Dal 1912 Stalin, il cui vero nome era Iosif Vissarionovič Džugašvili (in russo: Ио́сиф Виссарио́нович Джугашви́ли), iniziò ad firmarsi con il nome di “uomo d’acciaio”, pseudonimo con il quale voleva sottolineare la propria forza di volontà che lo contraddistingueva dagli altri compagni del partito. Era un uomo di umili origini e aveva abbandonato gli studi teologici per dedicarsi alle teorie di Marx e Lenin.
Prendeva parte a riunioni segrete di organizzazioni politiche antizariste e, per questo, venne arrestato ben sette volte . Nel 1917 tornò in patria dopo un periodo di esilio e insieme a Kamenev diresse un quotidiano di orientamento bolscevico. Né Trockij né Lenin avevano molta stima nei suoi confronti e tentarono di ostacolare la sua “ascesa” al potere. Nonostante ciò, proprio grazie al ruolo che aveva assunto all’interno del partito, Stalin ebbe la meglio sui suoi oppositori.
Per raggiungere il successo egli applicava quattro regole personali:
- ogni metodo è giustificabile se aiuta a raggiungere il successo;
- gli uomini devono essere messi da parte quando non servono più;
- le alleanze sono fatte per essere rotte;
- le idee non hanno valore, se non sono legate al potere.
Siccome si sentiva in condizioni di inferiorità rispetto agli altri membri del partito, iniziò a studiare a fondo per ampliare la propria cultura, si interessò alla storia e alla filosofia; cercò poi di superare la propria paura di parlare in pubblico. I discorsi di Stalin erano comunque molto schematici: ciò faceva molta presa sul pubblico che considerava questo fatto un segno di grande saggezza. Inoltre le sue apparizioni erano molto rare e per questo più sentite dal pubblico. Tutto ciò era stato pensato con il fine di creare un mito attorno alla sua figura.
La sua spietatezza era però un dato di fatto. Molti documenti dimostrano come egli eliminasse i “nemici del popolo” con estrema facilità, senza risparmiare neppure i parenti. Ma tutto ciò era possibile anche a causa dei collaboratori che non si opposero mai alle sue decisioni e non si preoccuparono mai di provare a frenare un uomo che si stava dimostrando a tutti gli effetti un dittatore. Questa incondizionata obbedienza aveva però un secondo fine: solo così gli uomini più vicini a Stalin riuscirono a sfuggire alle purghe.
Stalin fu anche protagonista di un triste primato, quello di far uccidere in un solo giorno più di 3000 persone di cui non conosceva né i reati né le accuse: pronunciò la condanna come se fosse una pura formalità.
Il dittatore morì per emorragia celebrale il 5 marzo 1953, senza mai pentirsi o rinnegare le sue opere crudeli.
Chiara C.