In principio c’erano il nulla e il tutto distinti e separati, l’uno era l’opposto dell’altro ma essendo distinti restavano sconnessi e lontani.
Poi venne quella forza che noi riconosciamo nell’arte, ciò che la genera; si manifestò, come spesso fa, in un’imperfezione: il confine delle due cose subì un’incrinatura che ruppe l’equilibrio del confine per dar vita ad una fantastica spirale mista di entrambe le cose.
Ancora oggi noi possiamo ammirare la bellezza di quest’opera artistica che chiamiamo galassia, in effetti noi ne facciamo parte e contribuiamo a renderla ancora più magnifica. L’artista non aveva però finito e continuò a creare e creare partendo dalle stelle ai pianeti, dall’acqua al fuoco, fino ad arrivare alle piante e agli animali; infine creò l’uomo, in tutto ciò che fece trasmise la sua Arte, ma nessuno oltre a lui sapeva usarla e manipolarla per trarne qualcosa di coinvolgente. Tutto ciò andava avanti e si evolveva grazie alla spinta della mano che accompagnava la crescita, ma iniziò ad arrivare per l’ormai anziano artista il momento di diventare anche lui parte del suo capolavoro, per immedesimarvisi meglio, così decise di dividersi e infondersi nelle sue creature meno belle, per dar loro la possibilità di creare il più bello, partecipando all’opera artistica non come bellezza esteriore ma come fonte di rinnovo continuo. Mentre la sua grande mano andava scemando, un’altra spinta andava rafforzandosi: quella dell’uomo che ora aveva preso il posto del suo creatore, o meglio: in ogni uomo c’è parte d’esso che gli permette d’essere diverso dalle altre creature egli infatti può creare a sua volta secondo il suo gusto e il suo beneficio.
A pensarci bene, cosa ci distingue dal resto? Forse il nostro grande cervello? I capodogli hanno cervelli che possono arrivare anche a 7 kg. No, ciò che ci distingue è la capacità di creare, costruire, trasformare, rendere arte ciò che non lo è, potremmo definire arte tutto ciò che esiste? Sì ma bisogna distinguere gli autori: tutto ciò che conosciamo e che esiste da prima di noi non è opera nostra, ma ciò che abbiamo ricostruito e rimodellato allora sì. Non importa tanto il risultato per l’artista, ma il fine per cui è stato fatto, l’ispirazione che ha dato forma all’opera.