“L’ignoranza fa giustamente chiamare schiavi gli uomini”: con questa frase, riportata nei Memorabili di Senofonte, Socrate secondo me non vuole alludere alla schiavitù in senso stretto, ma ad una schiavitù diversa, una schiavitù dell’animo, come del resto non vuole alludere all’ignoranza del povero analfabeta.
L’ignoranza a cui Socrate fa cenno ha infatti origine dal non conoscere se stessi. C’è da sottolineare però che, seppur la conoscenza sia ovviamente preferibile all’ignoranza, non è possibile arrivare ad una piena e vera conoscenza di noi stessi e della verità: la parte conscia dell’uomo, dice Sigmund Freud, è solo la punta dell’iceberg che emerge dal mare. Quella, seppur piccola, conoscenza che raggiugiamo è però molto importante: ci permette infatti di fare una distinzione su ciò che è Bene e cio che è Male. Bisogna tuttavia rammentare che questa “porzione di verità” che abbiamo faticosamente raggiunto va poi discussa con le altre persone attraverso il dialogo, l’unico strumento per avvalorare e trovare i punti critici del ragionamento. Gli uomini possono quindi essere depositari della verità, ma non da soli. Gli uomini “ignoranti” invece, che non hanno una sufficiente conoscenza della verità che risiede in loro, sono più portati a compiere il Male, proprio perchè non sanno che cosa esso sia. Ma l’ignoranza rende questi ultimi, oltre che malvagi, anche schiavi?
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