Hanno collaborato alla creazione di questo numero:
Giovanni Pieri & Lorenzo
Bagnoli, Marco Parma (per gli amici “il
preside
”), Giuseppe Schiavone, Andrea Cirella, Davide Cipolla, Maurizio
Capone, Giulia Ferrari, il computer di casa Pieri (che ha dato i
numeri), Pippo, Topolino e Pluto.
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Gli studenti di Curlandia
Gli studenti di Curlandia sono
in agitazione da un mese, e non mollano. Contrariamente agli scorsi
anni, la discussione sul giornale della scuola e la prima settimana di
studio autogestito non sono finite in un clima di stanchezza: anzi, hanno
offerto spunti per continuare ad approfondire alcuni temi che i ragazzi
definiscono strategici e su cui vogliono vederci chiaro una volta per
tutte.
« Nei nostri collettivi siamo partiti da un punto fermo» dice Wolf,
che fa parte del gruppo dei più impegnati nell’Istituto Superiore
“Voltaire” di Dago di Curlandia, che ci ospita per questa chiaccherata
con gli studenti «abbiamo detto basta con le parole d’ordine
preconfezionate dagli adulti. Intendiamoci: la riforma della scuola sarà
anche una faccenda seria, ma a noi non interessa la scuola di domani o
dopodomani, a noi interessa quello che succede in classe, adesso».
«Secondo punto fermo» gli fa eco Alina «è stato il rifiuto
della politicizzazione. Tutti sanno che partiti e sindacati
strumentalizzano la nostra protesta, e questo di per sé allontana tutti
quelli che non appartengono a una certa area ideologica. Invece il
collettivo o l’autogestione non devono essere rossi o neri, devono
essere momenti in cui studiamo e discutiamo quello che davvero ci
interessa, senza aderire a formule preconfezionate».
«C’è
un terzo caposaldo» soggiunge Tony «ed è che abbiamo deciso di
dimostrare di avere la capacità di produrre risultati concreti e di
avanzare alla scuola richieste ben precise, sulle quali non vogliamo
transigere, perché la scuola non può darci il servizio che vuole, senza
contrattarlo con noi, senza che noi siamo convinti di quello che facciamo.
Negli anni scorsi, passata la settimana era tutto finito e non restavano
tracce; adesso no, la musica è cambiata».
«Effettivamente i ragazzi hanno presentato alcune precise richieste» ammette
il professor Markus, preside della scuola
«come quella di seguire alcune lezioni di economia sul tema
delle pensioni». Non è un po’ presto per occuparsene? «Certamente»
replica il
preside
«ma loro hanno giustificato la loro richiesta dicendo che il patto
fra le generazioni oggi è iniquo e loro vogliono capire meglio come
stanno le cose».
«È vero» conferma Alina. «Sui giornali si legge sempre di
questa benedetta riforma delle pensioni: alla fine, sindacati e Lega
Curlanda, destra e sinistra, tutti dicono di no per paura di perdere voti;
però dicono anche che i conti non tornano. E siccome i conti noi li
dovremo pagare, vogliamo vederci chiaro».
Il
preside
Markus è preoccupato, perché dal Ministero dell’Educazione Nazionale
continuano a chiedergli relazioni su relazioni, su quello che sta
succedendo, e gli studenti, per tornare in classe, stanno ponendo
condizioni molto dure. «Io come al solito sto in mezzo. Questi qua
sono determinati; i genitori tutto sommato o se ne fregano o li
sostengono; di farli tornare in classe non c’è verso. Accettare le loro
condizioni è impossibile...» Perché? «Perché questi sono
impazziti. Vogliono studiare, è vero: ma pretendono di essere esonerati
dalle lezioni che giudicano inutili. Dentro l’insegnante e fuori loro, a
studiare da soli altre cose decise da loro! Mi capisce? Il Ministro mi
dice di trattare e di convincerli; e dice che se non ci riesco è colpa
mia…».
«È inutile che il
preside
si arrabbi» replica, un po’ risentita, Giuliana «Se ci sono
lezioni in cui si gioca a carte, è meglio uscire dall’ipocrisia, e non
farle. E lo stesso se ci sono lezioni in cui si mandano a memoria delle
cose senza capirle. Io ho il dovere di stare a scuola solo se imparo a
ragionare con la mia testa ».
Su questo tema le puntualizzazioni dei ragazzi sono molte. Le riassume
per tutti Alex: «In uno dei nostri gruppi di studio abbiamo studiato
il problema della perdita di competitività della Curlandia; abbiamo
capito, fra l’altro, che il nostro declino va di pari passo con la
nostra perdita di ruolo nella società della conoscenza; che questo
declino ha a che fare con la qualità della formazione; e che, quindi, nel
nostro interesse e per il nostro futuro, non possiamo più accettare lo
scambio al ribasso che ci propone la scuola: poco ti diamo, e poco studio
ti chiediamo. Basta con la scuola di massa di basso livello. Basta con i
professori che non amano il loro mestiere o non lo sanno fare. E nei
contenuti dello studio vogliamo mettere il naso, come no. Si dice che la
scienza e la tecnica sono decisive per competere a livello internazionale,
e poi non le studiamo!».
Riferiamo tutto questo al
preside
, che, alla fine, sbotta: «Guardi, io ho compiuto cinquant’anni e li
ho passati quasi tutti dentro la scuola. Ne ho viste di tutti i colori,
però sinceramente quest’anno c’è qualcosa di nuovo: determinazione,
autonomia di pensiero, libertà dagli schemi precostituiti. Non rientrano
nei ranghi, perché dicono di aver capìto che la promozione che regala
loro la scuola è una presa in giro, perché “dentro” non ci sono i
saperi; non si lasciano guidare, né condizionare da partiti, sindacati e
organizzazioni studentesche legate ai partiti. Dicono che questo mondo
dominato dai vecchi vogliono spazzarlo via, prima che sia troppo tardi...».
«Dica la verità,
preside
: tutto sommato questa cosa non le dispiace, la fa sentire più
giovane…». «Per carità! Non vorrei mai tornare alla loro età, ero
così confuso e infelice…E poi si metta nei miei panni: discutere con
loro sarà anche divertente, ma tengo famiglia e sono sotto ispezione,
perché tutto questo dibattito è cominciato sul giornalino della scuola,
stampato a cura e spese dell’Istituto…». «Di che cosa ha paura,
preside
?». «Non so come andrà a finire; spero solo che mi mandino in un
paese di montagna, e che quest’incubo finisca…»n,
Marco Parma
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