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Dicembre 2003 - Viaggio alla scoperta dei fondamenti irrazionali ed etici di Babbo Natale | ||
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Buon Natale |
TIRIAMO
LE SOMME DI TRE MESI DI VITA
Sono molto felice di come sia stato accolto il nuovo giornalino. E parlo anche a nome di quel pisquano di Giovanni Pieri, l’altro responsabile, grafico a tempo perso e inventore di Pico, oltre che scugnizzo e factotum al sevizio della causa. Termino qui il mio spassionato elogio al buon amico capo redattore e a tutte le persone che ci hanno aiutato nel progetto "La Curiera" perché lo scopo principale di questo articolo non è di farci dell’autopubblicità (ma il fine secondario è proprio questo…) bensì quello di puntualizzare lo scopo di questo ammasso cartaceo imbrattato dalle personalità più indecenti che abitano quella gabbia di matti che è la nostra scuola. Quando
il buon Giò ed io ci siamo autoeletti capo redattori del rotocalco
scolastico, avevamo l’idea di aggiungere alle immancabili bischerate,
che con personaggi del calibro di Stantuffo non possono non essere
pubblicate, anche una parte che definirei passionale ed eterea,
contenente i sogni, le delusioni, le incazzature, le riflessioni e le
visioni psicopatiche del popolo studentesco. Quella parte astratta e
concettuale del giornalino ha come presuntuoso e illuso scopo quello di
far prestare attenzioni a tematiche comuni ai giovani. Giusto per fare
qualche esempio: il mio racconto di Marta e Simone voleva essere il
manifesto di una storia d’amore fuori dai tempi moderni e gelosa
dell’intimità del rapporto. Voleva mostrare una possibile alternativa
alle storie mordi e fuggi, fatte di reticenze e sospetti, passeggere. L’articolo
“Guerre e bandiere” del Pieri nazionale era un’osservazione
riguardo l’inconsistenza degli ideali di alcuni pseudo-pacifisti per i
quali l’appendere la bandiera della pace è stato più che altro un
fenomeno di costume. E’
evidente che ogni pezzo ha una sua storia e un suo significato, che sta
a voi cogliere. Con questo disilludo la massa che Matteo Serafini, nella
sua “Lettera alla redazione”, denominava “studente medio
incolto”, che sperava in un giornalino privo di contenuti, straripante
di stronzate, che si può leggere anche col cervello scollegato.
Oltretutto non è richiesto un incredibile sforzo di meningi, ma solo
una predisposizione a percepire gli input che l’autore del pezzo tenta
di trasmettere. Per quanto mi riguarda l’esperienza giornalistica che fin ora ho vissuto è stata grandiosa e mi ha dato l’opportunità di esprimermi liberamente. E non ho intenzione di smettere… |