LA VITA: NARRAZIONE ANALITICA
La nascita di una passione
Galileo nacque a Pisa ne11564, in una famiglia modesta di sei
figli. Questa si stabili a Firenze nel 1574 e lorientò
verso gli studi di medicina che iniziò alluniversità di
Pisa nel 1581. poiché la medicina di quel tempo non lappassionava
affatto, labbandonò a vantaggio delle matematiche. Nel
1585 ritornò in famiglia a Firenze senza nessun diploma, fece
qualche ricerca didrostatica, scrisse un lavoro teatrale in
cui metteva in ridicolo i professori che portavano la toga, ciò
che denota uno spirito indipendente.
Nel 1589 finì per ottenere un posto dinsegnante di
matematica a Pisa. Pagato molto male, entrò in conflitto con la
sua università, dove rimase solo tre anni. Si sa poco dei suoi
primi lavori scientifici, in cui impiega il metodo sperimentale
per studiare la legge della caduta dei corpi. Così è felice
quando gli viene comunicato che il senato di Venezia lha
nominato lettore di matematica alluniversità di Padova,
dove rimarrà fino al 1610. Galileo vinsegna le quattro
discipline tradizionali: geometria, aritmetica, musica,
astronomia. Poiché ha successo nellinsegnamento, la sua
retribuzione passa da 80 a 1.000 fiorini allanno.
E durante quel periodo che mostra un interesse crescente per lastronomia.
Probabilmente allora insegnava i due sistemi del mondo. Si pensa
che la sua adesione alla dottrina di Copernico risalga al 1595.
Lo sappiamo da due lettere datate 1597, una indirizzata a un ex
collega di Pisa, in cui dichiara che lopinione di Copernico
è da lui «tenuta per assai più probabile dell altra di
Aristotele e Tolomeo». Laltra lettera è indirizzata allastronomo
Keplero passato alle idee di Copernico e in cui confessa: «Da
parecchi anni ho già accettato la dottrina di Copernico... Ho
compo-sto numerosi studi a suo favore e opposti alle dottrine che
gli sono contrarie». Senza dubbio cè in questo passo una
certa esagerazione per farsi apprezzare da Keplero.
In questa stessa lettera, Galileo precisa che se finora non ha
osato pubblicare quegli studi è perché era « paventato per la
sorte dello stesso Copernico, nostro maestro... che è tuttavia
diventato agli occhi di innumerevoli altri - tanto è grande, in
effetti, il numero degli sciocchi - oggetto di scherno ed è
stato bandito».
Il cannocchiale astronomico
La sua passione per lastronomia raggiunse il vertice quando
entrò in possesso dun cannocchiale ed ebbe lidea di
puntarlo verso il cielo. Galileo non è linventore del
cannocchiale che porta il suo nome. Pare accertato che fu un
oscuro artigiano ottico olandese ad avere per primo lidea,
verso il 1590, di unire una lente convessa ad una lente concava
per ottenerne un cannocchiale che ingrandiva circa tre volte.
Galileo riuscì, ne11609, a procurarsi i piani di questinvenzione
e costruì con le sue mani un cannocchiale migliore di quelli
degli artigiani olandesi, sebbene ne ignorasse il funzionamento.
Diversamente dal suo contemporaneo Keplero, egli non sera
mai interessato allottica geometrica.
Entusiasta del suo strumento, ne mandò un esemplare al doge di
Venezia, che lo fece installare sul campanile, dove le più
eminenti personalità della Repubblica di Venezia si divertivano
ad osservare con stupore i passanti e le navi che incrociavano
allargo. Questo magnifico colpo pubblicitario gli procurò il
raddoppiamento dello stipendio.
Il suo merito fu di puntare lo strumento verso il cielo per farne
il primo «cannocchiale astronomico». Dal 1609 al 1610 osservò
il cielo con frenesia. In pochi mesi censì una serie
impressionante di stelle sconosciute fino ad allora e raccolse
una messe notevole dosservazioni del più grande interesse:
la Luna somiglia stranamente alla Terra, non ha niente della
sfera liscia, vi si vedono le montagne e se ne può valutare laltezza;
la via lattea è costituita da un insieme compatto dinnumerevoli
stelle; Attorno al pianeta Giove gravitano quattro satelliti che
lui saffretta a dedicare alla dinastia dei Medici
chiamandoli «astri medicei».
In gran fretta, racconta questi primi risultati, frutto di un
lavoro intenso, in un opuscolo dun centinaio di pagine
intitolato Sidereus nuncius (il messaggero sidereo), pubblicato
il 16 marzo 1610, che fece una grande impressione sui
contemporanei. Negli anni successivi, Galileo continuò ad
esplorare il cielo. Mediante tavole, precisa il movimento dei
satelliti medicei attorno a Giove. Osserva le macchie solari, e
la priorità di questa scoperta diventa oggetto di vane
polemiche, perché le avevano già notate i cinesi. Attorno al
pianeta Saturno, scopre due specie di appendici da ciascuna parte
dellastro. E scrive:
Ho osservato il pianeta più alto (Saturno) e lho trovato
tricorporeo.
In realtà, il suo cannocchiale non era abbastanza potente da
permettergli di vedere gli anelli di Saturno nella loro totalità.
Ne vedeva solo dei frammenti, per cui si sbagliava. In compenso,
Galileo mette in evidenza le fasi del pianeta Venere, fasi
analoghe a quelle della Luna. Scopre anche il pianeta Nettuno, ma
non riesce ad identificarlo e lo prende per una nuova stella
fissa, questo a motivo del suo periodo molto lungo di rotazione.
Copernico confermato
Che importanza ebbero queste scoperte e osservazioni?
Sul piano metodologico dimostrarono limportanza dellosservazione
in astronomia. Fino ad allora le teorie erano sovrane. Ora una
teoria valida può essere proposta solo dopo aver raccolto un
minimo sufficiente di dati mediante losservazione. Si noterà
il ruolo fondamentale svolto dalla strumentazione - in questo
caso il cannocchiale - per far avanzare la scienza.
Sul piano delle idee, si continuava a scuotere il dogma antico e
medioevale dellimmutabilità dei cieli. Questo processo di
destabilizzazione era stato iniziato da Tycho Brahe ed ora
Galileo lo continuava. Le macchie solari fanno vedere che il sole
non è irrigidito in unimmobilità eterna. Contrariamente
ad Aristotele, ora si sa che la Luna non è una bella sfera tutta
liscia che si muove in virtù della sua perfezione. Galileo
esulta allidea dinfliggere una buona lezione ai
sostenitori dellaristotelismo. In una lettera del 1612
prevede con gusto «i funerali o meglio la fine e il giudizio
finale della pseudofilosofia (quella di Aristotele!)». In essa
precisa ancora, a riguardo dellimmutabilità dei cieli:
Non so come questa si potrà salvare e conservare.
Tutte queste nuove scoperte rafforzano la sua fiducia nella
veracità del sistema eliocentrico di Copernico, anche se nel
Sidereus nuncius rimane molto prudente in proposito.
In effetti, la Terra non è più lunica ad avere un
satellite (la Luna), poiché ne ha anche Giove. La Terra è un
pianeta come gli altri? Le fasi di Venere sono particolarmente
istruttive. La Luna presenta delle fasi a causa della sua
rotazione attorno alla Terra, mentre nello stesso tempo riflette
la luce del sole. Allora se Venere, vista dalla Terra, presenta
delle fasi analoghe, questo può succedere solo perché gira
attorno al sole riflettendone la luce. Lo stesso dovrebbe
avvenire per gli altri pianeti.
Si sarebbe potuto moderare lentusiasmo di Galileo
facendogli notare che se le fasi di Venere sono inspiegabili nel
sistema di Tolomeo, ci sono altri modelli oltre quello di
Copernico che permettono dinterpretare queste fasi, ad
esempio quello di Tycho Brahe. Mentre nel sistema di Tolomeo cè
un solo centro attorno al quale seffettuano i differenti
movimenti, la scoperta dei satelliti di Giove dimostra che luniverso
ne possiede diversi.
Tutte queste osservazioni costituiscono altrettanti colpi inferti
allastronomia dellantichità. Per lui, non cè
più nessun dubbio: Copernico ha ragione. Ma sa che i suoi
avversari non disarmeranno tanto presto. In una lettera al suo
amico Castelli scrive:
O quante e quali conseguenze ho io dedutte, da queste e da altre
mie osservazioni! «Sed quid inde?». Mi ha quasi V. R. fatto
ridere, col dire che con queste apparenti osservazioni si
potranno convincere gli ostinati. Adunque non sapete, che a
convincere i capaci di ragione, e desiderosi di sapere il vero,
erano abastanza le altre demostrazioni, per laddietro
addotte; ma che a convincere glostinati, e non curanti
altro che un vano applauso dello stupidissimo e stoltissimo
volgo, non basterebbe il testimonio delle medesime stelle, che
sciese in Terra parlassero da se stesse?
Accusando i suoi avversari di malafede, Galileo dà, con questa
lettera, unidea del suo gusto per la polemica più dura.
Inebriato dal successo, fin dal 1610 progetta di scrivere unopera
sul «sistema del mondo», una concezione immensa e piena di
filosofia, dastronomia e di geometria. Galileo realizzerà
questo progetto solo 22 anni dopo, ne1 1632.
Gli obiettori
Il successo del Sidereus nuncius non disarmò il clan
conservatore, come daltra parte Galileo aveva previsto. Le
prime critiche riguardarono luso del cannocchiale. Certi
astronomi, per mancanza di addestramento, non vedevano niente
attraverso il cannocchiale; si spiega così questaffermazione
sentenziosa di uno di loro: «Il cannocchiale opera meraviglie
nellosservazione terrestre, ma nel cielo fa cilecca!». Si
può pensare che la qualità delle immagini fornite dai primi
cannocchiali non fosse straordinaria. Certi detrattori
affermarono che gli astri scoperti erano solo delle
pseudoimmagini create dallo strumento stesso. Sollevavano così
un problema reale, quello delle aberrazioni ottiche da correggere
in tutti gli strumenti. Anche il grande Keplero espresse dei
dubbi sulla realtà dei satelliti di Giove. Per convincerlo,
invece dintavolare una lunga discussione, Galileo gli manda
un cannocchiale di sua fabbricazione e Keplero rifà le
osservazioni. E così, nel 1610, conferma quelle di Galileo.
Notiamo infine che Keplero perfeziona il cannocchiale di Galileo
ed ottiene dei migliori ingrandimenti dellimmagine. A
questo scopo, sostituisce la lente divergente, che fa da oculare,
con una lente convergente. Realizza così il vero cannocchiale
astronomico come esiste ancora ai nostri giorni. Diversamente da
Galileo, trova la teoria di quellimportante strumento
ottico.
L episodio ora riportato ci induce a parlare delle
relazioni fra i due uomini, che furono ambedue dei copernicani
convinti. Ci fu tra loro una certa collaborazione sul piano delle
osservazioni e certamente una stima reciproca. Keplero si sarebbe
immortalato enunciando le leggi che portano il suo nome e che
riguardano i movimenti dei pianeti. Due di esse figurano nella
sua Astronomia nova (Lastronomia nuova), pubblicata nel
1609. La prima legge afferma:
I pianeti si muovono in orbite che sono delle ellissi. di cui il
sole occupa uno dei fuochi.
È vero che qualcuna di queste ellissi, specialmente quella
percorsa dalla Terra, sono molto vicine a cerchi. Galileo non
accettò mai questa legge, tanto rimaneva potente il vecchio
prestigio del movimento circolare. Keplero fu il primo ad osare
infrangere la magia del cerchio, in seguito a un lavoro
sperimentale di enorme acutezza.
I due anni fortunati
Il 1610 fu un anno fortunato nella carriera di Galileo, non solo
per le sue scoperte celesti ma anche perché riuscì a realizzare
il suo sogno: ritornare a Firenze, nella sua regione natale. Fu,
infatti, nominato «primario matematico» dello studio di Pisa e
«primario matematico e filosofo del granduca di Toscana», con
il piacevole privilegio di essere dispensato dallobbligo di
tenere le le-zioni. Fu Galileo in persona a chiedere per lettera
al granduca Cosimo II de Medici di aggiungere al titolo di
matematico quello di filosofo. In que-sta richiesta bisogna
vedere qualcosa di più che una vana soddisfazione damor
proprio o un gu-sto smodato per i titoli. La filosofia di cui si
parla è la «filosofia naturale» (oggi diremmo la fisica), che
in quel tempo veniva inclusa nella filosofia. Facendo quella
richiesta, Galileo pensava alla vecchia distinzione tra astronomi
matematici e astronomi fisici. Compito dei primi era di costruire
dei modelli matematici delluniverso sidereo, modelli che
permettessero di «salvare le apparenze», cioè di descrivere e
prevedere i fenomeni del cielo, e questo senza preoccuparsi che i
modelli fossero conformi alla realtà delle cose. Compito dei
secondi era invece di determinare la vera natura, la
configurazione e le proprietà dei corpi celesti. Un astronomo
matematico si poteva permettere tutte le audacie senza essere
infastidito, perché parlava ex hypothesi (per ipotesi).
Copernico ebbe la saggezza di lasciarsi mettere in questa
categoria, ciò che gli evitò tanti fastidi. Galileo invece non
seppe mai rassegnarvisi, nonostante i consigli degli amici e le
insistenti raccomandazioni del cardinal Bellarmino, specialmente
nella sua lettera al Foscarini de1 1615, già da noi ricordata;
Sicuro di se, era troppo preso dalle sue convinzioni, che ci
teneva a far condividere senza mezzi. termini. Questa foga e la
mancanza di prudenza gli procurarono in seguito delle serie
delusioni.
Nel frattempo, sembrava che tutto gli andasse a gonfie vele. Nel
1611 è al culmine della fama e della gloria. Intraprende un
viaggio a Roma, durante il quale è ricevuto con molti riguardi
dal prestigioso Collegio romano dei padri gesuiti. Il celebre
matematico Cristoforo Clavio, soprannominato «lEuclide del
XVI secolo», nella sua al- locuzione di benvenuto, annuncia a
Galileo che i gesuiti astronomi del Collegio romano potevano
confermare tutte le scoperte annunciate nel Sidereus nuncius
pubblicato lanno prima. Durante quello stesso soggiorno, in
una seduta solenne davanti a una platea di prelati, Galileo fu
ammesso come membro dell Accademia dei Lincei, una dotta
associazione avida di «nuova filosofia», in urto con la cultura
scolastica tradizionale. LAccademia è legata agli ambienti
ecclesiastici «progressisti» ed ha per emblema la lince, a
causa dellacutezza proverbiale della sua vista. Come
espressione di benvenuto, l Accademia decide di far
pubblicare a sue spese un libro di Galileo sulle macchie solari,
in corso di redazione. Lopera uscì nel 1613.
Cominciano gli attacchi contro Galileo
La gloria suscita sempre gelosie e invidie. Fin dal 1612 si
delinea una campagna antigalileiana che non si fermerà più. L
offensiva si sviluppa su un doppio fronte: fronte universitario e
fronte religioso.
Gli universitari conservatori intuiscono tutta la minaccia
rappresentata dal copernicanesimo per la « filosofia » di
Aristotele, di cui sono gli zelatori. Alluniversità di
Pisa sono in maggioranza e non potendosela prendere personalmente
con Galileo, saccaniscono contro il Castelli, un suo fedele
discepolo che era riuscito a far nominare professore di
matematica. Castelli è fatto oggetto di vessazioni; il rettore
stesso gli intima di astenersi da ogni allusione alla teoria
copernicana.
Certi predicatori di Firenze, specialmente domenicani,
pronunciano dei sermoni infiammati contro «la setta diabolica
dei matematici» (Lorini). Da uno di loro sè sentito
questo brutto gioco di parole:
Uomini di Galileo, perché ve ne state così a guardare verso il
cielo?
(Gioco di parole che utilizza una citazione degli Atti degli
Apostoli, cap. I, vers. 11). Questi predicatori posano a
difensori della Bibbia e quindi della fede.
Bisogna riconoscere che le autorità dellordine domenicano
disapprovano apertamente certe intemperanze eccessive dei loro
subordinati, definendole delle «bestialità».
Ciò che preoccupa Galileo è che quelle parole accusatrici
lanciate in pubblico dai predicatori trovano una certa eco in
alto loco. Sa dal suo amico Castelli; che la granduchessa di
Toscana, Cristina di Lorena, si pone anche lei il problema della
compatibilità del sistema di Copernico con le Scritture e sembra
turbata dalle voci che circolano a questo proposito.
La risposta
Cosciente del pericolo, Galileo contrattacca scrivendo due
lettere importanti, una al suo amico Castelli (dicembre 1613), laltra
a Cristina di Lorena (maggio 1615). La lettera al Castelli
riassume le idee di Galileo sul problema dellinterpretazione
delle Scritture, sorto in occasione della nuova astronomia. La
lettera a Cristina non fa che sviluppare largomentazione
contenuta sostanzialmente nella prima. Dovremo ritornare su
questa importante difesa di Galileo. Ora ci accontenteremo di
ricordarne la tesi centrale che egli riassume in una formula, daltra
parte ripresa dal cardinal Baronio, il bibliotecario del
Vaticano, secondo il quale, attraverso la Bibbia, «lintenzione
dello Spirito Santo» è « i insegnarci come si vada in cielo e
non come vada il cielo .
Non bisogna credere che Galileo cerchi di cavarsela con una
formula brillante. Nella lettera a Cristina sviluppa uno studio
esegetico di primordine. La lettera a Castelli ebbe subito
una grande diffusione. Non successe lo stesso per la seconda. Il
dibattito salirà fino alle alte istanze vaticane. Gli
avvenimenti precipitano durante il 1615, un anno decisivo.
Bisogna notare che il SantUffizio aprì una pratica Galileo
non ,di propria iniziativa ma in seguito a una denuncia. In
febbraio, il domenicano Lorini trasmise al prefetto della
Congregazione dellIndice la lettera al Castelli, con la
speranza di farla condannare. La risposta fu rapida e si ritorse
a confusione del querelante. In questa risposta si legge che «anche
se Galileo a volte si serve despressioni improprie, non
devia dai sentieri del parlare. ortodosso». Questo diploma dortodossia
fu un successo per Galileo. Ma un secondo domenicano (Caccini)
presentò in marzo una seconda denuncia. Consegnò al SantUffizio
tutta una serie di affermazioni attribuite a Galileo,
affermazioni che il domenicano giudicava «eretiche». La querela
fu registrata e si procedette allistruzione. In quel tempo,
Galileo mise tutto in opera per giustificarsi. Ebbe ad esempio
uno scambio di lettere con monsignor Pietro Dilli (da febbraio a
marzo), nelle quali affronta problemi dinterpretazione
della Scrittura. Monsignor Dini gli consigliò di parlare solo
per ipotesi. Galileo rispose che non era possibile attenuare la
dottrina copernicana, ma bisognava prenderla o lasciarla tuttintera.
In maggio scrisse anche la lettera a Cristina. Intervenne un
altro personaggio che svolse un ruolo importante nella
controversia. Si tratta dun religioso del partito
copernicano, il padre Paolo Antonio Foscarilli, che cercò di
correre in aiuto di Galileo rendendo pubblica una lunghissima
lettera indirizzata al padre generale del suo ordine: Questopuscolo
contiene lapologia della dottrina eliocentrica e cerca di
dimostrare che i passi della Scrittura usati come argomenti
contro leliocentrismo potevano essere interpretati anche in
accordo con le idee di Copernico. Foscarilli condivide il punto
di vista del teologo spagnolo Zúñiga che trentanni prima
aveva detto la stessa cosa.
Allora intervenne nel dibattito il cardinal Bellarmino con una
lettera a Foscarini del 12 aprile 1615. Egli chiede a Galileo di
accontentarsi di parlare ex suppositione, cioè per ipotesi,
lasciando aperto il problema della realtà delle cose. In materia
di esegesi, Bellarmino si trincera dietro una decisione del
concilio di Trento, che proibisce linterpretazione delle
Scritture in senso contrario allopinione comune dei Padri
della Chiesa.
Verso la fine della lettera, si trova un apertura molto
interessante nel contesto dellepoca. Se dovesse esserci una
prova reale dordine scientifico, si potrebbe essere indotti
a rivedere linterpretazione di certi passi della Scrittura.
A questo punto si arriva al cuore del dibattito che costituisce
il caso Galileo. Il messaggio che il Bellarmino rivolge a Galileo
è chiaro e quasi patetico: porti le prove della veracità del
sistema copernicano, altrimenti si limiti a parlare per ipotesi!
Per il Bellarmino, infatti, queste prove reali non esistono.
Galileo, da parte sua, è convinto di possedere queste prove. Il
dramma nasce da tale differenza di valutazione. Lintervento
del Bellarmino non sadatta bene allimmagine di un
cardinale dalla terribile intransigenza, chiamato «il martello
degli eretici». Egli svolse certamente un ruolo importante nella
condanna al rogo di Giordano Bruno, ma il suo atteggiamento verso
Galileo fu sempre improntato a rispetto e a una segreta simpatia.
Cosl sfidato, Galileo si precipita a Roma per cercare di piegare
gli eventi, nonostante il consiglio dellambasciatore di
Firenze a Roma che lo sconsiglia formalmente di farvisi vedere.
Tira avanti, desideroso di difendere senza sosta la causa della
nuova astronomia. Nei giardini di Villa Medici, residenza dellambasciatore,
redige frettolosamente un opuscolo intitolato: Discorso del
flusso e reflusso del mare, e il 6 gennaio 1616 lo invia ad
Alessandro Orsini che è stato appena rivestito della porpora
cardinalizia. Secondo Galileo, il fenomeno delle maree
costituisce uno degli argomenti più decisivi a favore dei
movimenti della Terra, un argomento molto forte perché fondato
unicamente su considerazioni meccaniche. Quasi nello stesso
tempo, fa ristampare a Roma una pubblicazione del 1613, uscita
con il titolo: Istoria e dimostrazioni intorno alle macchie
solari e loro accidenti, unapologia molto decisa dellastronomia
copernicana. Essa contiene una prova dordine astronomico,
basata sulla natura delle traiettorie seguite dalle macchie
solari
Copernico allIndice
Tutti questi tentativi di giustificazione non ottennero nessun
risultato, perché arrivavano troppo tardi. La pesante macchina
del SantUffizio sera messa in moto e nessuno riuscì
a fermarla. È noto che lazione introdotta da padre Caccini
comprendeva una serie di affermazioni considerate «eretiche».
Il SantUffizio fece una prima cernita in questa congerie
per soffermarsi alla fine solo su due affermazioni copernicane:
-Il sole è al centro del mondo e di conseguenza è immobile.
-La Terra non è al centro del mondo e non è immobile, ma si
muove tutta, anche con movimento diurno.
Queste due proposizioni furono sottoposte a una commissione di
undici teologi, consultori del SantUffizio, che espressero
il loro parere nel corso duna seduta tenuta il 23 febbraio
1616. A quanto pare, dichiararono allunanimità che la
prima proposizione
deve essere giudicata assurda e falsa in filosofia (cioè
scientificamente!) e formalmente eretica, perché contraddice
esplicitamente e in numerosi passi il contenuto della Sacra
Scrittura letta secondo il senso proprio delle parole e secondo linterpretazione
comune dei santi Padri e dei teologi.
Per quanto riguarda la seconda proposizione:
Anche questa seconda proposizione è assurda e falsa in
filosofia, e per quanto riguarda la teologia è considerata
almeno erronea secondo la fede.
Questo testo contiene quindi una doppia «censura»: dordine
filosofico (cioè scientifico) e dordine teologico. La
consultazione fu affrettata e non diede luogo a nessun dibattito
serio. Il giudizio non è motivato, specialmente nei suoi aspetti
scientifici. Probabilmente, per i consultori era evidentemente «assurdo»
andare contro lesperienza universale e contro il senso
comune. Tutto il genere umano può testimoniare che il sole si
sposta da est ad ovest e che la Terra è immobile!
Il testo formulato dagli « esperti » è solo un documento
interno del SantUffizio, impegna soltanto i suoi autori e
non la Chiesa in quanto tale. Due giorni dopo essere state
depositate, le conclusioni degli «esperti» furono sottoposte
alla Congregazione generale dellInquisizione. La
discussione non fu ripresa sul merito ma unicamente sulle modalità
di una condanna. A quanto sembra, il papa Paolo V si augurava che
lopera di Copernico fosse dichiarata eretica. I cardinali
Caetani e Barberini (il futuro papa Urbano VIII) si opposero
apertamente al papa e impedirono questa posizione dura. Allora ci
si orientò verso la messa allindice del De revolutionibus.
Il 3 marzo fu promulgato un decreto: il De revolutionibus veniva
inserito nellIndice dei libri proibiti «finché non sia
corretto ». In via accessoria, il Commento al libro di Giobbe di
Zúñiga subiva la stessa sorte. Quelle opere come pure la
lettera di padre Foscarini, erano proibite e condannate ad essere
distrutte.
A prima vista, pare che tutto questo non riguardi Galileo, il
quale non è mai nominato. E quindi impreciso parlare dun
primo processo e di una prima condanna.
E però quasi sicuro che tutta questa messa allIndice sia
rivolta a Galileo, attraverso Copernico, perché tutti
riconoscevano in Galileo il principale portavoce del
copernicanesimo.
Stia zitto, Galileo!
In effetti, già il giorno dopo la riunione della Congregazione
generale, quindi il 26 febbraio, Galileo fu convocato al SantUffizio,
per ordine del cardinal prefetto e su richiesta del papa. Si
trattava di notificargli la condanna delle tesi di Copernico e di
interdirgli di professarle. Galileo comparve quindi davanti al
cardinal Bellarmino, membro del SantUffizio, assistito dal
commissario generale, il domenicano Seghizzi, ciò che dimostra
il carattere molto ufficiale di questo colloquio. Noi conosciamo
loggetto di questa comparizione, grazie a una lettera del
cardinal Bellarmino a Galileo, datata 26 maggio 1616. Dopo il
colloquio, a Roma circolavano delle voci secondo cui Galileo era
stato costretto ad abiurare ed era stato punito, ecc. La lettera
del cardinale è una messa a punto sotto forma di smentita, che
intende metter fine alle insinuazioni tendenti a denigrare
Galileo. Questa lettera svolgerà un ruolo ulteriore in occasione
del processo a Galileo.
In mancanza di ogni altro documento, non si può sapere che cosa
successe realmente nel corso di quelludienza. Gli storici
hanno cercato di ricostruire la scena, partendo da ciò che sanno
sullo svolgimento del processo a Galileo nel 1633. La più
verosimile è quella proposta dal professor Drake. Per capirla,
bisogna rifarsi al codice di procedura allora in vigore. Il
diritto canonico prevedeva tre possibili procedure:
- la semplice ammonizione (monitum),
- lingiunzione formale (praeceptum),
- limputazione seguita dallarresto.
Il giudice sceglieva fra queste tre procedure in funzione delle
disposizioni più o meno concilianti incontrate nellimputato.
Il Bellarmino, che aveva sempre manifestato benevolenza verso
Galileo, probabilmente saccontentò della procedura più
mite, quella dellammonizione, tenuto conto delle buone
disposizioni manifestate da Galileo. Gli ripete il consiglio
molto deciso di parlare dastronomia copernicana solo
mediante supposizione, finché non fosse riuscito a fornire delle
prove decisive.
Seghizzi, che conosceva il carattere tutto dun pezzo di
Galileo, non pensò neppure per un solo istante che si piegasse
tanto facilmente. Aveva quindi preparato, prima delludienza,
un testo dingiunzione formale. Per un caso malaugurato, o
per malanimo, quel documento finì nella pratica, anche se non
era servito nel corso delludienza. Fu riesumato nel
processo del 1633 perché servisse come capo daccusa,
mentre non aveva nessuna firma né delle autorità né di
Galileo, ciò che gli toglieva ogni valore giuridico.
La controversia delle macchie solari
Dopo essere stato messo in guardia nel 1616, per sette anni
Galileo si astenne dal difendere la causa copernicana, senza però
estraniarsi dalle discussioni che riguardavano lastronomia
del tempo e i cui temi non avessero dei legami diretti con il
copernicanesimo. In due di quelle discussioni si scontrò con
eminenti gesuiti.
La prima riguardava la natura delle macchie solari. Il gesuita
Scheiner, professore dastronomia a Innsbruck poi a
Friburgo, specialista nello studio della rifrazione atmosferica,
affermava che le macchie solari sono prodotte da polveri che
gravitano attorno al sole, mentre Galileo pensava che si
trattasse di fenomeni propriamente solari che avvenivano sulla
superficie stessa dellastro. Oggi si sa che Galileo aveva
ragione nei confronti di Scheiner, che fu un avversario coriaceo
e intraprendente.
La controversia delle comete
La seconda discussione lo contrappose allastronomo Orazio
Grassi del Collegio romano, a proposito della natura delle
comete. Nellanno 1618 comparvero tre comete, che
provocarono una grande eccitazione nel pubblico. Galileo non
aveva potuto osservarle, perché era malato. Grassi, alla luce di
numerose osservazioni fatte per tutta lEuropa, riprese le
idee di Tycho Brahe cheaveva studiato la cometa del 1577, per
arrivare alla conclusione che si trattava di corpi celesti al di
là della Luna, in movimento su unorbita che poteva non
essere circolare. Secondo Galileo, un tale movimento non
circolare costituiva una minaccia per il sistema copernicano.
Senza osservazioni e senza calcoli, Galileo inventò una
soluzione originale che consisteva nel negare la realtà fisica
delle comete. Queste non sarebbero dei corpi celesti, ma delle
illusioni ottiche prodotte dai raggi del sole negli alti strati
dellatmosfera terrestre, come larcobaleno e le aurore
boreali. Oggi si sa che linterpretazione di Galileo non è
esatta. La discussione fu vivace e avvenne a forza di
pubblicazioni. Grassi utilizzò lo pseudonimo di Lotario Sarsi,
Galileo replicò a volte per interposta persona. Il tono non fu
molto accademico e non mancarono le allusioni perfide ed
extrascientifiche. Nel suo libro Libra astronomica (1619), Sarsi
fa appello al principio dautorità: dai pitagorici a Tycho
Brahe si era sempre ammesso che la cometa fosse qualcosa di
reale. Nella disputa si mescolarono i nomi di altri autori
considerati atei e materialisti, come quello di Keplero,
doppiamente «eretico» come copernicano e come protestante. E
certo che con questa polemica Galileo si fece di Grassi un nemico
mortale. Certi ambienti romani e specialmente qualche membro dell
Accademia dei Lincei, con il suo presidente Cesi, sognarono
allora un attacco in grande stile contro le basi della cultura
tradizionale che dominava a Roma.
Il Saggiatore
Il grosso problema era allora di rintuzzare «lorgoglio dei
gesuiti». La disputa sulle comete è in fondo solo un pretesto
per prendersela con gli «adoratori ostinati dellantichità».
Si fa appello a Galileo, sempre a suo agio nella polemica, per
redigere unopera che diventerà un vero manifesto della «nuova
filosofia» difesa dall Accademia dei Lincei. La «nuova
filosofia» tende essenzialmente a liberarsi dal giogo
aristotelico. Nellottobre 1622 Galileo termina la redazione
del manoscritto, che subisce delle correzioni da parte dei suoi
colleghi dell Accademia. Galileo dà allopera il
titolo di Il Saggiatore (il «saggiatore» è la bilancia di
precisione usata dagli orefici).
L imprimatur è concesso da un giovane e brillante teologo
domenicano, padre Riccardi, che vi unisce un elogio ditirambico.
Il libro è pubblicato a spese dell Accademia ed esce nellottobre
1623.
Il Saggiatore riprende punto per punto, per confutarli, gli
argomenti di Sarsi in favore della realtà delle comete.
Somministra al suo principale avversario, Grassi, una lezione che
riguarda la metodologia scientifica e il modo corretto di
ragionare. Nel caso specifico delle comete, questi grandi e
stupendi principi sono messi al servizio di una causa erronea.
Nel Saggiatore si rileva un passo famoso e quasi profetico sul
ruolo delle matematiche per decifrare il mondo fisico:
La filosofia è scritta in questo grandissimo libro, che
continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico lUniverso},
ma non si può intendere se prima non simpara a intender la
lingua e conoscere i caratteri ne quali è scritto. Egli è
scritto in lingua matematica ed i caratteri sono triangoli,
cerchi e altre figure geometriche... Senza questi, è un
aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto.
I non specialisti non erano in grado di giudicare la validità
degli argomenti scientifici presentati tanto sulla questione
delle comete che sui difficili problemi della fisica dei fenomeni
e della loro percezione mediante i sensi. In compenso, il
pubblico fu sensibile alle qualità letterarie dellopera.
Vi si trovano citazioni di poeti e di storici, brillanti
metafore, unironia incisiva, a volte feroce, una parodia
scintillante dei commenti scolastici.
Furono queste le qualità che contribuirono al successo del
Saggiatore.
Il trionfo di Ga1ileo segnò anche la disfatta schiacciante del
suo avversario della Compagnia di Gesù, Grassi. E fu certamente
sentito come un affronto per la Compagnia in generale. Certi
professori del Collegio romano se la presero con glinnovatori
con particolare violenza poco prima della pubblicazione del
Saggiatore, di cui conosce- vano il tenore in base a certe
indiscrezioni.
Daltra parte, non cè dubbio che gli attacchi contro
il principio dell autorità della tradizione erano sentiti
dolorosamente in un momento in cui la Compagnia era fortemente
impegnata in una lotta spietata contro le idee della Riforma
protestante. Per il momento, trionfavano gli avversari dei
gesuiti.
Un papa «liberale»
Quando il conclave, il 16 agosto 1623, elesse papa il cardinale
Maffeo Barberini, che prese il nome di Urbano VIII, fu una
meravigliosa sorpresa, che provocò una grande eccitazione negli
ambienti intellettuali e progressisti romani. Il nuovo papa è
giovane, sportivo, poeta, intellettuale raffinato, libero da
pregiudizi. Ex nunzio a Parigi, è amico della Francia. Insomma
un papa liberale! I membri dellAccademia dei Lincei
esultano e saffrettano a far entrare nella loro compagnia
il nipote del papa, Francesco Barberini, che così diventa
collega di Galileo. Non volendo essere da meno, il papa eleva il
nipote alla porpora cardinalizia.
Dato che Il Saggiatore sta per essere pubblicato, gli editori
hanno appena il tempo di mettere sul frontespizio dellopera,
con lemblema dell Accademia, quello del papa, ciò
che simboleggia lalleanza fra l Accademia e il nuovo
potere religioso. Naturalmente lopera è dedicata al nuovo
papa. Questa dedica fa preventivamente lelogio della nuova
politica culturale del papa, ed è firmata da tutti gli
accademici dei Lincei. Tre membri dell Accademia
occuperanno dei posti importanti nell entourage del papa.
Il 27 ottobre 1623 Il Saggiatore è offerto ufficialmente a
Urbano VIII dall Accademia, alla presenza di numerosi
membri del Sacro Collegio cardinalizio. Nei giorni successivi, se
ne fa leggere qualche pagina a tavola, e secondo i testimoni ne
è divertito e stupito.
L elezione al pontificato di Maffeo Barberini è certamente
per Galileo una grande gioia e segna il risveglio duna
grande speranza. I due uomini si conoscono da lunga data. Quando
il papa del tempo incarica Barberini di risanare le acque del
lago Trasimeno, in Umbria, egli ricorre a Galileo come esperto
idraulico. In certe controversie scientifiche, specialmente nel
1611, soppone a una condanna più severa delle idee
copernicane. Preso nel turbine dellesultanza che segue lelezione
dun papa liberale, e spinto dagli amici, come non cedere al
desiderio di rompere il silenzio che sè imposto dal 1616?
Non è il momento favorevole per tentare una riabilitazione di
Copernico?
La gestazione del «Dialogo»
Nellaprile 1624, Galileo ritorna a Roma, dove è ricevuto
dal papa in udienza privata. Cera molta intesa tra questi
due fiorentini. Ci saranno altri incontri. I colloqui con il
cardinale, nipote del papa, sono ancora più calorosi. Sondò
quindi la possibilità di poter riparlare di Copernico.
In uno dei colloqui col papa, gli espose il progetto di
pubblicare unopera in cui fossero esposti
contraddittoriamente i differenti sistemi del mondo. Il papa non
sollevò obiezioni, ma gli chiese dessere obiettivo, cioè
di non avvantaggiare luna o laltra delle teorie a
confronto, che dovevano essere presentate come delle ipotesi. Nel
giugno 1624, Galileo ritornò a Firenze, latore duna
lettera del papa (redatta da Ciampoli, un amico di Galileo),
indirizzata a Ferdinando II de Medici. In questa lettera,
Galileo è qualificato «figlio carissimo» del papa. Galileo si
lasciò dietro, a Roma, un uomo di fiducia, un allievo e amico,
M. Guiducci, ben introdotto negli ambienti romani e che incaricò
di informarlo di tutte le voci che circolavano nella città
eterna. Il suo obiettivo era di scrivere finalmente quella grande
opera sui sistemi del mondo che sognava dal 1610, anche se nel
suo animo non cè mai stato altro che il sistema di
Copernico.
La redazione del libro si trascinò fino al 1629, perché il
cattivo stato di salute dellautore moderò lentusiasmo
iniziale. Prima di mettersi al lavoro e ritenendosi liberato dallobbligo
del riserbo, volle rispondere a un attacco rivolto nel 1616 da
padre Francesco Ingoli contro il sistema di Copernico. Inviò allinteressato
una lunga Lettera a Francesco Ingoli, una difesa e illustrazione
dellastronomia copernicana, dove si trova esposta per la
prima volta la teoria della relatività dei movimenti. Riprenderà
questo passo quasi testualmente nel libro che prepara. Galileo
nota che su una nave che si sposta a velocità costante non si
produce nessun effetto meccanico che possa aiutare il passeggero
a rendersi conto se è in movimento o in quiete.
Prendersela con Ingoli, anche nel quadro duna controversia
puramente scientifica, non era senza dubbio dar prova di
diplomazia. Monsignor Ingoli era diventato un personaggio
importante della curia romana, dove occupava una posizione
strategica al servizio dun progetto caro ad Urbano VIII.
Galileo dimentica di non essere lunico ad avere la fiducia
del papa.
Luci ed ombre
Per comprendere meglio il seguito degli avvenimenti, è bene
illustrare sommariamente il clima che prevaleva a Roma negli anni
che seguirono immediatamente lavvento di Urbano VIlI e
durante i quali Galileo redasse il suo libro. Si può descrivere
schematicamente questo clima parlando del trionfo della «nuova
filosofia» e dell arre- tramento correlativo dellinfluenza
dei gesuiti.
La « nuova filosofia » intende essere aperta al sapere moderno
e sviluppa una visione ottimistica delluomo. Lungi dallesaltare
lempietà, i suoi adepti sognano un cattolicesimo
rinnovato, che faccia posto a una certa libertà intellettuale.
Dicono dessere stanchi del conformismo e sadoperano
per scuotere il controllo intellettuale eserci- tato dai gesuiti.
A questo scopo creano delle proprie istituzioni e mettono i loro
simpatizzanti in posti strategici. Si radunano in numerose
accademie che sono altrettanti centri di vita intellettuale. LAccademia
dei Lincei è certamente la più prestigiosa tra di esse e cerca
di attrarre gli intellettuali più brillanti dellepoca,
compresi quelli formati dai gesuiti. Certuni, come monsignor
Ciampoli, sono dei veri scienziati. In tutti questi ambienti
Galileo annovera molti amici perché il suo prestigio
intellettuale è immenso. Qualcuno vede in lui luomo
chiamato a detronizzare il vecchio Aristotele. L Accademia
dei Lincei ha le proprie pubblicazioni che diffondono le idee
nuo- ve. Nella sua imponente biblioteca si trova un fondo
scientifico ricchissimo e non mancano neppure opere di autori
sospetti deresia. In quel tempo la circolazione dei libri
era soggetta al controllo della potente Congregazione dellIndice,
annessa al SantUffizio. Il concilio di Trento aveva
ricordato che i libri erano «i veicoli dellinfezione
eretica in Terra cattolica». Nonostante questo, i libri proibiti
o sospetti erano oggetto dun mercato clandestino, ciò che
li rendeva rari e costosi.
Tanti posti chiave cadono fra le mani dei «nuovi filosofi». Se
ne trovano nellentourage del papa. Così monsignor
Ciampoli, già ricordato, è il vero ispiratore della politica
estera vaticana, caratterizzata dal suo orientamento
filofrancese. Li troviamo al SantUffizio dove il padre
Riccardi, lo stesso che aveva dato lappoggio entusiasta al
Saggiatore, diventa nel 1629 maestro del Palazzo. Lordine
dei Chierici regolari minori, favorevole a Galileo ne1 1626,
svolge un ruolo eminente nella nuova Congregazione romana
consacrata alla propagazione della fede «De Propaganda Fide».
Alcuni amici di Galileo occupano delle cattedre prestigiose nelle
grandi università italiane (Roma, Bologna, ecc.).
I gesuiti vedono con inquietudine diminuire la loro influenza.
Sono ostili allapertura filofrancese della politica
pontificia. Il padre generale dellOrdine riceve dal papa un
biasimo pubblico davanti ai cardinali e ai prelati della curia.
Urbano VIII accusa apertamente lOrdine di lavorare contro
di lui in Francia e in Italia (1626). Per rappresaglia, il papa
ritarda la canonizzazione del cardinal Bellarmino. Nessun gesuita
accederà più alla dignità cardinalizia, mentre nel 1627 Pierre
de Berulle, il «nuovo teologo» francese, inviso ai gesuiti, è
nominato cardinale.
Il pontificato di Urbano VIII presentò anche certi aspetti molto
poco moderni. Nel dicembre 1624, il SantUffizio inscenò un
grande spettacolo degno dellInquisizione medioevale per «giudicare»
un apostata eretico recidivo: De Dominis. Questo tipo dimputazione
prevedeva la sanzione suprema: la morte sul rogo. Avendo avuto la
buona idea di morire qualche mese prima (munito dei sacramenti
della Chiesa!), linteressato sfuggì al barbaro supplizio.
Fu perciò il suo cadavere, accompagnato dal suo ritratto e dai
suoi libri, a perire nelle fiamme del rogo. Migliaia di romani e
di pellegrini venuti a Roma per lapertura dell Anno
santo assistettero a questo spettacolo edificante.
La biografia di De Dominis fa pensare a un romanzo davventura.
Arcivescovo di Split (Spalato), fugge in Inghilterra, si fa
calvinista per lavorare alla riunificazione delle Chiese. Espulso
dallInghilterra, abiura spontaneamente, è perdonato e
reintegrato nelle funzioni che esercitava prima de1 1622.
Nonostante certe alte protezioni, è rinchiuso in Castel Sant
Angelo perché il SantUffizio vuole accertarsi della
sincerità della sua abiura. Vi muore e il suo caso termina con
quella parodia della giustizia e con la macabra messa in scena
che abbiamo ricordato. Galileo è informato nei particolari di
tutte le peripezie di questo caso tenebroso. Per lui cera
materia di riflessione sui limiti dello spirito nuovo.
I gesuiti pronti allattacco
Se i gesuiti sono sulla difensiva, il loro potere e il loro
prestigio non sono annientati da un giorno allaltro. Ne1
1622, la canonizzazione di Ignazio, loro fondatore, e di
Francesco Saverio, lapostolo delle Indie, danno luogo a
magnifici festeggiamenti. La Compagnia di Gesù, per dimostrare
in maniera visibile la sua supremazia, decise nel 1626 di
costruire una grandiosa chiesa dedicata a santIgnazio,
incorporata nel grande Collegio romano. Le spese della
costruzione furono sostenute dal ricchissimo cardinal Ludovisi. Larchitetto
designato fu il gesuita Grassi, la vittima del Saggiatore, che
nel 1628 divenne rettore del celebre Collegio romano.
E da questo Collegio romano che partirono gli attacchi contro lo
spirito nuovo. Ogni apertura dellanno universitario era
contrassegnata da una seduta solenne in cui si teneva un discorso
di circostanza. Quello del 1624 costituì una requisitoria molto
violenta contro «gli adepti delle nuove opinioni» e unapologia
dellautorità della tradizione anche nel campo delle
scienze naturali. Il libro della natura devessere decifrato
solo attraverso gli occhi di Aristotele che basta commentare.
Attaccare il principio dautorità come fanno certi «letterati»
significa «portare la religione alla disfatta». I gesuiti satteggiarono
a difensori della fede minacciata dalle eresie. Lillustre
Compagnia non pronunciava mai la parola eresia invano. Quel
discorso diede il segnale dellinizio di una vigorosa
controffensiva.
Può darsi che una delle azioni comprese nel quadro di questa
nuova strategia di contrattacco fosse la consegna al SantUffizio
di una denuncia contro Il Saggiatore. Noi siamo a conoscenza di
tale querela solo attraverso una lettera di M. Guiducci, linformatore
romano di Galileo, in data 18 aprile 1625. Sappiamo da questa
stessa lettera che la querela non ebbe nessun seguito, grazie ad
opportuni interventi. Prendersela con Il Saggiatore voleva dire
prendersela col papa in persona, dato che Urbano VIII, allinizio
del suo pontificato (1623), aveva approvato, pubblicamente e
calorosamente, il libro e il suo autore.
Pare che Guiducci non fosse un informatore molto affidabile. È
noto che Il Saggiatore non parla della dottrina di Copernico. La
«dottrina del moto» di cui parla riguarda probabilmente i moti
corpuscolari che compaiono nella teoria galileiana del calore.
Padre Guevara, di cui si parla nella lettera, era generale dellordine
dei Chierici regolari minori. Ammiratore di Galileo, fu
consigliere diplomatico di Urbano VIII.
Ne1 1982, lo storico italiano Pietro Redondi ha trovato negli
archivi del SantUffizio un documento anonimo e non datato
che potrebbe essere la denuncia a cui allude il Guiducci. Nel
documento, lautore anonimo, analizzando qualche citazione
tratta dal Saggiatore, rileva in particolare una teoria delle
sensazioni che Galileo interpreta col gioco delle «minime
particelle» (minimi) che sarebbero semplicemente gli «atomi»
degli autori greci Anassagora e Democrito. Il querelante, che si
dice turbato nella fede, nota che la teoria degli atomi rende
impossibile nellEucarestia la trasformazione della sostanza
del pane e del vino nella sostanza del corpo e del sangue di
Cristo, contravvenendo così allinsegnamento della Chiesa
ricordato con molta insistenza dal concilio di Trento. E
conclude: le opinioni sostenute da Galileo sono forse eretiche?
Evidentemente lautore del documento vuol attaccare una
brutta briga con Galileo. Scrivendo Il Saggiatore sotto il
controllo dei suoi amici dell Accademia dei Lincei, Galileo
s è ben guardato da ogni provocazione. Per questo, non
doveva ne proclamarsi copernicano, visto che il copernicanesimo
era ancora sotto i rigori della censura del 1616, ne impegnarsi
nella discussione teologica sulle sostanze eucaristiche. In realtà,
Il Saggiatore evita espressamente di parlare di quei due temi.
Diventava facile archiviare il caso che lautore anonimo
cercava invano di sollevare .
A motivo dellimportanza che dà a questo documento, Pietro
Redondi ha cercato didentificarne lautore. E
attribuisce lo scritto a colui che aveva più ragioni di
avversare lautore del Saggiatore, cioè il padre Grassi.
Redondi pensa di riconoscerne la scrittura. Un argomento più
serio a favore di questipotesi proviene dalla costatazione
di analogie fra il documento anonimo e un libro pubblicato a
Parigi alla fine de1 1626. Questo libro intitolato Ratio ponderum
librae et simbellae viene dalla penna di Grassi, che si nasconde
dietro lo pseudonimo di Lotario Sarsi. Lopera è la
risposta di Grassi al Saggia/ore di Galileo. Lobiettivo
dellautore è chiaro. Si tratta di smascherare e di
denunciare la natura eretica delle idee attribuite a Galileo. Con
un abile crescendo, alla fine Il Saggia/ore è denunciato per
eresia eucaristica, ciò che non è esatto, dal momento che
Galileo non ha affrontato nel libro, ne in altre pubblicazioni,
quel pericoloso problema. Galileo seppe del libro di Sarsi
soltanto durante lestate 1627. Nonostante l
imprimatur ottenuto dal Saggiatore nella giusta e debita forma,
Galileo si preoccupa per quellattacco perfido e menzognero.
Il padre Riccardi, autore dell imprimatur e consulente del
SantUffizio, che interroga attraverso il suo amico
Castelli, lo rassicura anche se confessa di aver «sofferto un po
di burrasca da parte dei suoi confratelli» (probabilmente si
tratta di domenicani del SantUffizio). Il presidente dell
Accademia dei Lincei, come pure monsignor Ciampoli, gli
consigliano vivamente di non ribattere, ciò che fece.
Un parto laborioso
Torniamo a Galileo che sta redigendo la sua grande opera sui
sistemi del mondo. La discussione contro Copernico fu rilanciata
da un mediocre professore di Pisa, Chiaromonte, con due opere
successive, la seconda delle quali datata 1628, cercava di
salvare la teoria di Aristotele sullimmutabilità dei cieli
con argomenti poco seri e altri che Galileo e lo stesso Copernico
avevano confutato da molto tempo. Così afferma che «se la terra
ha una rivoluzione annua attorno al sole, dovrebbe sembrare che
le stelle si spostino sulla sfera delle fisse». Si tratta delleffetto
di parallasse che nessuno aveva ancora osservato. Questobiezione,
che aveva turbato Tycho Brahe, è confutata da molto tempo da
Galileo, il quale spiega che la distanza dalla Terra alle stelle
è talmente grande che leffetto di parallasse diventa
troppo piccolo, quindi inosservabile.
Probabilmente queste informazioni infondate riuscirono a irritare
Galileo, e lirritazione ha lasciato delle tracce nel libro
che sta per redigere. Infatti vi riprenderà la confutazione dellargomento
della parallasse.
Alla fine de11629, lopera è praticamente terminata. Pensa
allora di dargli per titolo: Dialogo sopra il flusso e reflusso
del mare. Questo titolo dimostra indubbiamente limportanza
che Galileo attribuisce alla sua spiegazione delle maree, basata
sulla congiunzione e sullopposizione dei due movimenti,
giornaliero e annuo, della Terra. Ricordiamo che Galileo sviluppa
per la prima volta la sua spiegazione delle maree in un libro
pubblicato ne11616. Per lui, si tratta di una vera prova a favore
del sistema copernicano. Non poteva ignorare che circolavano
altre spiegazioni, specialmente quella che ricorreva allattrazione
solare e lunare, illustrata da Francesco Bacone nel suo Novum
organon (1620) e da De Dominis che nel 1624 pubblica un libro
sulle maree. Galileo ritenne di dare un contributo alla prova
delle maree, spiegando con la rotazione della Terra su se stessa
lesistenza dei venti alisei, quei venti regolari che nell
Atlantico soffiano da est ad ovest aggirando l anticiclone
delle Azzorre. Il manoscritto finito fu sottoposto per lesame
e la revisione al padre Riccardi, allo scopo di ottenere l
imprimatur. Questi richiese qualche correzione di particolari,
imponendogli di modificare il titolo che non doveva più
ricordare le maree. Diventato molto prudente, il padre Riccardi
gli chiese di redigere una prefazione in cui avrebbe ricordato la
censura della dottrina copernicana promulgata nel 1616 e la sua
cura di mostrarsi neutro nellesposizione delle ragioni che
militano pro o contro il sistema di Copernico. Galileo si disse daccordo.
Le bozze della prefazione furono sottoposte al papa il 31luglio
1630. Questi chiese che nel testo figurasse un «argomento» a
cui teneva in modo molto particolare. In che cosa consisteva tale
argomento? Era fondato sullonnipotenza divina: Dio, che è
onnipotente, può produrre dei fenomeni celesti in maniera
differente da ciò che noi possiamo pensare. Per il papa,
affermare che una teoria facesse più che «salvare le apparenze»
e pretendere che corrispondesse alla realtà costituiva un gesto
empio, per la pretesa di voler penetrare i disegni di Dio nella
costruzione del mondo. Questargomento sollevava tutto il
problema dellautonomia della scienza di fronte alla
teologia. Poteva far pensare che Dio si prendesse il piacere
maligno di disorientare la ragione umana, ciò che al limite
avrebbe reso impossibile lo stesso esercizio della scienza!
Galileo non poteva andare contro un ordine formale del papa, così
largomento figura alla fine del libro. Sappiamo anche che
nel suo intimo non poté sottoscrivere tale argomento. Conosciamo
il suo pensiero in proposito da una lettera piena di buon senso e
humor, di cui riproduciamo il testo.
Lettera di Galileo a Morino
Qui è gran campo di discorrere. Noi non cerchiamo ciò che Iddio
poteva fare ma quello che Egli ha fatto... cercandosi dunque ciò
che Egli ha fatto circa proposizioni a noi occulte, e vedendo che
nelle note a noi Egli ritiene sempre nelloperare i modi più
facili e semplici, ancorché nei più difficili si scopra
maggiormente la sua potenza (. ..). M. Morino, Iddio poteva fare
gli uccelli con le ossa doro massiccio, con le vene piene dargento
vivo, con la carne più grave del piombo e con le ali piccole, e
così sarebbe maggiormente mostrata la sua potenza; poteva fare i
pesci più gravi del piombo, cioè 12 e più volte più gravi
dellacqua; ma Egli ha voluto fare quelli dossa, di
carne e di penne assai leggere, e questi ugualmente gravi come lacqua,
per insegnarci ch Egli gusta della semplicità e facilità.
(Galileo, Opere, VII, pp. 565-566).
Nella primavera de11631, Galileo impaziente ritornò a Roma,
malgrado la peste che allora vi imperversava. Il padre Riccardi
finì per concedergli limprimatur, con riserva di
correzioni da apportare al testo e a condizione che lopera
fosse stampata a Roma. Nel maggio 1631, Galileo è nuovamente
ricevuto dal papa che gli avrebbe testimoniato grandi «segni di
stima e daffetto». Galileo trascura lultima
raccomandazione del padre Riccardi e fa stampare il libro a
Firenze. Questerrore gli costò caro!
Il colpo di scena
Il libro uscì nel febbraio 1632 con un titolo imponente nella
sua lunghezza: Dialogo dove ne i congressi di quattro giornate si
discorre sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e
copernicano, proponendo indeterminatamente le ragioni filosofiche
e naturali tanto per luna quanto per laltra parte. Si
constata che questo titolo riproduce fedelmente le preoccupazioni
del papa, promettendo unesposizione rigorosamente neutrale.
Si ve- de anche che Galileo passa deliberatamente sotto silenzio
un terzo sistema del mondo, quello di Tycho Brahe.
In quel tempo, i libri pubblicati non erano immessi tutti in una
volta sola sul mercato, ma la diffusione avveniva
progressivamente. Avvenne così per il Dialogo. Questo arrivò a
Roma a partire dal febbraio 1632, e le alte personalità furono
servite per prime. Nella primavera del 1632 ci fu un colpo di
scena che nessuno aveva previsto. Il papa fu preso da violenta
collera e chiese che fossero prese delle misure immediate contro
la diffusione del Dialogo. Il 25 luglio padre Riccardi diede
ordine allinquisitore di Firenze di fare tutto il possibile
per impedire che i libri uscissero da Firenze in vista, egli
dice, di uneventuale correzione. Lordine arrivò
troppo tardi; quando gli inquisitori si presentarono dallo
stampatore, il 10 agosto, poterono solo costatare che le copie
disponibili erano tutte partite. Il padre Riccardi cercò di
bloccare la diffusione a Roma stessa, ma fu un nuovo insuccesso.
A partire da quel momento, gli avvenimenti cominciarono a
precipitare.
Il
processo