Il mio primo amore filosofico fu Max Horkheimer, lui, non il suo verboso amico Adorno. L’ultimo anno di liceo avevo letto e riletto più volte Dialettica dell’Illuminismo e, soprattutto Eclisse della ragione.
Per alcuni anni la relazione fu intensa. Poi, come capita, ci perdemmo un po’ di vista. Però, quando posso, una visitina gliela faccio ancora e, se la classe lo merita, lo faccio conoscere ai miei alunni.
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Dei delitti e delle pene
Capita di sbagliare.
Dei delitti e delle pene, ne parliamo in quarta. Tanti studenti vorrebbero la pena di morte. Lo dicono chiaro.
E io?
Ribadisco gli argomenti di Beccaria. Per scoraggiare i reati, dico, non servono pene feroci, bastano pene certe.
Ci credo, ma farei bene ad ampliare la discussione. Invece, passo ad altro.
Come rimediare?
Per iniziare, propongo di discuterne qui.
Chi ne ha fatto esperienza
Per uno studente gli esami sono un evento memorabile, per un prof sono routine.
Si sta a scuola davvero tanto: 40, 48 e più ore la settimana, secondo la commissione in cui si capita. E ci si annoia anche un po’: far lezione è più gratificante, ma, diciamolo, anche più faticoso, almeno per me. Diciotto ore in classe mi stancano più di quaranta di esami, soprattutto se gli esami vanno bene.
Ma capirà soltanto chi ne ha fatto esperienza…
Grazie
Come ben sanno studenti e colleghi, non amo esprimermi su supporto telematico, ma, sia pure con ritardo, sento il dovere e il desiderio di rispondere alle attestazioni di affetto e stima che mi sono state rivolte.
Comincio dai colleghi, che ringrazio con tutto il cuore; il loro affetto è gratificante anche perché voglio sinceramente bene a tutti loro e li considero persone notevoli e degne di essere conosciute, ma continuo a non comprendere la ragioni della loro stima, che mi sembra esagerata.
Non credo davvero di essere la Prof. (con la P maiuscola) che essi vedono in me: non è un mistero il fatto che ami molto la letteratura e i miei studenti, ma che il lavoro di insegnante non sia mai stato il mio prediletto!
Forse è per questo che sono considerata, più che una professionista, una specie di mamma (voglio sperare che questa definizione non sia motivata dalle mie caratteristiche steatopigie’!); qualcuno mi definisce bonariamente chioccia’! Ne sono fiera, perché ho sempre ritenuto che fosse mio compito permettere che , da ogni pulcino, emerga un volatile dalle caratteristiche coerenti con la sua indole: ci sono le aquile, gli uccelli del paradiso, le rondini, i cigni, i galli e le galline tutti belli, utili e perfetti. Ci sono anche uccelli che sono semplicemente polli’, ma, se raggiungono una ironica consapevolezza di ciò, possono svolgere con soddisfazione un ruolo fondamentale nella vita dell’aia! Questo è quanto! Basta a spiegare la vostra stima? Non credo, ma vi ringrazio di nuovo.
E ora rispondo ai miei fans under 20! (anche agli ex, che non sono più ventenni!)
Vi ringrazio perché mi avete permesso di non invecchiare dentro, di sentirmi speciale, di aiutarvi nei limiti delle mie possibilità, per le domande stimolanti e per le sciocchezze divertenti, per le battute e per la fatica che mantiene vivi’.
Ammetto di aver provato, a volte, qualche tentazione omicida e di aver desiderato un mondo senza adolescenti, ma si è trattato di défaillances momentanee. Credo di aver sempre agito, in buona fede, per il vostro bene, anche quando ho preso decisioni dolorose.
Certo avrò sbagliato spesso, ma ai prof. succede quello che succede ai genitori: se i figli sono bravi, è questione di fortuna, se non lo sono, è colpa degli adulti disgraziati!
Ricordo quasi tutti i miei studenti (centinaia!); con qualcuno ho mantenuto rapporti oltre la scuola, di molti ho frequenti notizie. E’ una grande soddisfazione sapere che hanno realizzato le loro aspirazioni e hanno compiuto scelte autonome e consapevoli, anche se, a volte, difficili !
La cultura non paga, ma permette questi risultati. Se la scuola si riducesse a tabelloni, voti, promozioni, debiti o bocciature, non ci sarei rimasta per 38 anni!
Forse qualcuno la pensa così, ma in questo caso, invito tutti gli altri a seguire il consiglio che Virgilio dà a Dante: non ti curar di lor, ma guarda e passa
Ciao ragazzi, per voi ci sarò sempre!
Saper dire
«Bei titoli» sento dire, ma non sono convinto.
Una volta, chi studiava aveva buone probabilità di trovarsi allo scritto un argomento su cui si era preparato. Oggi, invece, per lo più chiedono di inventarsi qualcosa a partire da una piccola rosa di testi mal scelti. Grande vittoria postuma di Gorgia: non importa sapere, ma soltanto saper dire.
Saluti
L’ultimo giorno di scuola è arrivato anche da noi. Saluto ai colleghi. Concludono il servizio: Maria Luisa Franchi, Calogera Vizzini e Cosimo Lasorsa. Panta rhei: sembra di averli appena incontrati e già ci lasciano per la pensione.
Baci, abbraci e mormorii d’invidia. Benevola, certo, benevola, ma quanti «Potessi anch’io!»
Le colleghe chiedono l’una all’altra: «E a te, quanto manca?». Si perdono in conteggi astrusi e mi chiedono una consulenza. Non la so dare: alla pensione non voglio pensare. Sto così bene con queste persone. Non lo pensano anche gli altri?
In realtà lo pensano. Lo dicono, per tutti, i quattro festeggiati: sono stati tanto bene qui. Eppure se ne vanno contenti. Hanno dato il meglio: si meritano e si godranno il riposo.
I tavoli della sala prof sono imbanditi: un vero banchetto. Brindisi con il miglior vino del mondo: Prosecco di Valdobbiadene.
Godiamo allegri le gioie della convivialità.
Infine, foto di gruppo, scherzi e risate. Tanta voglia di pensione e sembriamo ancora scolaretti. Non è bello così?
Il Preside lavavetri
Tesine per l’esame e powerpoint
«Prof, per la tesina sto preparando una presentazione con Powerpoint» annuncia festante la signorina Frangi. «É una buona idea? Vuole vederla?»
Non faccio in tempo a rispondere: altre richieste in arrivo.
«Le vedrò volentieri. Cominciamo a guardarne una insieme».
Riusciamo a vederne più di una. Per molti argomenti non saprei che cosa dire, ma non importa. Da me vogliono un parere tecnico: hanno usato bene Powerpoint?
Il primo e più evidente difetto delle presentazioni è il contrasto tra testo e sfondo.
Chiedo a Schweiger di leggere. Non riesce. Le ragazze lo guardano come se scherzasse.
Non scherza: è daltonico. Ora sono tutti attenti. «Non c’è solo il daltonismo – spiego – Un buon contrasto tra testo e sfondo è di aiuto per tutti».
Per valutare se il contrasto è sufficiente può bastare il buon senso. Ma, per i più pignoli, suggerisco alcuni metodi di controllo.
Tutto a posto?
Non è così semplice. Bisogna usare caratteri facili da leggere: poco maiuscolo, poco corsivo, non cambiare continuamente colore, non cambiare continuamente carattere, non usare il giustificato, eliminare sottolineature o, peggio ombreggiature, non usare caratteri troppo piccoli, preferire i caratteri sans serif come il Verdana. Se usate un elenco puntato (con moderazione, mi raccomando) fate comparire un punto alla volta.
«Che cosa vuol dire sans serif?»
Faccio vedere Verdana e Times New Roman, Arial e Garamond. Capiscono.
«Perché non va bene il giustificato?»
Anche qui basta far vedere lo sgradevole risultato. «E poi – aggiungo – una presentazione può essere trasformata in una pagina web. Il giustificato può lasciare grossi spazi vuoti che rendono la lettura più difficile per gli ipovedenti».
«Perché un punto alla volta?»
«Perché altrimenti, invece di ascoltarvi, leggono».
«Abbiamo capito, grazie».
«No, ragazzi, non basta ancora».
«?»
«Nel vostro lavoro c’è troppo testo. La tentazione di leggere sarà fortissima ed otterrete tre effetti negativi».
«Quali?»
«Darete l’impressione di usare la presentazione perché non conoscete bene l’argomento. Darete lo stesso messaggio con due mezzi diversi e l’occhio del lettore sarà più veloce del suo orecchio. Sarete i servi della presentazione.
L’esame, ormai lo sanno tutti, prevale sul curricolo. Più di metà della commissione non vi conosce. Avete a disposizione un quarto d’ora tutto vostro. Dovete brillare, dovete stupire, dovete emozionare. Alla fine della vostra presentazione, i commissari devono ammirarvi e pensare di aver imparato qualcosa».
«E come possiamo fare?»
«Poco testo: il testo deve essere al vostro servizio, non voi al suo. Titoli efficaci: devono comunicare subito l’essenziale. Parole chiave in grassetto. Immagini significative. Niente clipart.
Siate semplici, credibili, emozionanti. Voi, non gli effetti speciali. Quelli usateli il meno possibile, solo per sottolineare qualcosa di veramente importante».
Orgoglio
Viaggio a Vicenza. La guida si complimenta più volte per la preparazione dei nostri alunni.
Il merito è del professor Colavolpe e degli studenti, ma sono orgoglioso anch’io.