta r e un punto P non vi passa
nessuna retta parallela.
Su Euclide
esistono un paio di aneddoti, i quali pur non avendo un fondamento storico, si
avvicinano bene al carattere dell’autore de “Gli Elementi”.
Nel primo
viene detto che il re Tolomeo I chiese ad Euclide se non vi fosse un mezzo più
breve per imparare la geometria ed egli rispose che “non esistono vie regie
in geometria”. Questa storia sottolinea il grande rigore che permea tutta
l’opera di Euclide .
Nel secondo
si narra di un discepolo che dopo aver imparato i primi teoremi chiese ad
Euclide: “Quale utile ricaverò imparando queste cose?”. Euclide diede
ordine ad un servo di dare le monete al discepolo perché quest’ultimo voleva
trarre profitto da quel che imparava.
Quest’ultimo
aneddoto allude invece al carattere teorico dell’opera infatti Euclide non
presenta le applicazioni pratiche delle sue teorie.
Il metodo
espositivo de “Gli Elementi” consiste nel ridiscendere da semplici
proposizioni iniziali a quelle più complesse fornendo di quest’ultime una
dimostrazione deducendola dagli assiomi, verità ritenute vere.
Euclide
scrisse anche altre opere come i “Dati” e la “Divisione della figura”,
“L’ottica” e la “Catottrica” però deve la sua celebrità a “Gli
Elementi”, che è un’opera davvero importante e che a buon diritto tramanda
attraverso i secoli il suo nome.