Cattiva ragazza”, due semplici parole che, accostate, danno origine a un’etichetta linguistica secondo la quale una donna che non si sottomette alle regole che la società in cui vive le impone non è una brava ragazza. Emmeline Pankhurst è senza dubbio una di queste. Le donne, da sempre considerate il sesso debole, sono continuamente vittime di questi stereotipi che, anche se potrebbero sembrare superati, sono ancora molto diffusi.
Forse rassegnate a vivere in queste condizioni, forse per paura, o forse per mancanza di istruzione, quasi nessuna si ribellò a favore di ciò in cui credeva, finché arrivò una donna coraggiosa, disposta a non essere ubbidiente, disposta a non essere “normale”. Esatto, perché bisogna essere non ordinari, eccezionali, per essere temuti e ottenere l’attenzione necessaria per cambiare davvero le cose.
MANCHESTER, 1854- Era il 15 luglio quando nacque Emmeline Pankhurst, una bambina che possedeva tutte queste caratteristiche. Fu proprio nel 1861, sette anni dopo la sua nascita, che si creò una circostanza tale da far scattare in lei gli ideali di uguaglianza e di giustizia: il padre, convinto che la bambina stesse dormendo, le si avvicinò e le sussurrò all’orecchio “se solo fossi una maschio”. Queste parole risuonarono per sempre nella mente della Pankhurst che, da questo momento in poi, trascorse la sua vita battendosi per la conquista del diritto di voto per le donne in Inghilterra.
Tutta la buona volontà, tutto il coraggio, tutta la straordinarietà di una persona non è sufficiente per cambiare la legge, una sola voce è troppo flebile per essere sentita; questo Emmeline lo sapeva bene, per ciò riuscì, grazie al suo carisma e alla giustizia della sua causa, ad ottenere l’appoggio di migliaia di donne da tutto il paese. La leader si accorse presto però che la gente iniziava a tapparsi le orecchie, le loro proposte venivano ignorate, le loro voci messe a tacere; per questo motivo i metodi di protesta si fecero più violenti, addirittura esasperati.
Tutte loro erano consapevoli della riprovazione e delle conseguenze che queste azioni avrebbero provocato, che sarebbero state etichettate come “ribelli”, “cattive”, che avrebbero rischiato di perdere i propri mariti, o addirittura di essere arrestate.
Il coraggio, l’eccezionalità, consiste proprio in questo: nel seguire i propri ideali non preoccupandosi del giudizio della gente, nel conoscere i probabili risvolti delle proprie scelte ma essere disposti a sopportarli in nome di qualcosa di più grande.
Emmeline disse infatti “preferisco essere una ribelle, piuttosto che una schiava”, e ci credeva davvero, davvero era convinta che lo scopo del movimento suffragista non fosse quello di distruggere le leggi, ma di fare le leggi.
Letizia Repizzi
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