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Via del Volontariato

il prof. Paganini

Questa mattina, questa caldissima mattina di fine giugno, per di più tempo d’esami, alle 5,00 non riuscivo proprio più a restare a letto. così mi sono alzato per ritirarmi in quello che in quasi tutte le famiglie è, se la fortuna assiste, l’ultimo angolo di tranquillità di ogni padre e, data l’ora, lo era davvero.
Questa mattina niente letture culturali, soltanto un po’ di Littizzetto.
Poi, anche a prendersela comoda, alle 7,00 ero più che pronto e allora, via, in sella alla mia vecchia e cigolante bicicletta. Gli undici chilometri che mi separano da scuola in queste mattine luminose sono un anticipo di Paradiso (così, quand’anche in quello lassù non mi volessero, potrò sempre consolarmi).
Era presto e pedalavo placido ruminando pensieri ed ecco presentarsi nitida l’immagine della via che affianca la scuola. É una via ampia, curata, con la sua brava targa: «Via del Volontariato». Nobile intenzione quella dell’Amministrazione Comunale. Purtroppo, tragica ed involontaria metafora, all’ingresso è ben visibile un segnale stradale: «Strada senza Uscita».
Mi veniva la malinconia ogni volta che ci pensavo. Questa mattina, poi, mi sembrava intollerabile. così, ho imboccato deciso una stradina di campagna determinato a trovare un passaggio per Via del Volontariato. Ebbene, c’è! Ancora meglio è andata al ritorno, quando ho tentato un percorso leggermente diverso.
Che gioia aver rovesciato la metafora: dove auto e TIR non possono passare, la mia vecchia e sgangherata bicicletta, aiutata da un po’ di sudore, non ha trovato ostacoli, dove amministrazioni ed imprese devono arrestarsi, i poveri mezzi del volontariato giungono a destinazione.
C’è ancora speranza!

Ricordi

il prof. Paganini

Tutte le cose involve l’oblio nella sua notte. Per fortuna!
Sono smemorato, ma ne sono contento: non faccio nulla per ricordare volti, momenti e situazioni.
Non invidio proprio quelli che hanno una memoria di ferro. Basta ad ogni giorno la sua pena. Ci mancherebbe anche di recuperare quella dei giorni passati.
A volte, però, il passato ritorna all’improvviso. Basta un riflesso di luce, un suono, una pressione sulla mano…
Per carità! Non pensate a Proust ed alla sua madeleine. Lui ha dedicato sette volumi alla sua Recherche. Esagerato! Quando sono arrivato a metà del settimo volume ero saturo: l’ho chiuso, per non riaprirlo mai più.
Io parlo di ricordi più ruspanti e genuinamente frammentari.
E così gli errori trovati in un tema mi hanno fatto ricordare di Gabes (sic) Malapasta, una ragazza alta (si fa per dire) più o meno un metro e cinquanta. Aveva il grande sogno di diventare poliziotta e aspettava il bando del corpo di polizia della repubblica di Lilliput.
La stavo interrogando sulla rinascita agricola, economica, demografica, ecc. dopo l’anno 1000. Dopo un’introduzione dignitosa, aveva aggiunto che la crescita demografica era stata favorita dalla maggior diffusione della coltura dei legumi, che erano molto nutrienti e facili da conservare. La domanda mi era venuta spontanea: «E come li conservavano?». E lei, con uno sguardo stupito: «In frigo!». Non ero riuscito a trattenermi ed ero esploso in un boato di risate convulse. La poverina era arrossita violentemente, sembrava un pomodoro maturo, ed aveva cercato di correggere l’errore: «No! Mi scusi professore, mi sono sbagliata. In freezer!»
E fu un bell’otto sul registro! (Non è vero, ma mi sarebbe piaciuto)

Fine settimana, pane e poesia

il prof. Paganini

Sto viaggiando in auto verso il paese dove è nata mia moglie quando l’insegna di un piccolo negozio richiama la mia attenzione: “Il poeta panettiere”. L’ho vista, indifferente o con un po’ di sufficienza, per decine, forse centinaia, di volte. Ma oggi cattura la mia mente nel suo quieto gorgo. É bello pensare che il lavoro sia poesia; non soltanto labor, travaglio e fatica, ma poiesis, produzione e creazione. Mi sovviene, però, che il nostro panettiere è poeta perché accompagna il pane con poesie, spesso stampate sui sacchetti. E così, travolto dal delirio, mi immagino i suoi versi:

T’amo pia biova; e mite un sentimento
Di pace e sazietà al cor m’infondi
O che solenne come un nutrimento
Tu allieti i deschi liberi e giocondi.

O ancora

Spesso, o sfilatino, ti ho incontrato
Col bel prosciutto che ti invoglia
Con la lattuga fresca in foglia
Condita, unisce il dolce ed il salato

Per fortuna la fame mi strappa alla follia. Mi fermo a comperare il pane. Per questa volta farà rima con salame.

Diario

il prof. Paganini

Giorni di scrutini.
Spostando un banco cade il diario dimenticato da uno studente e rimane aperto. Impossibile non leggere:
«Non ci servono nuovi programmi per la scuola, non ci servono nuovi argomenti o nuove materie da studiare. Quelli che ci sono vanno bene. Non si tratta di abolire il latino e la filosofia per studiare il tedesco e la tecnica d’impresa. Sono falsi problemi. É inutile perdersi in febbrili e frettolose ansie riformatorie. Perché questa frenesia di riformare la scuola?
I programmi attuali sono buoni, le materie da studiare sono più che sufficienti.
Non ci servono nuovi programmi, non ci servono nuove materie. Basta non studiare quelle che ci sono! »

Lunedì mattina

il prof. Paganini


La domenica è passata (per fortuna). Rieccomi a scuola. In quarta X mi accoglie uno strano serraglio di animali: Madau fa il merlo indiano, Zelli fa la paperella, Sinetta ulula come un licantropo (e non son neanche giorni di luna piena) Sedani fa Sedani e, soprattutto, Zoppi fa Zoppi. La scuola fa (veramente) male.
Non appena riesco, la classe non è acqua, ad ottenere l’attenzione di tutti e mi accingo ad uno show sull’etica tomista, una vespa entra dalla finestra. «O natura, natura, perché non rendi poi quel che prometti allor? Perché di tanto inganni i figli tuoi?»
Potrei spiaccicare l’insetto molesto con un sol colpo d’elastico, ma è roba d’altri tempi. Mi tocca, con complicate manovre e tanta dolcezza fargli riguadagnar l’aere aperto.
Poi, con voce tonante: «La vespa non c’è più, ma il Paga è sempre qui!». Sono invecchiato di un secolo, ma la lezione può iniziare.

Soddisfazioni

il prof. Paganini

É una soddisfazione veder crescere nei propri alunni la consapevolezza storica ed il coraggio delle verità controcorrente. così serberò sempre grato ricordo della mia alunna Lara Pugni, della quarta X che, sola, ha osato sfidare le ipocrisie e le convenzioni della cultura dominante.
Ha avuto il coraggio di scriverlo a chiare lettere nel suo compito: «Da 140 anni c’è nel nostro paese una guerra contro la religione cattolica. (…) Si toccò il culmine quando con la mano morta si operò una vera e propria espropriazione dei beni ecclesiastici».
Davvero non ho lavorato invano…

Altro che Voltaire!

il prof. Paganini

Entrando in sala professori mi colpisce la vista di Sergio Cuffietti, il collega di storia e filosofia del corso X. Sta singhiozzando con la testa china sul tavolo.
Accorro preoccupato. Che gli sia successo qualcosa in famiglia?
Poi capisco. Sta piangendo di commozione. Ha scoperto il genio di un suo alunno che, ben oltre Voltaire, ha trovato il coraggio di denunciare nefandezze della Chiesa sino ad ora tenute nascoste.
Incurante delle conseguenze, lo ha scritto a chiare lettere nel suo compito di storia: «Nel Trecento, migliaia di morti furono ripetutamente provocati dalle eucaristie!»
Abbraccio il fortunato collega e mi abbandono a mia volta ad un pianto commosso.

Il Cardinale Robespierre

il prof. Paganini

Ore 8,15 terza X – Interrogazione di Filosofia. Argomenti: Epicuro, Stoici, Scettici, Plotino, Agostino. La signorina Tenacci, studiosa e diligente, cerca di instradarmi dichiarando quanto le sia piaciuto Epicuro. Penso dentro di me che sia troppo facile per lei, che vive in una reggia di ventiquattro stanze, dichiarare ammirazione per Epicuro che vedeva il massimo del piacere nel campare di pane e cipolla senza troppi fastidi. Comunque, siccome son chiare le sue intenzioni, le comunico che sono incorruttibile come Robespierre e lei, giungendo al massimo della captatio benevolentiae, rincara: «Sì, professore. Anche a me piacciono tanto le avventure di d’Artagnan e del cardinale Robespierre!». Per fortuna, dal fondo, si leva il grido di Sele: «Scema, si dice cardinale Ruceliò!».
Mi soccorresse l’oblio…

Magia…

il prof. Paganini

In un angolo dell’atrio uno studente danza ritmicamente con una bambolina in mano. Mi avvicino incuriosito e colgo le maledizioni che sta lanciando ad una professoressa di latino.

Ti venisse un gran tumore
oppur scoppi con rumore.
Io vorrei che tu cascassi
e che ti facessi male,
una cacca tu pestassi
e puzzassi di maiale.
Che ti venga la piorrea
o almeno la diarrea.
Ti strappassero i capelli
e dopo averteli strappati
ti strappassero i budelli
perché s’erano sbagliati.
Ti venisse il mal di denti
e tre figli deficienti.

E giù colpi di spillone

Se il mio rito non procede,
ti si ammali almeno un piede…

Sorrido dell’ingenuo giochetto. In qualche modo ci si deve pur sfogare!
Verso sera, però, sarà la suggestione o che altro, mi viene un terribile male al piede sinistro: camminare è una vera pena.
Che c’entro io? Perché non alla persona cui era indirizzato? E mi confermo nella convinzione che la collega deve aver stretto un patto con Belzebù. così ci vò di mezzo io.
Al prossimo collegio dei docenti proporrò un corso di aggiornamento sulla magia bianca, nera e rossa e provino a prendermi in giro!

Analnatrach
Utwas betot
Utwas dien be
Balescit barsà.