SCOPERTE ASTRONOMICHE


Da Sidereus Nuncius
“[...] Circa dieci mesi fa giunse alle nostre orecchie che un certo Fiammingo aveva fabbricato un occhiale, mediante il quale gli oggetti visibili, per quanto molto distanti dall’occhio dell’osservatore, si vedevano distintamente come fossero vicini; e di questo effetto, davvero mirabile, si raccontavano alcune esperienze, alle quali chi prestava fede, chi la negava. La medesima cosa pochi giorni dopo mi fu confermata per lettera da un nobile Francese, Jacopo Badovere, da Parigi; il che fu in fine il motivo che mi spinse ad applicarmi tutto a ricercarne le ragioni, e ad escogitare i mezzi per i quali io potessi giungere all’invenzione di un simile strumento; invenzione che conseguii poco dopo, fondandomi sulla dottrina delle rifrazioni. E prima di tutto mi preparai un tubo di piombo, alle cui estremità applicai due lenti, ambedue piane da una parte, dall’altra invece une convessa euna concava; accostando poi l’occhio alla concava, scorsi gli oggetti abbastanza grandi e vicini poichè apparivano tre volte più vicini e nove volte più grandi di quanto si guardavano con la sola vista naturale.”

Nel 1609 Galileo mostra ai senatori veneti la sua nuova invenzione: il cannocchiale, con il quale riescono a vedere Padova dal campanile di San Marco; per questo viene premiato con un posto fisso all’università. In seguito costruisce un altro cannocchiale che riesce ad ingrandire di venti volte e lo punta in cielo. Cosi’ scopre un intero cosmo e scrive un libro sulle sue scoperte astronomiche: il “Sidereus Nuncius”(Messaggero delle stelle).Nella sua prima osservazione guarda la luna, le cui strane macchie provano che le caratteristiche della sua superficie non appaiono poi cosi’ diverse da quelle della terra..Egli suppone che le aree scure siano mari; poi scopre i crateri e le catene montuose. Riesce a riconoscere il motivo per cui la linea dell’ombra che scorre con le fasi lunari attraverso la sua superficie rende ben visibili le montagne e le valli circolari(così Galileo chiama i crateri) sparse per tutta la superficie. Galileo descrive queste montagne e le valli come macchie rotonde, con una frangia nera sul bordo rivolto verso il sole, mentre l’altro bordo è illuminato: sono valli circolari, circondate da una catena di montagne che oggi chiamiamo crateri e l’estensione delle regioni piatte. Disegna tutto quello che osserva, calcola l’altezza delle montagne considerando la lunghezza delle loro onde; per alcune ricava un altezza di 7000 metri che è ben superiore a quella di tutte le montagne terrestri conosciute all’epoca. Le osservazioni dopo la luna nuova gli fanno scoprire la luna cinerea (luce grigiastra che copre il resto della luna quando la parte illuminata è una falce sottile, poco prima o poco dopo la fase di luna nuova). Comincia col dimostrare che questa luce non è prodotta nè dalla luna(altrimenti la si vadrebbe durante le eclissi) nè dalle stelle, nè dai raggi del Sole “attravarsanti la luna”, come era stato suggerito da alcuni autori. Allora la terra illumina la luna che quando rivolge verso di noi la sua metà all’ombra la terra rivolge verso la luna proprio la sua metà illuminata: la luce cinerea non è altro che “ il chiaro di terra sulla luna”! Dopo aver provato che la luna è montuosa come la terra, Galileo afferma dunque che quest’ultima è luminosa come la luna, cioè che l’una e l’altra riflettono la luce del sole.


Dall’ Epistolario Lettera a Gallanzone Gallanzoni
Firenze, 16 luglio 1611
[...] Hora, per dire brevemente quanto mi occorre, dico che io ho sin qui, insieme con tutti i filosofi et astronomi passati, chiamo Luna quel corpo, il quale, sendo per natura atto a ricevere et ritenere, senza trasmettere, il lume del sole, alla vista del quale egli è continuamente esposto, si rende per tanto a noi visibile sotto diverse figure, secondo che egli è in varie posizioni situato rispetto al sole et noi, le quali figure, hora falcate, hora semicircolari et hora rotonde, ci rendono sicuri, quello essere globoso et sferico: et di questo tale corpo, dal sole illuminato et da noi veduto, hanno sin qui la maggior parte de i filosofi creduto che la superficie fosse pulita, tersa et assolutissimamente sferica; et se alcuno disse di credere che ella fusse aspra e montuosa, fu reputato parlare più presto favolosamente che filosoficamente. Hora io di questo istesso corpo lunare, da noi veduto mediante la illuminazione del sole, asseriscoil primo, non più per immaginazione, ma per sensata esperienza et per necessaria dimostrazione, che egli è di superficie piena di innumerabili cavità et eminenze, tanto rilevate che di gran lunga superano le terrene montuosità. [...] ma vengono, in sustanza del loro discorso a dire che la Luna sia hora non solamente quel globo che noi sensatamente con gl’occhi veggiamo et sin qui havevamo veduto, ma che, oltre al veduto da gl’huomini, vi è intorno un certo ambiente trasparentissimo, a guisa di cristallo o diamante, totalmente impercettibile dai sensi nostri, il quale, empiendo tutte le cavità et cimando le più alte eminenze lunari, cinge intorno quel primo et visibile corpo, et termina in una liscia et pulitissima superficie sferica, non vietando intanto il passaggio ai raggi del sole, sì che eglino possino nelle sommerse momtuosità riflettere et dalle parti avesse causare le proiezione delle ombre, rendendo intanto l’antica luna il senso nostro suggetta [...] pur che con pari cortesia sia permesso a me dire che questo cristallo ha nella sua superficie grandissimo numero di montagne immense, le quali, per essere di sustanza diafana, non possono da noi essere vedute et così potrò io figurarmi un’altra Luna dieci volte più montuosa della prima. [...]

Nella seconda osservazione guarda il cielo stellato e scopre che le stelle fisse sono più distanti dei pianeti.

Da Sidereus Nuncius
“[...] Gran cosa è certo l’aggiungere, oltre la numerosa moltitudine di stelle fisse fino ai giorni nostri si son potute scorgere con la naturale facoltà visiva, altri innumerevoli stelle non mai scorte prima d’ora, ed esporle attentamente alla vista in numero più che dieci volte maggiore di quelle antiche già note. [...]”

Disegna la costellazione di Orione e si stupisce del gran numero di stelle visibili.
Costruisce anche una mappa della regione della nebulosa introducendo nuove stelle; il gruppo delle Pleiadi gliene svela quaranta.
In seguito punta il cannocchiale sulla via Lattea dove vede moltissime stelle; con queste scoperte finisce l’epoca del piccolo cosmo geocentrico e inizia quella della scoperta delle galassie.
Nel 1610 usa un cannocchiale da trenta ingrandimenti e osserva Giove puntando la sua attenzione sulle tre stelline più vicine al pianeta. Le segue per alcune settimane scoprendone una quarta e nota che esse scompaiono e riappaiono ad intervalli, ma sempre accompagnando Giove lungo la sua traiettoria celeste. Rappresenta il pianeta come una lettera “O” un pò schiacciata e scopre che le quattro stelline sono satelliti che chiama Medicei in onore della famiglia de’Medici, ma che sono conosciuti come satelliti galileiani (Io, Europa, Ganimede e Callisto).

Da Sidereus Nuncius
“ Pertanto il girno 7 Gennaio del corrente anno 1610, alla prima ora della notte, mentre guardavo gli astri celesti col cannocchiale, mi si presentò Giove; e poichè mi ero preparato uno strumento proprio eccellente, m’accorsi [...] che gli stavano accanto tre stelline, piccole invero ma pur lucentissime; [...] e la loro disposizione sia rispetto loro stesse che a Giove era la seguente: est**O*ovest
[...] Ma essendo io tornato, non so da quale fato condotto, alla medesima indagine il giorno 8, trovai una disposizione molto diversa: erano infatti le tre stelline tutte occidentali rispetto a Giove est O***ovest
Le due notti seguenti il cielo è nuvoloso, così il 10 Gennaio osservo: est**O ovest”

Quindi Galileo è chiamato a Roma per le sue scoperte.
Osserva poi le fasi del pianeta Venere, regolari e analoghe a quelle della luna: ciò può significare che Venere orbiti intorno al sole e che la sua luce sia riflessa.

Da Galileo Galilei - Lettere, cit. Lettera a Giuliano de’Medici in Praga
Firenze,1 gennaio 1611
Ill.mo et Rever.mo Sig.re mio Coll.mo, è tempo che io decifri V.S. Ill.ma e R.ma e per lei al S.Keplero, le lettere trasporte, le quali alcune settimane sono gli inviai; è tempo, dico, già che sono interessimamente chiaro della verità del fatto, sì che non ci resta un minimo scrupolo o dubbio.
Sapranno dunque come, circa tre mesi fa, vedendosi Venere vespertina, la cominciai ad osservare diligentemente con l’occhiale, per vedere col senso stesso quello di che non dubitava l’intelletto. La veddi dunque, sul principio di figura rotonda, pulita e terminata, ma molto piccola: di tal figura si mantenne sino che cominciò ad avvicinarsi alla sua massima digressione, tuttavia andò crescendo in mole. Cominciò poi a mancare dalla rotondità nella sua parte orientale e aversa al sole, e in pochi giorni si ridusse ad essere un mezzo cerchio perfettissimo; e tale si mantenne, senza punto alterarsi, sin che incominciò a ritirarsi verso il sole, allontanandosi dalla tangente. Ora va calando dal mezzo cerchio et si mostra cornicolata, e anderà assottigliandosi sino all’occultazione, riducendosi allora con corna sottilissime; quindi, passando ad apparizione mattutina, la vedremo pur falcata e sottilissima, e con le corna averse al sole; anderà poi crescendo sino alla massima digressione, dove sarà semicircolare, e tale, senza alterarsi, si manterràper molti giorni; e poi dal mezzo cerchio passerà presto al tutto tondo, e così rotonda si conserverà poi per molti mesi. Ma è il suo diametro adesso cinque volte maggiore di quello che si mostrava nella sua prima apparizione vespertina; dalla quale mirabile esperienza aviamo sensata, e certa dimostrazione di due gran questioni, state sin qui dubbie tra’ maggiori insegni del mondo. L’una è, che i pianeti tutti sono di loro natura tenebrosi: l’altra che Venere necessariamente si volge intorno al sole, come anco Mercurio e tutto gli altri pianeti, cosa ben creduta dai Pittagorici, Copernico, Keplero e me, ma non sensatamente provata, come ora in Venere e Mercurio.[...]Le parole dunque che mandai trasposte, e che dicevano “Haec immatura a me iam frustra leguntur o y”, ordinate “Cynthiae figuras aemulatyr mater amorum”, ciò che è Venere imita le figure della Luna.
Osservai tre notti sono l’eclisse e nella quale non vi è cosa notabile:solo si vede il taglio dell’ombra indistinto, confuso e come annebbiato, e questo per derivare essa ombra da la terra, lontanissimamente da essa luna.
Favoriscami salutare in mio nome i signori Keplero, Asdale e Segheti; e a V.S.Ill.ma con ogni reverenza bacio le mani, e dal S.Dio gli prego felicità.”

Così arriva ad una conclusione: la teoria copernicana è l’unica in grado di spiegare i fenomeni studiati.
Osserva anche che sulla superficie del sole sono presenti delle macchie che si spostano con un moto uniforme da ovest ad est, denunciando che il sole ruota su se stesso. Il periodo di rotazione osservato dalla terra è di 27,25 giorni. Ma, poichè in questo tempo la terra percorre quasi un dodicesimo della sua orbita, il nostro punto di vista cambia; tenendo conto della necessaria correzione, la rotazione effettiva del sole avviene in 23,35 giorni. In particolare, dallo studio delle macchie solari, Galileo trae la convinzione che esse consistano in addensamenti caliginosi analoghi alle nostre nuvole, che offuscano corrompendolo il disco del Sole, mostrando anche in questo caso, e in rapporto al più luminoso e perfetto degli astri, quanto infondata sia l’idea dell’incorruttibilità che distinguerebbe dalla terra gli altri corpi celesti.
E’ il primo a notare che intorno al globo di Saturno c’è qualcosa e rimane sconcertato dalle sue osservazioni telescopiche del pianeta.

Purtroppo nemmeno il migliore dei suoi cannocchiali ha la potenza ottica sufficiente a mostrare chiaramente la natura degli anelli. Galileo pensa a due satelliti. Negli anni seguenti l’anello si dispone di taglio, rendendo ancora più problematiche le osservazioni di Galileo. In seguito diversi astronomi cercano di risolvere l’arcano, ma per questo si deve attendere il 1655, tredici anni dopo la morte di Galileo.

Da Galileo Galilei-Lettere a Giuliano de’Medici in Praga
Firenze, 13 Novembre 1610
[...] Questo è, che Saturno, con mia grandissime ammiratione, ho osservato essere non una stella sola, ma tre insieme, le quali quasi si toccano; sono tra di loro totalmente immobili, e costituite in questa guisa oOo; quella in mezzo è assai più grande delle laterali; sono situate una da oriente e l’altra da occidente, nella medesime linea retta a cappello; non sono giustamente secondo la drittura del zodiaco, ma la occidentale si aleva al quanto verso borea; forse sono parallele all’equinoziale: Se si riguarderanno con un occhiale che non sia di grandissime moltiplicazione, non appariranno tre stelle ben distinte, ma parrà che Saturno sia una stella lunghetta in forma di una uliva; ma servendosi di un occhiale che moltiplichi più di mille volte in superficie, si vedranno li tre globi distintissimi, e che quasi si toccano non apparendo tra essi maggior divisione di un sottil filo scuro. Or ecco trovata la corte a Giove, e due servi e questo vecchio, che l’aiutano a camminare nè mai se gli staccano dal fianco.[...]

Nel Dicembre 1612 e nel Gennaio 1613, mentre osservava Giove, il pisano registrò una stella vicino a Giove: Nettuno! Galileo scrive che secondo lui la posizione di questa stella vari.
Esprime le sue opinioni anche nel “Saggiatore” nel 1613 che contiene un’interpretazione non corretta del fenomeno delle comete.

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