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NON MI RASSEGNO!!!!

Inutile, io non mi rassegno. Rinnovo l’invito a tutti gli studenti del Calvino a fare volontariato al canile. perchè farlo? Ci sono tanti motivi, tutti validi. Per cominciare perchè fate del bene in primo luogo a quelle povere bestiole e, in secondo luogo, a voi stessi (vi pare poco?). Inoltre se amate gli animali può essere una buona occasione per conoscerli meglio e per stare con loro. Molti di noi non hanno la possibilità di avere cani perchè la casa è piccola, o perchè i genitori sono contrari o ancora perchè di casinisti in casa, tra gatti, pesci, conigli, pappagallini e fratellini/sorelline, ce ne sono abbastanza! Venendo al canile potete coccolarvi tutti i cani che volete, avete solo l’imbarazzo della scelta! Di sicuro non si azzardano a perdere neanche una delle vostre carezze. Ricordo che non è un impegno fisso, solitamente io ci vado appena ho un pomeriggio libero (come voi studenti ben sapete, in realtà sono più rari delle mosche bianche!!!).
Non c’è pericolo che i cani vi trasmettano chissà quali malattie o vi sbranino (anche se la fame è tanta!!), dunque non siate timorosi.
Non voglio dirvi che è una passeggiata, ci sono anche momenti in cui ti piange il cuore. L’altro giorno non è stata facile. Appena entrata ho visto una piccola bastardina beige. Con TRE ZAMPINE. TRE. Ho portato fuori anche un bellissimo pastore tedesco, al quale mancava l’estremità di una zampa di dietro, ma correva come se fosse sano. Di sicuro non poteva perdere quei pochi, unici, velocissimi momenti di libertà. Il lavoro dei volontari è molto utile. Vi ricordate quel cane depresso e terrorizzato di cui vi avevo parlato nel precedente articolo? Un ragazzo è riuscito ad acquistare un pò della sua fiducia e finalmente, anche se tremante e diffidente, è uscito dalla gabbia. E’ un chiaro segnale che il nostro lavoro serve. Un ‘altra cosa che mi ha molto colpita è stata la bellezza di alcuni animali, che non aveva nulla da invidiare ai campioni pluripremiati. C’è un Rotwailer (chiedo aiuto al Prof Pigni, so già di aver sbagliato a scrivere!) con un forte corpo scultoreo ed una testa enorme. Spero di non avere mai conti in sospeso con un simpatico cane come quello… C’è anche un cane lupo di circa2anni che sembra appena uscito !vincitore! da un concorso canino. Vi racconto brevemente altre due storie che, per chi avesse ancora dubbi, dimostrano che l’uomo è più feroce di ogni altra bestia. La prima è la storia di un Bellissimo Pitbull Rosso, RED. I suoi occhi azzurri, incastonati come gemme preziose nel suo muso, ti fissano da dietro le sbarre con rassegnata voglia di una vita normale. SI, perchè la sua vita non lo è stata. Sicuramente sognava coccole e pomeriggi a rincorrere bastoni. Sogni dilaniati, come la sua pelle, sul ring delle scommesse clandestine. Il bello è che le cicatrici non verranno mai cancellate, anche perchè nessuno (non è cmq da biasimare) è disposto ad adottare un cane con quel passato di violenze. L’ultima storia che vi racconto è quella di un bellissimo Setter da caccia bianco, abbandonato malamente dal suo padrone perchè sordo e inutile al riporto. La sua Odissea però è inominciata in canile. Sballottolato da una famiglia adottiva all’altra, a causa della sua sordità. Trattato come un giocattolo guasto… “Scusi, mi sono accorto che è rotto, lo posso cambiare?? Tranquilli ho lo scontrino..”

ricordo il sito internet… www.canilimilano.it !!!!!!!!!!!!

Gita a Paris – Capitolo primo

Luca Cirio

La settimana scorsa siamo stati a Paris e ho deciso di narrarvi una storia che prende ispirazione da questo viaggio…racconterò tutto in terza persona…ogni riferimento a persone, fatti e cose è puramente voluto.
Domenica 19 febbraio 2006, ore 23.00: L’Oltreuomo (che poi sarei io, a detta del prof paganini) scende dalla macchina per arrivare al ritrovo alla stazione centrale per la partenza. Non piove da più o meno un paio di secoli e questa maledetta sera i simpatici angioletti infami hanno deciso di rovesciargli addosso tutta l’urina che avevano conservato nelle loro vesciche…imperterrito, il nostro eroe avanza con una borsa su una spalla e la sua fedelissima chitarra scrausa da quattro soldi sull’altra imprecando contro ogni dio presente sul monte olimpo per la pioggia scrosciante che infradicia il suo giubbotto e, come se non bastasse, gli bagna gli occhiali conferendogli un aspetto più demente di quanto non lo sia di solito. Sconsolato, scorge in lontananza una moltitudine di disperati ragazzi in attesa…ebbene sì, sono i suoi compagni di viaggio. Il tempo di chiacchierare un pò e poi via, sul treno. La massa di giovanotti sale mentre un gruppetto di sei ragazzi, composto dall’Oltreuomo, Sbarbatelli, il Conte, il Biondino, il Meridionale e il Poeta viene mandato in esilio in un vagone dimenticato dal mondo. Questi ragazzi ignorano di essere lì lì per passare la notte più lunga della loro vita. Una volta trovata una scomoda sistemazione nel loro scompartimento, i sei ragazzi cercano inutilmente varie attività per passare il tempo, tra cui il gioco del gessetto, guardie e ladri, la tombola e rubamazzetto: niente da fare. L’unica cosa che riesce a suscitare la loro ilarità è una foto fatta a Sbarbatelli in cui si nota inequivocabilmente l’eccessivo spazio volumetrico occupato dal suo naso?il poveretto non sa che a causa di questo sarà oggetto di scherno per i restanti quattro giorni. L’Oltreuomo tira allora fuori la sua chitarrina in cerca di conforto musicale nei suoi idoli Hendrix e Dylan, ma viene costretto dai 5 amici a cantare tutto l’ultimo album di Mino Reitano, ghost track compresa. Intanto il tempo passa e le palpebre dei cinque amici si chiudono lentamente?una volta riusciti a incastrarsi per cercare invano la comodità in uno scompartimento di 2 metri quadri (devono averlo inventato così il tetris in russia?), il sonno prende il sopravvento.
Fine prima puntata!!!!!!!

LACRIME DI COCCODRILLO

Il nuovo numero della “CURIERA” fa nascere in me istinti censori, ma resisto: anche se in questo caso il costo del “protagonismo degli studenti” è veramente spropositato.
Mi soffermo soltanto sui due immancabili articoli sull’autogestione: il primo, meno insolito, versa le solite lacrime di coccodrillo per il comportamento dei compagni.
E mi fa arrabbiare, perché tutti gli anni predico nel deserto: perché bisogna svilire l’importanza di un diritto di partecipazione usandolo male? Perché, se il massimo dei giorni consecutivi è quattro, bisogna per forza farli tutti, per di più improvvisando, senza contenuti, senza programma e senza risultati?
Il secondo articolo sull’autogestione, invece, garrulo e felice, traccia un quadro inquietante del “gruppo sesso”: non certo perché si siano fatte grandi scoperte (del resto ormai impossibili, dopo migliaia di anni di infaticabile esercizio a tutte le latitudini) ma per la volgarità e l’indelicatezza dell’approccio. Non sono certo l’unico a pensarla così.
E non sono nemmeno l’unico a pensare che le ore di scuola non possano essere legittimamente impiegate in attività tanto povere di contenuti quanto ricche di provocazioni gratuite, di tentativi di intrusione indelicata nella sfera privata delle persone, che non sono certo tenute a dichiarare in pubblico se sono vergini o no, su sollecitazione di “capigruppo” che dimenticano un vecchio e popolare adagio: tanto più se ne parla, quanto meno se ne fa.
Dopo aver visto i servizi d’ordine penare e soffrire per buttare la gente nelle aule, (dove peraltro non si faceva niente se non bivaccare senza costrutto), dico con assoluta chiarezza che così non mi sta più bene.
Preparatevi dunque, cari studenti, perché ci sarà da discuterne: dalla ripresa del confronto uscirà, spero, qualcosa di nuovo.

Il riflesso negli occhiali.

No, caro Prof. Pigni, a me non la fa. Lei è un pazzo! Ma davvero vuol farmi credere di essere volato a Vienna dal Dr Freud? E di avergli sottoposto il caso clinico – peraltro patetico, se lo lasci dire – dell’ “atto mancato” di una macchinetta che si rifiuta di darle il cioccolato? Se lo lasci dire, la sua patologia è ben più grave di una semplice nevrosi d’angoscia: i suoi sintomi sono davvero allarmanti e si collocano nell’ambito dei disturbi psicotici. Altro che analisi, lei avrebbe bisogno di un T.S.O. (trattamento sanitario obbligatorio)!
Sappia comunque che esiste la prova provata che lei è vittima di un’allucinazione. Io posso dimostrarle che in realtà non ha mai incontrato il Dr. Freud, e sa come? Lei dice di essersi visto rispecchiato nelle lenti del medico; ebbene, ciò è impossibile dal momento che egli non si siede mai di fronte al paziente, ma si colloca alle sue spalle! Come faccio a saperlo? Da anni, due volte la settimana, vado in Berggasse 19 per la mia terapia analitica col Dr. Freud!

Freud e la cioccolata

Mi sorprendo canticchiare l’operetta “Wien, Wien, nur du allein” mentre osservo dal bianco e rosso tram n. 2 l’imponente Rathaus e gli edifici neoclassici dell’Universität. Scendo un po’ perplesso alla fermata dello Schotten Ring, e, poco dopo, incrocio sospirando la Maria Theresien Straße. Costeggio ora l’austera mole della Rossauer Kaserne pensando al problema che da Rozzano mi conduce qvi, anzi, qui, a Vienna. Una follia che mi costa un occhio della testa.
Il semaforo della Türkenstraße è rosso. Un’ambulanza con sirena mi sfreccia lamentosamente davanti. Forse una profezia.
Verde. Proseguo in Schlickgasse e giungo alla fatidica Berggasse. Sono davanti alla mitica Haus Berggasse 19.
Il massiccio portone in legno coronato da grosse pietre levigate. Premo il citofono: S.Freud. Il portello scatta ed entro nell’androne illuminato da fioca luce. Scale. Secondo piano. Porta verde. Elegante. Suggestiva. Mi accoglie il barbuto professore in persona. Sono emozionato. La tappezzeria rossa, le porte in lacca bianca, le librerie stracolme, la luce discreta delle finestre primo novecento. Zeitgeist.
Colgo l’aspro odore di sigaro. Virginia, penso.
Guten Tag, sie sind rechtzeitig” siete puntuale.”Bitte liegen Sie unten auf der Couch” accomodatevi sul divano.”
Guten Tag, Herr Doktor. Ich komme von Rozzano, Provinz Mailand. Italien.” Ribatto eccitato e garrulo.
Ja, Ja, Jetzt, denke sie im liegen.” ora, rilassatevi e pensate. Il dottor Freud è ospitale e mite come lo sa esserlo l’auditor viennese che certifica la nostra scuola.
Mi sento meglio, proprio meglio.
“So?” Già, tocca me parlare, è la regola. Il tempo di Freud è prezioso e…costoso.
Sento la mia voce dire in un tedesco maccheronico: “Ich bin hier, ein ernstes Problem zu lösen, Herr Doktor.” Sono qui per un serio problema. (Ho mandato a memoria il discorso in aereo con un vocabolarietto.)
Frustration, Herr Doktor”.
“Hmm.” Fa Freud senza aggiungere altro. Il divano è proprio comodo, e mi vedo rispecchiato nelle lenti del grande psiconanalista che, come si sa, ascolta senza interferire.
“Alla fine di una pesante mattina di scuola…”,”Am Ende eines schweren Morgens der Arbeit mit den Studenten…
“L’unico sollievo dell’anima è una tavoletta di cioccolato dalla macchinetta.” “Der einziges Trost der Seele ist Schokolade vom Schuleverkaufäutomaten.”
Mit Haselnüßen.” Alle nocciole, aggiungo pedante.
Il professore sorride bonario, ma scruta la mia anima senza intervenire.
Sechzig Eurocents!” sessanta centesimi.
“Hmm.”
“La tavoletta viene avanti. Die Schokolade kommt vorwärts,”
Aber es stoppt am letzten Moment! Ma si ferma all’ultimo istante. Blockiert. Bloccata. Blockiert! Die Maschine ist kaputt.” “Und die Schokolade stoppt dort. E resta là. Unerreichbar, Herr Doktor! Irraggiungibile, inaccessibile, frustrante.”
“Profate le patatine!”, scoppia il dottore divertito, che un po’ d’italiano lo mastica per le sue vacanze in Tirolo, tirando un’azzurra boccata di sigaro.

GLI APACHE, KEATS E LA REGINA

Come il disincantato conte Chojnicki dice nel romanzo di Roth allo sconcertato Baron Trotta (mio spirito guida) “Franz Joseph kennt mich.”, così sua graziosa maestà Elisabeth II mi conosce. Ero in prima fila in piedi accanto al portone quella mattina di qualche anno fa durante la Sua augusta visita a Milano e, scendendo compostamente dalla Rolls a tre metri da dove stavo, guardò nella mia direzione e i nostri sguardi si incrociarono. Avrà pensato: ” Have we ever met before?” sì, maestà, nel New Mexico.

Quell’incontro e quello sguardo privato coronavano anni di passione sfrenata per l’Inghilterra e dintorni. Tutto era iniziato quella mattina del marzo 1963 nel bar di via Fatebenefratelli, quando un mio giovane amico offrì cinquanta lire alla famelica divinità allora nota come juke box.
Il braccio meccanico si mise in movimento, catturò un riluttante 45 giri in vinile dall’etichetta viola e l’inesorabile puntina fece il resto. Bang! La vita di un uomo può cambiare così.
In pochi istanti, il locale frequentato dagli agenti della questura, si trasformò per incanto in un angolo riarso del Nuovo Messico: Apache!
Non era una voce umana quella che eccheggiava tra il banco e i tavolini, era il ruggito possente di una Fender, con la Gibson la più famosa chitarra elettrica rock. Che sound, che impasto di timbri, e il battere suggestivo del tamburo… Era un call, una chiamata.

Quando la musica finì, mi sentìi prostrato, svuotato keatsianamente dalle emozioni vissute, folgorato dalla dea della musica. Chi suona? Chiesi. Sono inglesi, ‘The Shadows’ mi fu risposto, pronunciati allora alla meneghina, ‘de Scèdos’.

Finì con un fondo d’investimento. Cinquanta e cinquanta lire precipitavano garrulamente nello slot dell’insaziabile macchina fino ad esasperare gestore e avventori:” Te podet no cambiaa musica? Propi semper quella?”
Sì, cari sciùri, propi semper quella. Quel rombo impetuoso, quel tuono elettronico, quella titanica melodia evocava rocce rosse, mustang pezzati, uomini rossi e winchester, cespugli rotolanti: America!

Da allora emozioni a gogò, estasi sublimi, spettacoli, cuori infranti, l’art pour l’art… il registro blu da prof. d’inglese.

Alt! Fermi tutti. perchè già allora, nella Milano dei primi anni Sessanta, in coda alla cassa dei music shop con le seicento lire in mano, il dilemma inquietante si insinuava tra le pieghe della felicità: “Heard melodies are sweet, but those unheard are sweeter.” La fatale profezia di Keats turbava le ‘great expectations’ di un futuro prof d’inglese : estrarre l’ultimo disco degli Shadows fresco fresco da Londra dalla custodia e prepararsi alla delusione di una tune inferiore ad Apache, o lasciarlo riposare nella stillness della sua busta per sempre, incontaminato, avvolto nell’ovatta dell’immaginazione eccitata dal suggestivo titolo in inglese?
That was the question.

Buona guarigione

Mentre fervono i preparativi per la partenza, destinazione Paris, i ragazzi della classe 5B augurano una veloce guarigione al loro mitico Joe Starret. Secondo la recente scoperta dello scienziato austriaco Pigner von Pignis, si raccomanda alla famiglia una cura a base di cioccolato (meglio se fondente e nocciolato) e SACHER TORTE!! Guarigione assicurata!

IL CIELO IN UNA STANZA

Avete presente il cielo stellato di una calda notte estiva…? Le stelle che brillano, la luna lucente…incantavole cornice di baci estivi.. Malinconia a parte, se avete voglia di rivedere questo cielo e di capirne un pò di più, andate a visitare il PLANETARIO.. Noi maturandi (aiutoooooooo) MARTEDì abbiamo seguito una lezione che ripercorreva le tappe che hanno portato l’uomo a ipotizzare il modello eliocentrico. Grazie a bellissime proiezioni in movimento sulla volta siamo riusciti a capire molto chiaramente le teorie che riempiono pagine e pagine dei nostri libri.. un viaggio fantastico in orbita, fra stelle e pianeti, per immaginare realmente quel che ci circonda.