Pomeriggio
in centro
di
Davide Cipolla
Poche
nuvole in cielo coprivano l’acceso sole di un maggio caldissimo,
regalando un po’ di fresco alle persone che camminava per le intasate
vie del centro. Specialmente per Alex e Max.
Si mischiavano nella folla, amavano farlo. Osservare gli occhi della
gente intenta alle solite pratiche li faceva pensare. Soprattutto al
primo, al pensatore, al filosofo.
Vedeva sguardi felici, sguardi tristi, sguardi preoccupati. E tra loro
cercava solamente se quella persona che aveva una luce diversa negli
occhi, diversa dal solito. Voleva sapere se qualcuno di loro, nonostante
problemi che portava la giornata, era veramente felice. Ormai erano
parecchi giorni che pensava. Pensava e non trovava risposta. Cosa vuol
dire essere felici? Vuol dire realizzare i propri sogni?
Alex avrebbe voluto fermare a una a una tutte le persone che passavano,
per chiedere a loro se erano veramente felici, se avevano voglia di
tornare indietro per cambiare qualcosa, se erano contenti per le scelte
fatte. Per lui, tutte quelle facce, anche se ridevano, stavano
piangendo. Lacrime di tristezza, di insoddisfazione.
Non voleva finire così.
Avrebbe voluto crescere e fare finalmente ciò che aveva sempre sognato:
fare l’avvocato, costruirsi una famiglia, prendere una casa al mare e
un’auto sportiva. Tutti desideri materiali che gli altri potevano aver
avuto. E probabilmente avevano.
E allora perché non erano felici? Cosa cercavano? Cosa aspettavano?
Cosa volevano?
Max gli camminava a fianco parlando del più e del meno, di argomenti
dove tutti i ragazzi “normali” facevano nascere accese
conversazioni. Non lui. Lui, il diverso, l’anormale non si divertiva a
parlare di quelle frivolezze. Max lo sapeva, ma faceva orecchie da
mercante.
Come al solito Alex non lo ascoltava e guardava avanti.
Un bagliore.
Una luce diversa dalle altre.
Un bambino, di qualche mese, in braccio alla
madre gli stava sorridendo.
Il giovane si fermò. Tutte le idee che si era fatto fino a quel momento
si incrinarono. Ora voleva veramente fare quella domanda a Max, aveva
trovato il coraggio di parlare di cose da adulti.
“Max…”
il coetaneo si arrestò
“Max, tu sei felice?”
l’amico lo guardò, prima di scoppiare in una fragorosa risata.
“Certo che ne fai di domande cretine tu eh…” si girò e riprese a
camminare
Alex abbassò lo sguardo. Una goccia gli cadde vicino alla scarpa, prese
a piovere. Il ragazzo raggelò nel sentire le gocce a contatto con la
pelle. Gli era sempre piaciuta la pioggia addosso, ma in quel momento
aveva freddo, nonostante fosse caldo, nonostante fosse maggio.
Si sentì estraniato. Ormai credeva di essere l’unico a pensare a
quelle cose. l’unico a farsi domande di quel tipo. Avrebbe facilmente
potuto far finta di niente e parlare di cose da ragazzi, ma non si
sarebbe sentito felice. Si sentiva solo.
Anima sola in un deserto di persone.
Il giovane rialzò lo sguardo e si mise a camminare.
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