Un’ora di lezione può cambiare la vita

Frontespizio del libro di Massimo Recalcati L'ora di lezione - editrice Einaudi


Cito dalla presentazione del libro sul sito della casa editrice Einaudi:

Periferia di Milano, anni Settanta. Gli anni del terrorismo e della droga, dei sogni di Oriente e di liberazione. Una mattina, nella classe di un Istituto Agrario, fa la sua apparizione Giulia, una giovane professoressa di lettere che parla di letteratura e di poesia con una passione sconosciuta. È quell’incontro a «salvare» Massimo Recalcati.

Sì, è proprio la Giulia che abbiamo conosciuto anche noi.

Massimo Recalcati su Wikipedia

Sito personale di Massimo Recalcati

Maryam Mirzakhani, la prima donna a vincere il “Nobel” della matematica

Una carissima amica mi ha inviato questo interessante articolo, che vorrei condividere con voi: …

È iraniana ed è una donna: due novità assolute. Maryam Mirzakhani è infatti non solo il primo cittadino iraniano ad aggiudicarsi la Medaglia Fields (il premio che viene chiamato il Nobel dei matematici) ma, e forse più importante, è la prima donna a vincere questo importantissimo riconoscimento. Ci sono voluti 78 anni (o 54, se si considera che la Medaglia viene assegnata in modo fisso solo dal 1950)…

Se volete saperne di più

http://www.wired.it/scienza/2014/08/13/medaglia-fields-mirzakhani-donna-nobel-matematica/

Buona lettura e buon Ferragosto a tutti!

Un giorno alla Moschea

Lo scorso 7 aprile, le classi terze del Liceo Scientifico Italo Calvino di Rozzano, si sono recate alla Moschea Al Wahid, per concludere il progetto sulla cultura islamica iniziato alcune settimane prima con un incontro con due musulmani appartenenti alla Sezione giovani CO.RE.IS (comunità religiosa islamica) in collaborazione con l’Accademia I.S.A. (Accademia studi interreligiosi).
Situata in Via Meda, Al Wahid è la prima moschea ad essere riconosciuta a Milano.

Una lezione agli allievi di una scuola elementare per il progetto: «Dentro la Moschea» dal sito http://www.coreis.it
Una lezione agli allievi di una scuola elementare per il progetto: «Dentro la Moschea» dal sito http://www.coreis.it

Si presenta esternamente come una struttura semplice. È stata infatti ricavata da un capannone industriale, ma si progetta di ristrutturarla per renderla una vera e propria moschea, seppure in armonia con l’ambiente urbano in cui è inserita.
La parte interna è invece decorata in stile musulmano: l’intero pavimento è ricoperto di tappeti, alle pareti sono appese scritte e simboli tipici, sono presenti copie del Corano, libro sacro dell’Islam. C’è una nicchia, chiamata in arabo al-mihràb, che indica la direzione della Mecca verso la quale i fedeli devono orientarsi per il rito d’adorazione. Alla sua destra, rialzato dal pavimento, c’è il podio con un sedile, da cui il predicatore del rito del venerdì fa la predica ai fedeli.

Una delle usanze tipiche dei musulmani, è quella di togliere le scarpe all’ingresso del luogo di culto in quanto sacro. Questo è un segno di rispetto e devozione. All’ingresso, ci è stata concessa la possibilità di scegliere se toglierle o tenerle; nell’ultimo caso si poteva rimanere solo nella parte esterna, delimitata da un differente tipo e colore di tappeti. Chi ha invece deciso di rispettare quest’usanza, è potuto entrare nella zona di preghiera. Le nostre guide ci hanno spiegato abilmente la cultura islamica e ci hanno descritto nei particolari la moschea, rispondendo anche alle nostre domande. In seguito, ci hanno anche mostrato e decritto la tipica preghiera, composta non solo da frasi rituali, ma anche da gesti e movimenti atti a ricreare la parola Allah.

L’uscita stata certamente interessante e istruttiva, poiché ci ha permesso di entrare a contatto con una cultura differente dalla nostra, non solo approfondendola in classe, ma potendola conoscere in prima persona, con un’esperienza diretta. Inoltre la completa disponibilità delle nostre guide, ci ha permesso di soddisfare ogni dubbio o curiosità su una religione differente dalla nostra.

Alessia Urso e Irene Savi
Terza C liceo

Il sabato del Calvino

Sabato libero per risparmiare sul riscaldamento?

Dopo le sollecitazioni di Marina Lazzati, assessore all’istruzione ed all’edilizia scolastica della provincia di Milano, anche noi del Calvino ci siamo espressi.

Gli studenti delle nostre due sedi hanno votato a grande maggioranza per il no. I professori si sono divisi.

Mentre i colleghi di Noverasco, compatti, hanno fatto la stessa scelta dei loro studenti, a Rozzano è stato accolto l’invito dell’assessore: chiusura della scuola nella giornata di sabato.

Non si poteva, però, ignorare l’opposizione degli studenti spaventati dall’idea di dover concentrare troppe ore di lezione in una giornata.

Per convincere gli alunni, i docenti favorevoli al sabato libero hanno trovato la soluzione perfetta: «Tranquilli ragazzi, la scuola sarà meno pesante: faremo didattica laboratoriale».

Ma è così facile cambiare il modo di lavorare a scuola?

Io credo proprio che non sia facile. Altrimenti lo avremmo fatto prima.
Non è facile perché ogni organizzazione ha le sue routine, le sue abitudini, le sue tradizioni. Al cambiamento resisteranno inevitabilmente molti insegnanti, ma anche, badate bene, molti studenti. Anche per loro è rassicurante fare come si è sempre fatto.

Saranno quasi inevitabili un aggravio di fatica per gli studenti, un peggioramento dei risultati scolastici e, per conseguenza, potranno aumentare le bocciature.

Che fare?

Ecco la mia proposta: si parta prima con la didattica laboratoriale, supportandola magari con opportune iniziative di aggiornamento.

Se l’esperienza si dimostrerà positiva, potremo passare, senza rischi, al sabato libero. Se non funzionerà, avremo almeno evitato di appesantire l’orario giornaliero dei nostri studenti.

Fine del liceo, esame di stato, futuro. Cosa fare?

Per le classi quarte inizia ad affacciarsi il problema della scelta per il futuro. Cosa fare dopo il liceo? Per chiarire un minimo le idee degli studenti alcuni membri del Rotary Club hanno tenuto un incontro nell’auditorium della scuola.

La novità è stata il modo in cui si è trattato l’argomento: non sono stati esposti solo gli aspetti positivi ma si è avuto un occhio più critico, notando come i risultati dei test degli ultimi anni siano notevolmente peggiorati.

Inoltre abbiamo parlato di medicina, di quanto sia dura questa facoltà, di coloro che si offrono volontari per i servizi pubblici di sanità e di chi lavora al pronto soccorso.

La parte più interessante, a mio parere, è stata la simulazione di due infermieri dell’Istituto Clinico Humanitas: ci hanno mostrato come intervenire in caso ci sia un uomo privo di sensi, ci hanno spiegato punto per punto cosa fare e quali strumenti usare (il defibrillatore in questo caso).

I dubbi, per quel che mi riguarda, non sono stati risolti ma ora tutti abbiamo degli elementi di giudizio in più per fare le nostre scelte, ovvero per decidere del nostro futuro.

Test di ammissione: traguardo Aprile

Cattura34

http://www.uninews24.it/italia/2478-universit%C3%A0-preparazione-per-i-test-fa-crollare-voti-a-scuola.html

***Aggiornamento del 9/04***

Cito di seguito alcuni commenti raccolti sul web scritti dai candidati.

  • “Ragazzi, l’anno scorso, quando io affrontai il test e riuscii ad entrare (son nel gruppo perché quest’anno ho affrontato il test per più ambiziosi obiettivi), un mio conoscente, che aveva sostenuto la prova in aula differente, al termine della prova stessa mi confessò testuali parole:”Mi hanno dato un foglio con le relative soluzione, con apposto un altro foglio bianco sopra. E da lì ho copiato tutto.”

    Per cui, la storia che con il nuovo sistema i raccomandati non esistano,deve terminare.
    Io, purtroppo, non potevo denunciare poiché non avevo testimoni. Tra l’altro, il soggetto in questione è anche un improbabile genio che non ha avuto il ritegno di tacere. “

  • “Il plico del test in una busta dell’immondizia… Tutto questo a Napoli… Tutto questo alla Federico II…”
  • “Lo schifo più assurdo è vedere membri della “sorveglianza” suggerire risposte sempre e solo alla stessa ragazza.
    QUESTA E’ L’ISTRUZIONE ITALIANA.”
  • “Il commissario del mio settore a Bologna, un ortopedico guarda il test… quando lo consegno gli dico che era impossibile e lui risponde ” probabilmente io non sarei passato”.
  • “Con 35,8 dite che si passa? Che rabbia, quanti sacrifici.”
  • “Scusatemi c’è per caso qualche veneto che possiede un Tanko da portare al miur?”
  • “Ciao a tutti ragazzi, anche io sono tra quelli che oggi hanno totalizzato un punteggio basso facendo un test che non rispecchia affatto il tempo dedicato alla sua preparazione..”
  • “Al tg2 parlavano dei test di medicina e degli studenti italiani che studiano a Tirana. 8 mila euro all’anno..conveniente -.-”. E alla fine il diritto allo studio se lo prende con le unghie e con i denti chi può spostarsi con facilità e farsi mantenere durante gli studi.”
  • “Il DANNO e pure la BEFFA! Ci anticipano il test ad Aprile e il test risulta anche assurdo e ambiguo. Grazie e complimenti!”

In visita alla Sinagoga di Milano

Il giorno 27 Gennaio 2014 le classi terze B e C del Liceo scientifico di Rozzano hanno visitato la Sinagoga Maggiore di Milano, luogo di culto della comunità ebraica, in via della Guastalla. La data, giorno della memoria alla Shoah, è una ricorrenza civile; l’ebraismo infatti ricorda l’olocausto in Aprile.

Sinagoga di Milano
Giunti alla sinagoga, i ragazzi hanno dovuto coprire il proprio capo: è obbligatorio per gli uomini, rappresenta il riconoscimento della piccolezza dell’uomo rispetto alla grandezza di Dio.

Non appena entrati, la sensazione è stata sicuramente di sacralità.
La sinagoga si presenta come un luogo serio, silenzioso e di grande riflessione. Essa non è adornata da quadri, vetrate dipinte, statue, perché nella Bibbia vi è il divieto di raffigurare il divino.
Vi sono molte scritte incise sulle pareti, ma, ovviamente, non siamo stati capaci di leggerle perché in lingua ebraica.
Per le persone vi sono panche molto simili a quelle della chiesa cattolica, tutte rivolte in direzione di un piccolo altare dove si posiziona chi fa da guida durante le preghiere.

Durante la visita la nostra guida è stata una giovane donna ebrea; per più di un’ora ci ha parlato della sua fede e cultura.
Essere ebreo significa totale volontà di vivere seguendo la propria fede, la propria cultura e le proprie tradizioni. Gli ebrei sentono con molto fervore tutto ciò, ne sono felici e non vorrebbero essere nessun altro. Il loro libro sacro è la Torah: essa non può essere letta in sinagoga se in quel momento non vi sono presenti almeno dieci uomini; inoltre non può presentare errori ortografici perché deve mostrarsi in uno stato di perfezione, altrimenti non può essere usata durante il rito religioso. Le Torah rotte o riportanti errori d’ortografia non vengono buttate ma conservate in un luogo apposito. La donna ha un ruolo tutt’altro che subordinato nella religione ebraica. A sostegno di ciò, pensiamo al fatto che la donna non si copre il capo per entrare in sinagoga. Perché? Il motivo è che ella non ha bisogno di alcun tramite con la divinità, le donne ne avvertono la presenza anche senza segni esteriori. Inoltre è molto importante ricordare che l’appartenenza al popolo ebraico si trasmette dalla madre, quindi dalla figura femminile. Da un punto di vista concettuale nascere da donna ebrea è l’unico modo per essere ebrei, tuttavia vi è un altro metodo, più istituzionale: chiunque può convertirsi all’ebraismo, ma la comunità ebraica lo sconsiglia al fine di testare le reali convinzioni di colui che vuole convertirsi; se quest’ultimo mostra un convinto interesse, verrà convertito all’ebraismo. Gli ebrei rispettano e ammirano coloro i quali si sono convertiti, tuttavia non vedono in loro un’attitudine naturale con la propria fede, bensì cresciuta col tempo.

Altre caratteristiche legate a questo popolo riguardano le regole sul cibo. Vi sono infatti cibi che possono mangiare e altri no (questi ultimi sono in particolare alcuni tipi di carne e pesce).

Queste indicazioni sul modo di vivere possono indurre a pensare all’ebraismo come ad una religione dogmatica. Ciò in parte è vero, perché l’ebreo ha un codice da seguire, ma l’uso del termine “dogma” appare inadeguato perché i praticanti di tale credo vivono la propria fede, seguendone le varie norme e regole, nella più fiera gioia.

Assassini per sempre

ll giorno 26 Febbraio le classi terze, quarte e quinte si sono recate al penitenziario di Opera per assistere e partecipare al secondo incontro con il Gruppo della trasgressione. Dopo aver superato le complicate procedure di sicurezza, siamo stati accompagnati in una sorta di teatro all’interno del carcere. Subito non mi ha convinto la presentazione dell’incontro da parte del dott. Angelo Aparo, psicologo e guida di questo gruppo, il quale sostanzialmente ha chiesto a noi e in particolare alla professoressa Tamarozzi, che cosa desiderassimo discutere. Insieme si è dunque deciso di porre delle domande ai detenuti e si è così sviluppato un dialogo nel quale i carcerati hanno esposto il loro percorso interiore, concentrandosi ad esempio sul senso di colpa o sul fatto che tutti noi, secondo la loro opinione, trovandoci in una determinata situazione saremmo dei potenziali assassini o criminali.
Personalmente speravo con questa uscita di poter conoscere meglio una realtà (fortunatamente) sconosciuta e che mi incuriosisce come quella del carcere, invece, a parte le tante procedure di sicurezza, andare al teatro Fellini di Rozzano sarebbe stata la stessa cosa.

Mi ha colpito in particolare un pensiero che accumunava i detenuti; essi infatti sostenevano di esser stati degli assassini nel momento in cui hanno commesso l’omicidio, ma di non esserlo più ora grazie al percorso seguito col il Gruppo della trasgressione. Assurdo. Io e i miei compagni ci chiedevamo se quelle persone avrebbero avuto il coraggio di dire le stesse cose di fronte alle famiglie delle vittime dei loro omicidi. Sicuramente è sbagliato catalogare una persona per tutta la vita come “criminale”, ma il delitto resta, non può essere cancellato, nessuno può rimediare all’uccisione di una persona e quindi non puoi considerarti un assassino solo nel momento in cui uccidi, ma dopo averlo fatto lo resti per tutta la vita.

Cloud Atlas

locandina del film


Non basta una storia ai fratelli Wachowski (resi famosi dalla saga di “Matrix“), con l’aiuto di Tom Tykwer, per realizzare il film Cloud Atlas, tratto dall’omonimo libro di David Michell. Infatti il film è un continuo intreccio tra sei storie parallele fra loro ma che avvengono in epoche storiche differenti. Ma mi domando: «Perché narrare sei storie così diverse e distanti cronologicamente fra loro?» Credo principalmente per due motivi:

  1.  Far notare allo spettatore le connessioni tra uomini e donne così distanti attraverso dei segnali monitori, come la voglia a forma di cometa che presentano i protagonisti delle sei storie e che rappresenta una sorta di trait d’union fra essi. Un altro punto che li unisce tutti è quello di aver preso decisioni molto forti ed inoltre essi sono legati da un destino comune e questo viene reso bene nel film grazie alla presenza di piccoli particolari come la cometa, gli strani bottoni di una giacca di un personaggio della prima storia, che poi vedremo nelle mani di uno dell’ultima, il disco in vinile Il sestetto dell’atlante delle nuvole, il sogno-visione che ci viene narrato da un vecchio compositore e molti altri aspetti che, secondo me, si rivelano ad ogni nuova visione del film. Inoltre anche la presenza di un continuo balzo da una storia all’altra ci permette di comprendere bene questi legami.
  2.  Far capire allo spettatore che purtroppo l’uomo difficilmente impara dalla storia infatti nell’ultima storia c’è un ritorno all’età della pietra e questa visione viene sicuramente ripresa dal pensiero di Albert Einstein che dice: «Non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma la quarta verrà combattuta con clava e pietre».

In conclusione posso dire che si tratta di un bel film con un numero davvero straordinario di spunti e particolari che ci tengono incollati allo schermo per riuscire a coglierli uno ad uno.

Paolo Del Duca