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Life in the trenches: la vita nelle trincee

Adelaide Baccara, Dario Comini, Tancredi Covioli, Sara Palleroni
Present

Life in the trenches
La vita nelle trincee

In collaboration with
Biblioteca per ragazzi Rozzano
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In Trenches

Have you ever wondered what life in trenches was like during World War I? History books often hide it.

Com’era la vita nelle trincee al tempo della Grande Guerra? I libri di storia spesso tralasciano gli aspetti della vita quotidiana dei soldati e dei civili, ponendo l’attenzione solo sulle battaglie e sugli eventi principali.

Soldiers had to live in really difficult conditions, with a lot of problems, such as the lack of a bed or a shelter in rainy days

I soldati, oltre a combattere, dovevano vivere nelle trincee e convivere con molte problematiche, come la mancanza di un letto o di un riparo nei giorni di pioggia. Situazioni di disagio e di sofferenza che si riflettevano poi anche nelle persone comuni, nelle donne, nei giovani, negli anziani e nei bambini di tutta Italia, che videro i propri figli, mariti o padri partire per il fronte e spesso non tornare.

Everyone believed that it would have been a blitzkrieg. Actually trenches started to be built some weeks after the start of the war in the whole continent, from northern France to eastern Europe. In Italy they appeared on the plains and in the mountains.

Tutti erano convinti che si sarebbe trattata di una guerra veloce. Invece, dopo poche settimane, i diversi fronti europei si stabilizzarono ed iniziarono ad essere scavate centinaia di chilometri di trincee, dal nord della Francia fino all’Europa orientale, nell’attuale Polonia e nei Balcani. È spaventoso pensare che la lunghezza totale delle trincee avrebbe potuto circondare la Terra. Questi lunghi corridoi, profondi poco meno di due metri, comparvero da subito anche sul fronte italiano, in pianura, sull’altopiano carsico e in alta montagna, in mezzo alla neve.

How were trenches built? And what was soldiers’ life like?

Nasce quindi spontaneo chiedersi come vennero costruite le trincee, quale fosse la vita di un soldato al loro interno, come dormissero, mangiassero, e quali fossero i problemi di tutti i giorni. In molte testimonianze si possono leggere gli stati d’animo, le emozioni, le paure, la voglia di scappare da quell’inferno.

Men had to live with the fear of death and so religion was the only way to escape that hell. Military chaplains and priests sided with the soldiers in the rear lines in everyday’s life.

La vita sul fronte costrinse gli uomini a convivere continuamente con la presenza della morte. Appare naturale, in mezzo a questa situazione irreale, la presenza della religione, vissuta come fede o più semplicemente come superstizione.
Questa necessità nella vita di un soldato fu risolta dalla presenza dei cappellani militari nell’esercito e dalla massiccia distribuzione di santini e materiale devozionale. Oltre 2200 cappellani militari ingrossarono le file dell’esercito, a cui si aggiunsero anche i preti ed i chierici arruolati nelle retrovie. È curioso che il giorno di Natale del 1914 ci fu una tregua spontanea sul fronte occidentale. I successivi tentativi di cessate il fuoco, tuttavia, vennero soppressi dagli ufficiali.

One of the most important problems was food, both for civilians and soldiers. The quality of meals was terrible, the quantity was pretty scarce. Besides, the quality of drinkable water was very poor, which caused many soldiers to die.

Uno dei grandi problemi durante la Grande Guerra fu quello dell’alimentazione, sia per la popolazione civile che per i militari. Le famiglie nelle retrovie furono vittime di carestie e di malattie dovute a carenze alimentari gravi (come la pellagra), mentre il rancio dei soldati diventava ogni giorno più esiguo e scadente. La scarsa qualità era dovuta alla scelta di cucinare i pasti nelle retrovie e trasportarli durante la notte verso le linee avanzate. Il problema della qualità, tuttavia, era parzialmente sopperito dalle quantità distribuite. Infatti, l’esercito italiano dava ogni giorno ai suoi soldati 600 grammi di pane, 100 grammi di carne e pasta (o riso), frutta e verdura (a volte), un quarto di vino e del caffè. L’acqua potabile invece era un problema e raramente superava il mezzo litro al giorno.

Soldato Che Dorme In Trincea

Shoes were unsuitable due to mud and stony ground. Wounds and frostbites were quite usual. Soldiers were often obliged to create bed shelters in uncovered holes and to sleep stuck together to warm up their bodies.

I problemi erano numerosi anche quando le armi tacevano. Le scarpe erano del tutto inadatte per resistere al fango o al terreno pietroso e questo provocava dei seri problemi ai piedi dei soldati. Le ferite erano frequenti, così come i congelamenti. Le borracce per l’acqua erano di legno, mentre le tende per dormire (quando c’erano) erano inutilizzabili con la pioggia. Molto spesso i soldati furono costretti a crearsi degli alloggi di fortuna per la notte, in buche coperte da un semplice telo, in anfratti del terreno dove si dormiva gli uni attaccati agli altri per disperdere il meno calore possibile. Continua la lettura di Life in the trenches: la vita nelle trincee

Nationalists: a threat for power

Gavrilo Princip
Gavrilo Princip

The 28th of June 1914 Gavrilo Princip, a Serbian nationalist, killed the archduke Francis Ferdinand, who was heir to the throne in Austria, and his wife while they were visiting the city of Sarajevo. After a month Austria declared war to Serbia. Before the First World War, Europe was facing a very complicated situation due to political, economical and military problems.
Lots of nationalist tendencies were beginning to spread across the continent in early 1900. Furthermore there were secret societies in Serbia that wanted to abolish the Austria-Hungarian empire with a revolutionary act. The members of these societies were called “Young Bosnians”. They believed they could have stopped the Habsburg domination with a political murder. Already in 1910, Bogdan Zarajič, leader of the “Young Bosnians”, decided to kill the emperor Francesco Giuseppe in Monstar, but he changed his mind at last. Some days later he shot the governor of Bosnia.
So when the “Young Bosnians” discovered that the archduke Francis Ferdinand was going to visit Sarajevo, they thought that killing him would have been a great way to reach their goal.
When Francis Ferdinand went to witness the military manoeuvres in Bosnia, a first guy threw a grenade at their car. The attempt wasn’t successful as only some of the soldiers were wounded. But while the archduke was headed to see his soldiers in the hospital, Gavrilo Princip seized the moment and shot both the archduke and his wife killing them instantaneously. The killer was immediately arrested by the guards.
In a different political situation in Europe, this act would have only lead to a war in the Balkans or in Central Europe.
Unfortunately within days the conflict became of much bigger dimensions when the tsar of Russia, who was allied with France and Great Britain (Triple Entente), prepared the troops to send for the war. On the other hand, Germany, counting on the power of its Alliance with Italy and Austria (the Triple Alliance), responded by preparing its own troops. The tension created served as the trigger for the biggest war that the World had ever seen.
In Albert Mousset’s book L’attentat de Sarajevo : un drame historique : documents inedits et texte integral des stenogrammes du proces, Paris, Payot, 1930 is written that Gavrilo Princip during the trial said:  “I’m not a criminal, because I killed an evil man. I’m a nationalist from Yugoslavia. I want to unite all the Yugoslavians and free them from the Austrian domination which is bad for our country.”

In the past there had already been other attempted murders to the authorities in different countries. For example the one involving the king Umberto I who was shot in July 1900 by the anarchic Gaetano Bresci.

In general revolutionaries use assassinations to oppose the power, but only in a few cases they succeed in their purpose.

La Guerra Bianca – White War

Donadei, Nardon, Santagata, Selleri

Il monte Vioz visto da una trincea - foto di Daniele Nardon
Monte Vioz visto dalla trincea – Monte Vioz seen from a trench

La Guerra Bianca

Come è ben noto, la Prima Guerra Mondiale, conflitto dalle cause più varie, fu caratterizzato da tragici eventi, propri di uno scontro armato di dimensioni globali, e da conseguenze devastanti, che hanno influenzato il periodo postbellico dei paesi coinvolti.

Un avvenimento di nicchia, contemporaneo alla Grande Guerra, che si distingue dall’immaginario comune di “conflitto”, è stato la Guerra Bianca, così definita perché combattuta sulle cime delle Alpi del Tirolo meridionale. Il conflitto si combatté in modalità differente a seconda dell’area coinvolta e presentò conseguenze variabili. La seguente è la storia di Vermiglio, paese situato a nord del Trentino Alto Adige, al confine con l’Impero Austro-Ungarico durante la I GM. Attualmente conta poco più di due migliaia di abitanti; in passato era abitato da umili pastori e contadini. La forma di commercio prevalente era il baratto, finché nel 1905 in Austria venne dato inizio ai lavori di fortificazione del confine e la moneta fu messa in circolazione.

Per ordine dell’alto comando militare si stavano già allora costruendo i forti pesantemente armati di obici e cannoni in grado di fare fuoco su posizioni oltre valle. I forti erano il Zaccarana, il Pozzi Alti, lo Strino e il Mero, costruiti anche grazie ai vermeani, termine dialettale usato per identificare gli abitanti di Vermiglio, i quali offrirono la loro manodopera in cambio di un ridotto guadagno in monete.

Forte Zaccarana
Forte Zaccarana colpito dall’artiglieria italiana
Forte Zaccarana oggi - Forte Zaccarana today
Forte Zaccarana oggi

Un esempio: il Forte Zaccarana

L’Impero Austro-Ungarico aveva preceduto le truppe del Regno d’Italia e, oltre alla fortificazione delle linee di confine, aveva anche predisposto che gli irredentisti fossero fatti prigionieri e che fosse creata una fascia di territorio libero sul confine. Queste ultime due disposizioni furono attuate solo successivamente perché la manodopera degli abitanti era utile. Tuttavia, ciò non contribuì ad attenuare il continuo clima di terrore causato dalla possibilità di poter essere arrestati anche solo per il minimo sospetto. Fu così che molti compaesani vennero internati nel campo di concentramento di Katzenau, nei pressi di Linz, mentre gli altri, indipendentemente se anziani o giovani, vennero mandati al fronte.
Gli eserciti erano provvisti solo di cannoni e fucili. Per rendere l’uso dei cannoni il più efficiente possibile, tali armamenti vennero collocati a quota più alta, in modo tale da far compiere al proiettile la traiettoria più lunga. Le modeste fortificazioni cingevano le cime delle montagne. I momenti di scontro a fuoco erano in realtà molto rari. Per la maggioranza del tempo i combattenti lottavano in trincea contro la fame e il clima rigido, proprio dei 3000 metri di quota, altitudine a cui i rifornimenti di cibo venivano spesso tagliati. I morti erano causati molto più spesso dalle condizioni climatiche, più di rado dall’attacco nemico.

obice sul monte Cresta Croce - howitzer on the top of Monte Cresta Croce
Foto d’epoca dell’obice sul monte Cresta Croce
obice sul monte Cresta Croce oggi - howitzer on the top of Monte Cresta Croce today
Obice sul monte Cresta Croce oggi

A distanza di un secolo, non è più possibile ricorrere a testimonianze dirette, ma le tracce del conflitto sono ancora ben visibili: i solchi causati dalle bombe nei boschi del Passo del Tonale, i resti delle caserme e delle trincee, il filo spinato. E’ possibile ritrovare resti di proiettili di moschetto e bossoli di cannone. Nel 2013 sono stati riportati alla luce due corpi di due combattenti, perfettamente conservati dal ghiaccio con ancora indosso gli equipaggiamenti dell’epoca.

Vermiglio oggi è cambiato, ma conserva ancora la traccia indelebile del suo passato. In seguito al conflitto, le case di chi aveva combattuto erano state ridotte a cumuli di macerie e la loro ricostruzione era avvenuta per mezzo di materiali da costruzione ricavati dalle fortificazioni. Attualmente Vermiglio è caratterizzato da case unite tra loro per mezzo di ponti, con porte d’ingresso situate nei luoghi più incerti, che si affacciano su viottoli strettissimi e ripidi, che si snodano tra l’irregolare pianta del paese e contribuiscono a caratterizzare un luogo storicamente unico.

Trincea sulla cima Cadì - Trench on Cima Cadì
Trincea sulla cima Cadì
Bomba inesplosa conservata nel ghiacciaio - unexploded bomb
Bomba inesplosa conservata nel ghiacciaio
Filo spinato sul gruppo della Presanella - barbed wire
Filo spinato sul gruppo della Presanella
Campo profughi di Mittendorf - Mitterdorf deportation station
Campo profughi di Mittendorf
Vermiglio 1919
Vermiglio distrutto dopo la guerra

White War

It’s well known that the World War I has been a very devastating conflict caused by several reasons and characterized by tragical events and consequences, which influenced the years following the War in the countries that got involved.

La Guerra Bianca (White War) was a contemporary event to the WWI, not as much important as the Big War, but certainly relevant. The conflict was fought in different manners, depending on the different towns and it also had vary consequences. The following is the story of Vermiglio, a small town located in the Italian region called Trentino Alto Adige, which was bordered by the Austro-Hungarian Empire during the WWI. Currently the amount of its inhabitants barely gets over a total of two thousands; in the past was inhabited by modest shepherd and farmers. They used to tread by exchanges and barter; they got to know the coin only in 1905, when Austria started its works to fortify its border.

During those years, the people of Vermiglio had already begun building the fortes: Zaccarana, Pozzi Alti, Strino and Mero were built with the help of the vermeani, a dialectal word to identify the people of Vermiglio, who were paid with a low gain in coins.

An example: Forte Zaccarana

he Austro-Hungarian Empire had anticipated the troops of the Italian army by making some arrangements: after fortifying its border, it made the decision of capturing all the irredentists and created a free strip of territory on its border. These last two measurements were carried out only subsequently because the inhabitants’ work was very useful at that point. However, all those arrangements didn’t make the people feel safer anyway. There was a steady climate of terror caused by the possibility of being arrested in anytime. Therefore, a lot of inhabitants were directed to the deportation station in Katzenau, nearby Linz, while others, regardless if elderly citizens or youth, were despatched to the front.
The troops were provided only with cannons and rifles. The actual battles were very rare. The fighters used to struggle against hunger and intolerable low temperature. Also, establishing at 10 thousands ft of altitude, food supplies were often suspended. Casualties were mostly caused by the severe weather conditions.

A hundred years after the war, it is not possible to get direct proves, but the traces of a devastating conflict are still visible: the grooves made by the bombs in the woods of Passo del Tonale, the rests of stations and trances, the barbed wire. It is possible to find the rests of rifle bullets and cartridge cases for cannon. In 2013 two fighters’ dead bodies were found, perfectly undamaged and conserved by the ice in the high glaciers.
Vermiglio is different today, but it still shows the trace of its painful past. After the war, the fighters’ houses were destroyed and their reconstruction was made possible thank to what remained of the fortes. Currently Vermiglio has got featuring houses connected by bridges, with entrance doors located in the most inappropriate positions, facing on narrow and steep streets, that contribute in characterizing an historically unique place.

1917: La svolta della Prima guerra mondiale

Il 1917 fu un anno cruciale per gli sviluppi della prima guerra mondiale, principalmente per tre motivi: l’entrata in guerra degli Stati Uniti, l’uscita dalla stessa della Russia e la disfatta di Caporetto.

La lunga durata della guerra, iniziata nel luglio 1914, aveva causato un aumento delle difficoltà economiche per gli Imperi centrali (Austria e Germania), soprattutto per il blocco navale attuato dalla Gran Bretagna sin dall’inizio del conflitto. Perciò, a partire dal febbraio 1917, i Tedeschi intensificarono la guerra sottomarina, per bloccare tutti i rifornimenti ai paesi nemici e isolare economicamente la Gran Bretagna. Tuttavia gli Stati Uniti, già maldisposti verso la Germania per l’affondamento del transatlantico statunitense Lusitania nel maggio 1915, erano pesantemente danneggiati nei loro scambi commerciali con Francia, Italia e Inghilterra. Per questo motivo, il 6 aprile 1917, decisero di entrare nel conflitto al fianco della Triplice Intesa (formata da Francia, Gran Bretagna e Russia).

Intanto il 2 marzo 1917 lo zar russo Nicola II, in seguito alla cosiddetta Rivoluzione di febbraio, fu costretto ad abdicare. La monarchia zarista venne sostituita da una repubblica, il cui governo provvisorio decise di proseguire la guerra. Ma i Tedeschi riuscirono a penetrare nel territorio russo.
Con la Rivoluzione d’ottobre il potere fu assunto dai comunisti guidati da Lenin, che decisero di uscire dalla guerra. Le trattative di pace con gli Imperi centrali portarono all’accordo di Brest-Litovsk, il 3 marzo 1918.

In seguito alla crisi della Russia, l’Austria e la Germania poterono concentrarsi sul fronte italiano, sfondandone le linee a Caporetto (24 ottobre 1917). 400 000 uomini vennero uccisi o fatti prigionieri e il generale Cadorna, comandante dell’esercito italiano, fu sostituito da Armando Diaz.
Le ragioni militari della disfatta vanno ricercate in un’offensiva ben condotta da parte degli Austriaci e soprattutto nell’errata impostazione difensiva italiana.
La sconfitta fu causata anche da motivi più “umani”: i soldati erano infatti ormai logorati, nel fisico e nello spirito, dall’interminabile guerra di trincea, dalle angherie dei comandanti e dalla paura di morire.
La ritirata dell’esercito italiano fu caotica. Le truppe si arrestarono infine lungo la cosiddetta “linea del Piave”.

Una delle prime trincee scavate nell'argine destro del Piave nell'ottobre - novembre 1917
Una delle prime trincee scavate nell’argine destro del Piave nell’ottobre – novembre 1917

Il virus che sconvolse il mondo

Nel biennio del 1918-1919, quando ancora era tempo di guerra, si diffuse in tutta Europa un’influenza che fece circa 22 milioni di morti. Fu chiamata “spagnola”, perché si credeva provenisse dalla penisola iberica. In realtà ebbe origine soprattutto in Cina e Nord America e da, queste zone, fu portata in Europa. I lavoratori e soldati vivevano in condizioni misere e ciò favorì il diffondersi di epidemie. In Spagna, ci furono circa 8 milioni di contagiati.

I principali sintomi erano: tosse, dolori in gran parte del corpo, sonnolenza, febbre alta. Solitamente apparivano anche complicazioni polmonari, che tuttavia cessavano con la scomparsa della febbre dopo 3 giorni. Ma proprio l’abbandono del letto comportava una ricaduta fatale. La malattia si diffuse in Europa, Stati Uniti, India, Nuova Zelanda, Africa del Sud e Australia. Per questa malattia si ebbero anche manifestazioni di razzismo: a Varsavia le misure igieniche furono limitate al ghetto perché gli ebrei, secondo un decreto ufficiale, erano considerati “nemici dell’ordine e della pulizia”.

Un miliardo furono i contagiati, e gli stati in cui si registrò un maggior numero di morti furono Messico, Brasile, Russia, Italia, Inghilterra, Spagna e Francia, e in India ce ne furono ben 12 milioni.

Le cause della mortalità furono diverse: alta virulenza del virus, mancanza di antibiotici e le già cattive condizioni igienico-sanitarie della popolazione, e in particolare dei soldati.

Ospedale
Un auditorium usato temporaneamente come ospedale per l’influenza del 1918-1919.

Come in altre epoche storiche, comparvero superstizioni di ogni tipo: per esempio, negli Stati Uniti furono fucilati diversi medici accusati di essere spie Tedesche, poiché ritenuti responsabili del contagio, così come in Italia si credeva che l’influenza venisse diffusa dai netturbini attraverso il disinfettante sparso per le strade. La paura del contagio ebbe drastiche conseguenze: molti campi furono abbandonati, collegamenti ferroviari tra Berlino e la Svezia e tra Spagna e Portogallo furono interrotti. Ne risentirono soprattutto molte industrie.

Le contromisure consigliate dai medici furono vane. Furono chiusi i teatri, gli ippodromi, le sale da concerto, i grandi magazzini. L’unico rimedio veramente efficace fu sottovalutato dai medici: l’utilizzo di una mascherina protettiva per coprire bocca e naso.

Riccardo Cannistrà e Federico Minoldo

Il “peccato originale” dell’industria italiana

Operai della Breda al lavoro nel reparto di produzione di siluri durante la Prima guerra mondiale, 1915-1918 (Fondazione Isec, fondo Breda)
Operai della Breda al lavoro nel reparto di produzione di siluri durante la Prima guerra mondiale, 1915-1918 (Fondazione Isec, fondo Breda)

Lo storico Alberto Caracciolo ha individuato una sorta di “peccato originale”, che avrebbe segnato il destino dell’industria italiana. L’affermarsi della Rivoluzione industriale in Italia può essere collocato, in gran parte, nell’età giolittiana (1901-1914). L’intervento statale ebbe un ruolo fondamentale nell’incentivare questa fase di crescita. Fu inoltre attuata una politica protezionistica, con l’imposizione di alte tasse sui prodotti esteri. Questo provvedimento, tuttavia, danneggiò le imprese del Sud, poichè i mercati esteri reagirono chiudendo le porte ai nostri prodotti tipici come olio, vino e agrumi. Dopo una fase di rallentamento dell’economia internazionale, con l’inizio della prima guerra mondiale, l’industria italiana, non solo si risollevò, ma conobbe un eccezionale sviluppo, dal momento che, in una guerra per la prima volta combattuta in trincea, sarebbe stata decisiva la disponibilità di equipaggiamento militare e ausiliario. Lo Stato si trasformò infatti in un “insaziabile consumatore”. Venivano inoltre accordati larghi anticipi per coprire i costi della produzione e il reinvestimento dei capitali era fortemente incentivato, grazie a una severa tassazione su quelli non investiti. Le imprese non dovevano preoccuparsi di costi di produzione o del rischio di perdite, come in normali condizioni di mercato. Queste condizioni straordinarie consentirono straordinarie crescite, come quella del gruppo siderurgico Ansaldo. Oltre a consentire lo sviluppo di importanti gruppi industriali, questo particolare contesto rivitalizzò settori fino a quel momento trascurati, come quello chimico o quello estrattivo. È in questa fase che, secondo lo storico Alberto Caracciolo, è rintracciabile il “peccato originale dell’industria italiana”. Alla fine della guerra,  infatti, le industrie erano ormai eccessivamente abituate all’appoggio economico dello Stato e ad una politica protezionistica che non permetteva di confrontarsi con il mercato internazionale;

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Il cinema in trincea

Fin dai primi anni in cui si diffuse in clima di guerra, il cinema divenne un’arma di difesa per il rafforzamento e la mobilitazione ideale del fronte interno. Gli obiettivi inizialmente non erano tanto volti a rappresentare il realismo della guerra quanto invece incitare emotivamente i soldati e quindi favorire un senso di partecipazione economica allo sforzo bellico.

La rappresentazione della prima guerra mondiale attraversò diverse fasi: in un primo momento gli operatori non ebbero accesso alle trincee, perciò la guerra appareva lontana. Nella seconda fase venne esaltato l’elemento umano, il  sacrificio e la capacità di affrontare il freddo e gli sforzi. Infine  nell’ultima fase gli operatori poterono accedere al fronte così da immortalare nel modo migliore i processi d’industrializzazione in atto nei vari paesi partecipanti al conflitto.

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La condizione di vita dei soldati nelle trincee durante la Prima guerra mondiale

La trincea, un fossato scavato nel terreno al fine di offrire riparo al fuoco nemico, è un antichissimo sistema difensivo utilizzato nelle guerre di posizione. Durante la prima guerra mondiale raggiunse il massimo utilizzo.

In questo conflitto i militari furono costretti a viverci per quattro lunghissimi anni, in pessime condizioni:

  • per la sporcizia, infatti la mancanza di igiene trasformò ben presto le trincee in un rifugio per topi che prolificarono a dismisura
  • per le intemperie climatiche,  in quanto d’estate il caldo, d’inverno la neve, il gelo, la pioggia erano insopportabili
  • ma soprattutto per lo stato di tensione continua che logorava i nervi. Ciò che rendeva le sofferenze inaccettabili era la onnipresente presenza della morte incombente: un soldato dopo colazione non sapeva se sarebbe arrivato a cena… Inoltre aveva davanti a se uno spettacolo agghiacciante: i cadaveri rimanevano tra le opposte trincee, nella zona chiamata terra di nessuno, per giorni, talvolta per sempre.

Questa situazione accomunava gli eserciti di entrambi gli schieramenti. Sicuramente la vera dispensatrice di morte e il vero terrore fu l’artiglieria, che con gli incessanti bombardamenti causò circa il 70% dei morti e dei feriti nel corso del conflitto. Prima di un attacco alle trincee nemiche, queste venivano martellate da bombardamenti lunghi ed incessanti. Ove non vi era l’effetto distruttivo di queste armi, vi era tuttavia il terrore, la confusione e lo stress provocati dalle continue deflagrazioni, che arrivavano a durare anche numerose giornate consecutive. L’obiettivo era quello di stordire e spaventare il nemico trincerato, così che non potesse reagire con determinazione all’imminente assalto. Assalto che era per i soldati il peggiore momento della guerra. Il preannuncio dell’attacco era di pochi minuti o al massimo di un paio d’ore, e proprio l’attesa era il momento più angosciante.

Tutti i soldati sapevano che molti di loro sarebbero rimasti impigliati nel filo spinato e sarebbero diventati obiettivi ideali per i tiratori nemici, ma sopratutto erano consapevoli che era tutta la loro azione sarebbe stata inutile: anche se fossero riusciti a conquistare la prima linea, avrebbero ricevuto la controffensiva della seconda linea e sarebbero stati ricacciati indietro. Ovviamente per tutti questi motivi la resistenza nervosa dei soldati fu messa a dura prova: i più “duri” avevano singhiozzi convulsivi, tremori, conati di vomito, e prostrazioni, i più sensibili  arrivavano addirittura alla ribellione, alla diserzione, alla follia e al suicidio. Comunque, quando veniva impartito un ordine, l’attacco veniva sferrato.

Una forza che permetteva ai soldati di continuare a combattere nonostante tutto fu la solidarietà. Essi sapevano che erano tutti sulla stessa barca, nessuno escluso. Lo spirito di corpo e il cameratismo davano un senso di unione e di coesione ai soldati, che diventarono un’unica grande famiglia. Questo concetto è espresso bene della poesia Fratelli di Ungaretti del 1916.

Trincea

« Di che reggimento siete fratelli?

Parola tremante nella notte

Foglia appena nata

Nell’aria spasimante

involontaria rivolta

dell’uomo presente alla sua

fragilità

Fratelli»

Comunque anche l’uso della fucilazione, e soprattutto la pressione psicologica subita dai militari e dalle loro famiglie “persuadeva” loro a combattere… Come avrebbero fatto infatti a passare la prima e la seconda linea, a sfuggire ai controlli della polizia e a tornare a casa? E se anche ci fossero riusciti, come avrebbero reagito i parenti? Dopo quanto tempo sarebbero stati denunciati alle autorità? E chi avrebbe offerto loro un lavoro?

Non rimaneva che obbedire agli ordini e combattere.

Francesco Mastrogiovanni