Non ci avrebbe creduto nessuno: erano passati troppi anni dall’ultima “autogestione” nell’Istituto Calvino di Rozzano e prendere sul serio un’iniziativa del genere, organizzata in modo apparentemente approssimativo, sarebbe stata solo una perdita di tempo. Eppure è accaduto.
La scarsa fiducia dilagante tra i docenti e il preside nei confronti degli studenti era giustificata da numerosi fattori, in primis la superficialità con cui inizialmente noi ragazzi ci siamo approcciati ad un simile progetto: quella di “autogestirci” , d’altronde, era una scelta estrema rispetto ad altre eventuali forme di protesta previste dal nostro Regolamento d’Istituto.
La questione è proprio questa: la nostra “autogestione” o “giornata alternativa” non è nata dalla protesta né dal bisogno di parlare di attualità, e non ha mai preteso di farlo; l’urgenza di organizzare una giornata alternativa non c’era (almeno per la maggioranza degli studenti) per cercare dell’altro al di fuori del programma curricolare o al di fuori di ciò che già fa parte della nostra vita: facendo un’autocritica, infatti, le attività “alternative” che abbiamo scelto erano nella maggioranza dei casi (ma non sempre) attività che svolgiamo già nella nostra vita di tutti i giorni, per esempio i tornei sportivi.
Ma allora perché tutto questo? Qual è il perché della tenacia con cui alcuni ragazzi sono arrivati fino in fondo a questo progetto, nonostante mancasse loro l’appoggio da parte del corpo docenti e soprattutto dalla stragrande maggioranza degli studenti?
L’autogestione, comunemente parlando, è in sé un mezzo, non un punto di arrivo; nel caso del nostro istituto è addirittura un punto di partenza: prima ancora di una protesta del corpo studenti, dobbiamo renderci consapevoli che siamo un corpo studenti. Ciò vuol dire prenderci sul serio l’un l’altro e realizzare che siamo parte dello stesso istituto, della stessa macchina studentesca.