Mi è capitato altre volte di trovarmi di fronte ad autori di libri che avevo letto. Gli scrittori sono parti molto speciali delle nostre vite, poiché sono in grado di raccontarci milioni di storie, incuriosirci con straordinarie avventure, tenerci compagnia per intere giornate senza tuttavia farsi mai vedere.
Si nascondono tra le parole dei loro libri, non hanno fisicità, sono astratti. Gli artisti vengono quasi oscurati dalle loro opere: non c’è alcun paragone tra la popolarità di J.K Rowling e quella del nostro Harry Potter, né c’è da discutere su chi sia il più conosciuto tra Geronimo Stilton e… un momento, chi ha scritto Geronimo Stilton?
Sono personaggi da scoprire, gli autori, tanto quanto quelli che loro stessi raccontano nei libri. Proprio per questo motivo l’incontro con lo scrittore Fabio Geda mi ha colpito particolarmente e forse un po’ più di tutti gli incontri avuti in precedenza. Talvolta, infatti, chi narra finisce per nascondersi nel proprio scritto persino in queste occasioni, tanto vi ci è abituato. Finisce per far parlare il libro al posto suo, si fa sostituire. Geda invece, ha fatto il processo opposto: ci ha parlato di lui, delle sue convinzioni e della sua visione del mondo, ci ha insomma mostrato sé stesso e quello che di lui c’è nel libro anziché mostrarci ciò che c’è del libro in lui.
Credo che i concetti espressi nelle pagine di Anime Scalze abbiano preso forma e sostanza attraverso la condivisione di questo momento. Siano diventati quasi tangibili nella misura in cui si riflettevano nella persona che avevamo di fronte. In effetti, ci raccontava l’autore, la storia che abbiamo letto fa decisamente parte del suo vissuto, narra di vicende che lui ha toccato con mano, parla di ragazzi che ha conosciuto ed esperienze che ha fatto nel suo periodo di volontario in comunità italiane. Chiacchierare con lui ci ha consentito di ampliare il libro, espandendolo in direzioni talvolta inaspettate, ma soprattutto uscendo dallo schermo della fantasia per entrare in un vero e proprio sguardo sulla realtà che ci circonda. Ogni sua risposta portava in allegato una chiave di lettura sulla vita e sul mondo, una sua interpretazione intrisa, a mio modo di vedere, di tre concetti fondamentali: speranza, ricerca e accettazione. Tre momenti che si autoalimentano in un circolo virtuoso che ci aiuta a dare una direzione alla nostra vita e al nostro futuro, in una sorta di moto continuo che è necessario per evitare di farsi trascinare, se non travolgere, dagli eventi.
La metafora del fiume che scorre e viene percorso controcorrente dai ragazzi in canoa, che risplende nel tramonto del libro, è stata parte integrante della discussione con l’autore che ha più volte insistito sul costante mutare delle cose attorno a noi, sulla casualità, ma anche sul ruolo che noi possiamo avere nel guidare la nostra vita dove vogliamo portarla all’interno di queste correnti, tenendo sempre viva la speranza verso il futuro e nel cambiamento, accettando che le cose non saranno sempre perfette, ma comprendendo come anche un piccolo passo avanti sia meglio di non muoversi. L’idea è di non fermarsi mai, non smettere mai di cercare. Non importa l’età, il nostro passato, gli errori che abbiamo commesso. Procedere sempre. Scalzi e quindi liberi di esplorare, cercare i nostri confini, sporgerci e non avere paura, pur consci dei pericoli insiti nel processo.
Tornando in classe, al termine dell’incontro, avevo netta la sensazione che le due ore appena trascorse avessero avuto un reale valore, che mi avessero dato qualcosa che prima non avevo, che avessero completato un discorso che era rimasto aperto con la lettura del libro e che soprattutto ne avessero aperti altri su argomenti nuovi, ed è proprio sull’onda di questi stimoli, pensieri e visioni che mi ha regalato oggi che vorrei ringraziare Fabio Geda.
Martino Arioli
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