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Le paure di una studentessa di quinta

Oggi non sono andata a scuola; con mio fratello (che ha avuto il buon cuore di accompagnarmi) sono andata a Pavia, all’università, siccome oggi c’era l’open day della facoltà di Filosofia.
Ormai siamo a Febbraio e la maturità è sempre più vicina, il mio futuro è sempre più vicino; futuro composto da così tante domande e, ovviamente, da nessuna risposta! “Filosofia o matematica all’università?”; “finita l’università cosa farò?”; “come posso trovare un lavoro?”; “come farò a mantenermi?”; “e la casa? e la macchina?”.
I miei genitori piano piano mi stanno facendo capire cosa significhi “mantenersi” iniziando a non pagarmi più un po’ di cose. Parlo di sciocchezze: vestiti, capelli, le uscite, i pranzi o le cene fuori. Ma io già sono nel panico! Ho così tanti progetti: viaggi, una macchina, andare a vivere da sola, fare l’insegnante, costruirmi una famiglia…
Ma ho paura perchè non so rispondere alla domanda “come si fa ad ottenere tutto questo?”.

Determinazione ed impegno! Certo, credo che quello non mi manchi eppure non è tutto, mi mancano certezze, appoggi, sicurezza.

Vedere la maturità così vicina mi ha catapultato nel “mondo dei grandi”, quello che fino all’estate 2009 mi sembrava così lontano, così distante da me.
Ed ora questo mondo lo vedo così pieno di fallimenti, lì pronti a colpirmi. Non so se sono pronta per il mondo dei grandi; non so se ho le qualità adatte; non so se se ce la farò!
Poi guardo i miei compagni di classe, i miei amici e le persone che mi stanno accanto. Mi sembra che pochi si pongano le mie stesse domande ed abbiano le mie stesse paure.
Non vedevo l’ora dei 18 anni, come ognuno! Ma ora, a pensarci bene, mi calzavano a pennello i miei 17!

Ultima Fase Assemblea d’Istituto

Eccovi l’ultima parte dell’Assemblea d’Istituto.
Un discorso da sottolineare è certamente quello sull’Italia stessa. L’unica differenza tra il razzismo in Italia di oggi e quello di qualche tempo fa è che fino a qualche generazione fa gli italiani erano fieri di definirsi “orgogliosamente razzisti” mentre oggi siamo tutti d’accordo in pubblico sulle decisioni morali da rispettare ma poi non c’è applicazione pratica di questi principi e allo stesso tempo anche noi abbiamo credenze xenofobe senza alcuna prova pratica, come il fatto che gli zingari siano ladri e nomadi di scelta (si trovano nei campi profughi non perché vorrebbero avere anche loro una casa ma perché gli piace la sporcizia) oppure che i musulmani siano tutti terroristi e siano qui per convertirci e conquistarci. Sempre a proposito dell’Italia una domanda che è stata posta è: “Ma come mai noi, che apparteniamo alla parte di mondo che si muove velocemente verso il futuro e (in teoria) verso la tolleranza siamo ancora così razzisti?” Gad Lerner in quest’occasione ha trovato una risposta particolarmente veritiera: siamo ancora così perché siamo partiti per il viaggio verso il futuro senza risolvere però i problemi economici alla base, creando incredibili squilibri nel mondo e una vera e propria guerra tra ricchi e poveri, che inevitabilmente porta al razzismo. “Ma perché in Italia, più che in altri Stati, questo problema è sentito così fortemente?” Secondo Gad il motivo è da cercarsi nella debolezza e l’autoindulgenza della cultura italiana: col pretesto che “siamo brava gente” in Italia abbiamo accettato di non impicciarci negli affari sporchi e di mantenere un’ipocrita facciata di tolleranza: da quando, dopo le leggi razziali del 1938, abbiamo iniziato ad autoconvincerci che in realtà queste non fossero mai messe in vigore realmente, o almeno non come in Germania, oppure che se separavamo i perseguitati lo facevamo non per cattiveria ma per il loro bene, abbiamo assunto questo stile di vita contraddittorio che può essere riassunto molto efficacemente con un esempio posto dallo stesso Gad Lerner: se oggi qualcuno proponesse di mandare fondi o adottare dei bambini di Haiti, in seguito alla catastrofe di settimana scorsa, probabilmente la gente si alzerebbe in piedi applaudendo. Ma se fra qualche settimana qualcuno suggerisse di accogliere nel nostro Paese anche solo 1000 abitanti di Haiti, dato che lì non hanno più un luogo dove vivere, quale sarebbe la reazione? “Ma è possibile che il governo italiano non abbia neanche voglia di tentare un’integrazione?” Secondo l’ospite la questione è diversa: semplicemente il fatto che ci siano immigrati sfruttati ha un interesse pratico: siccome la nostra economia è basata per 1/3 su lavori illegali che comunque permettono il benessere dell’Italia, serve che ci sia una quota di stranieri che resti irregolare in modo da poter essere sfruttata con orari di lavoro e stipendi disumani. In Italia servono schiavi zitti, impauriti e ricattabili. Naturalmente a questo punto è stata posta una domanda su Rosarno e Gad ha dichiarato che gli avvenimenti accaduti nel gennaio 2010 nella provincia di Reggio Calabria segnano una data storica: “il giorno in cui i bianchi hanno detto che i neri erano come le bestie e che se ne dovevano andare e la polizia ha ritenuto che l’unica cosa da fare fosse portarli via in base al colore della pelle”. Questa è una terribile sconfitta per la civiltà italiana, un’umiliazione che riguarda tutti noi. Il vero pericolo è che episodi come questi si susseguano e noi ci si abitui a sopportarli: il pericolo è l’assuefazione, come per una droga. “Ma lei come fa a sentirsi parte integrante dell’Italia se l’ha rifiutata per 30 anni?” A questa domanda Gad ha risposto finalmente con un po’ di ottimismo e speranza affermando che ama l’Italia perché comunque questa lo ha aiutato e che le vuole così bene da essere severo con lei e con le sue leggi, tanto da voler cambiarla in meglio.

Trovo che l’incontro sia stato molto interessante ed utile e di certo non possiamo non aver apprezzato l’estrema franchezza di Gad Lerner che si è dimostrato piacevole, chiaro e per niente altezzoso nonostante la celebrità. è riuscito a farci ragionare attraverso concetti nitidi e comprensibili, rispondendo alle nostre domande ma anche ponendocene. La sua domanda fondamentale è stata: “è giusto che persone che fanno lo stesso lavoro abbiano un trattamento diverso a seconda del passaporto?” Ognuno di noi avrebbe una risposta per questa domanda ma di certo quella più efficace è stata quella di Joaquin, che in assemblea ha raccontato la sua esperienza in quando italiano originario dell’Argentina: ci ha descritto l’ingiustizia subita dalla sua famiglia ogni volta che devono rinnovare il permesso di soggiorno o la follia di dover attendere 2 mesi per ricevere la nuova patente dalla Zecca di Roma invece di ottenerla facilmente in qualche settimana come ogni altro italiano. Nessuno crede che sia profondamente sbagliato essere trattati come feccia e spinti dai manganelli solo perché si ha fatto “l’errore” di nascere dalla parte “sbagliata”? Non ci rendiamo conto che è molto più facile nascere in un luogo messo male? Noi abbiamo fatto qualcosa per meritarci di essere italiani? E secondo quale principio crediamo di avere il diritto di sfruttare e maltrattare coloro che invece magari se lo meriterebbero più di noi?

Morale, morali?

Fondare la morale?
I miei alunni non nascondono i dubbi. Il relativismo estremo sembra essere l’ovvietà dei giorni nostri.
Ma forse una risposta è possibile. Ci provo.
Non pretendo di essere originale: salgo sulle spalle di Aristotele. Nella Politica, dice che l’uomo è il più comunitario di tutti gli animali perché parla:

É chiaro quindi per quale ragione l’uomo è un essere comunitario molto più di ogni ape e di ogni altro animale che viva in gruppo. Infatti, come sosteniamo, la natura non fa niente a caso. Tra gli animali solo l’uomo possiede la parola. La voce serve ad indicare la gioia e il dolore e, per questo motivo, la possiedono anche gli altri animali (…); il discorso invece serve ad esprimere l’utile e il nocivo, e quindi il giusto e l’ingiusto. Ecco l’elemento che differenzia l’uomo dagli altri animali: l’avere, egli solo, la percezione del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto e degli altri valori. L’avere in comune questi valori crea la famiglia e la polis.

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Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario. [Primo Levi]

Oggi, 28 gennaio 2010, le classi quinte e la classe 3A del liceo, accompagnate dai proff. Cappellini, Colavolpe, Pocchia, Paganini, Pigni e Acciavatti, si sono recate al Conservatorio “G. Verdi” per assistere ad un concerto in memoria della Shoah e al racconto di Goti Bauer riguardo la sua esperienza nei campi di sterminio nazisti, dai quali è sopravvissuta.

Inizialmente l’orchestra e il coro del Conservatorio ci hanno fatto ascoltare “A Survivor from Warsaw” di Arnold Schoenberg.

Orchestra e Coro del Conservatorio

I sopravvissuti, quando sono riusciti a trovarne la forza, hanno raccontato strazianti scene di persecuzione e di morte. Questo è il tema centrale del testo utilizzato da Schoenberg per la sua composizione.
“You had been separated from your children, from your wife, from your parents;
you don’t know what happened to them – how could you sleep?”
[Eravate stati separati dai vostri bambini, da vostra moglie, dai vostri genitori; non si sapeva che cosa era accaduto a loro – come si poteva dormire?]
“I must have been unconscious. The next thing I heard was a soldier saying: “They are all dead”, whereupon the sergeant ordered to do away with us.
There I lay aside half-conscious.
It had become very still – fear and pain.”
[Devo essere rimasto privo di conoscenza. La prima cosa che udii fu un soldato che diceva: “Sono tutti morti” , al che il sergente ordinò di sbarazzarsi di noi. Io giacevo da una parte mezzo svenuto. Era diventato tutto tranquillo – paura e dolore.]

In seguito Goti Bauer ha raccontato la sua esperienza terribile e la prima cosa che ha detto è stata: “Una delle angosce di noi sopravvissuti è che non rimanga la memoria” ed è proprio per evitare che questo accada, che riesce a trovare la forza d’animo necessaria per ricordare, raccontare e quindi rivivere quei tragici momenti.

Goti Bauer

Il suo racconto ha colpito tutti in modo profondo, soprattutto la parte dove descriveva ciò che si vedeva dalle finestre della sua baracca, cioè forni dai cui camini usciva costantemente fumo e quando alcuni chiesero a cosa servissero, fu risposto loro: “Lì dentro ci sono i vostri cari”.
Dopo aver condiviso con noi i suoi ricordi, le sono state poste molte domande dai ragazzi presenti; una delle domande era: “Ha perdonato i responsabili di quanto le è accaduto?” e la sua risposta è stata: “Prima di tutto si perdona chi chiede scusa. Il perdono è un sentimento di grande importanza e se si perdona una cosa del genere il perdono stesso perde valore”.
Goti Bauer ha anche affermato che ognuno di loro aveva un motivo per non arrendersi e per non cedere alle circostanze che li stavano sopraffacendo. Ciò che spingeva lei ogni giorno ad andare avanti e a superare tutte le difficoltà e le disgrazie, era il fratello di due anni più giovane; pensava sempre che, nel caso si fossero salvati, lui avrebbe avuto bisogno di lei e questo le dava ogni giorno la forza di continuare a vivere, a sopravvivere.
Isabella

Seconda fase Assemblea d’Istituto

Al termine dell’introduzione, ci è stato ufficialmente presentato Gad Lerner, giornalista italiano originario di Beirut, impegnato politicamente e socialmente in programmi televisivi come L’infedele su La7. L’incontro non è stato un lungo monologo: lui stesso ha preferito aprire un dialogo con noi, rendendosi disponibile per domande e interventi.Durante la discussione Gad Lerner ha affrontato insieme a noi svariati argomenti introdotti dalle nostre domande, parlando della sua esperienza personale, del suo passato e delle sue ipotesi politiche e sociali.In seguito alla domanda dello stesso Luigi Ferrauto sull’origine degli avvenimenti della sua vita, ad esempio, il nostro ospite si è aperto con noi affermando che in realtà il suo passato non è stato una scelta dettata dalla paura o dal coraggio ma una “non-scelta dettata dalla sfiga”. Ci ha poi riassunto in poche parole il suo arrivo qui in Italia: Gad è nato nel 1954 a Beirut, in Libano, da una famiglia di Ebrei che sono fuggiti dal loro Paese ed è arrivato in Italia a soli 3 anni. Ce ne ha messi circa 27 però per ottenere la cittadinanza italiana.

Una domanda interessante ma difficile è stata sicuramente se lui si fosse mai vergognato delle sue origini. Sempre attingendo ai suoi ricordi il giornalista ha risposto che sì, così come gli adolescenti ad un certo punto della loro vita iniziano a vergognarsi dei propri genitori quando questi li mettono in imbarazzo davanti agli amici, anche lui si ricorda della vergogna che provava la sua famiglia per sua nonna che era una sopravvissuta, fisicamente ma, come molti, non psicologicamente, ai campi di concentramento. Gad ha affermato di essere consapevole che tra il suo popolo è molto importante la memoria del passato e in particolare dello sterminio nazista e ha anche accennato ad alcune false credenze e pretesti alla base del rancore verso gli Ebrei come il fatto che fossero costretti a praticare solo alcune professioni (le più disprezzate) e la convinzione che gli Ebrei fossero avari, furbi, erranti…fino ad arrivare all’accusa peggiore e cioè che fossero gli assassini di Gesù e quindi di Dio. Tutto questo unito ad altre leggende come quella che il popolo di Israele praticasse dei rituali che prevedevano l’uccisione di un cristiano per usare il suo sangue nell’impasto del pane azzimo (molto simile alla credenza che gli zingari siano ladri di bambini). Gad ha poi concluso questa parentesi sul passato affermando che sì, ha provato vergogna per le sue origini: perché, nonostante tutto quello che la sua gente ha passato, gli è capitato di domandarsi se un popolo che è stato tanto disprezzato e ha provocato una furia tanto grossa da essere raggruppato in massa, nudo, in fila per l’ingresso nei campi di concentramento non abbia davvero fatto qualcosa di male. Oggi però Gad afferma di vergognarsi della sua stessa vergogna.

In seguito Luigi ha chiesto al nostro ospite se, secondo lui, dal punto di vista dell’identità, i passaporti servissero davvero a qualcosa. Gad ha risposto dichiarando che naturalmente dal punto di vista pratico il passaporto è indispensabile perché, al giorno d’oggi, senza non ci si può neanche muovere di casa. Ci ha raccontato anche di un episodio significativo che dimostra quanto detto sopra: durante un’intervista televisiva lui parlò con un uomo che affermò di essere attualmente clandestino. Al termine della trasmissione l’uomo si trovò davanti la polizia che lo interrogò per mezz’ora prima di rilasciarlo per evitare uno scandalo legato alla televisione. Naturalmente in realtà il passaporto non ha niente a che fare con l’identità di un individuo, così come è ridicolo cercare la purezza delle origini.

Successivamente abbiamo discusso sulla vera origine del razzismo odierno: ormai la genetica ha dimostrato che ogni individuo sulla Terra è diverso e quindi la xenofobia si è “evoluta” da razzismo generico a razzismo culturale, dettato dall’ignoranza della lingua, religioni e tradizioni, in realtà pretesti. Quanto ci importa davvero se siamo in una stanza in presenza di qualcuno che tifa per una squadra diversa dalla nostra, che crede in una fede diversa, che viene da un Paese diverso dal nostro? Tutti questi sono i soliti pretesti che fin dall’inizio dei tempi abbiamo usato per giustificare la paura, la violenza e le guerre.

Giornata della Memoria

Visto che oggi, 27 gennaio, è la Giornata della Memoria e a scuola è stato solamente accennato, per chi ha voglia di riflettere, consiglio questi passi di Se questo è un uomo di Primo Levi:

“(…) Quest’anno è passato presto. L’anno scorso a quest’ora io ero un uomo libero: fuori legge ma libero, avevo un nome e una famiglia, possedevo una mente avida e inquieta e un corpo agile e sano. Pensavo a molte lontanissime cose: al mio lavoro, alla fine della guerra, al bene e al male, alla natura delle cose e alle leggi che governano l’agire umano; e inoltre alle montagne, a cantare, all’amore, alla musica, alla poesia. Avevo una enorme, radicata, sciocca fiducia nella benevolenza del destino e uccidere e morire mi parevano cose estranee e letterarie. I miei giorni erano lieti e tristi, ma tutti li rimpiangevo, tutti erano densi e positivi; l’avvenire mi stava davanti come una grande ricchezza. Della mia vita di allora non mi resta oggi che quanto basta per soffrire la fame e il freddo, non sono più abbastanza vivo per sapermi sopprimere.”

“Ai piedi della forca, le SS ci guardavano passare con occhi indifferenti: la loro opera è compiuta, e ben compiuta. I russi possono ormai venire: non vi sono più uomini forti fra noi, l’ultimo pende ora sopra i nostri capi, e per gli altri, pochi capestri sono bastati. Possono venire i russi: non troveranno che noi domati, noi spenti, degni ormai della morte inerme che ci attende. Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi. Eccoci docili sotto i vostri sguardi: da parte nostra nulla più avete da temere: non atti di rivolta, non parole di sfida, neppure uno sguardo giudice.”

“Alberto e io siamo rientrati in baracca, e non abbiamo potuto guardarci in viso. Quell’uomo doveva essere duro, doveva essere di un altro metallo del nostro, se questa condizione, da cui noi siamo stati rotti, non ha potuto piegarlo. perchè, anche noi siamo rotti, vinti: anche se abbiamo saputo adattarci, anche se abbiamo finalmente imparato a trovare il nostro cibo e a reggere alla fatica e al freddo, anche se ritorneremo. Abbiamo issato la menaschka sulla cuccetta, abbiamo fatto la ripartizione, abbiamo soddisfatto la rabbia quotidiana della fame, e ora ci opprime la vergogna.”

“Noi giacevamo in un mondo di morti e di larve. L’ultima traccia di civiltà era sparita intorno a noi e dentro di noi. L’opera di bestializzazione, intrapresa dai tedeschi trionfanti, era stata portata a compimento dai tedeschi disfatti. è uomo chi uccide, è uomo chi fa o subisce ingiustizia, non è uomo chi, perso ogni ritegno, divide il letto con un cadavere. Chi ha atteso che il suo vicino finisse di morire per togliergli un quarto di pane, è, pur senza sua colpa, più lontano dal modello dell’uomo pensante, che il più rozzo pigmeo e il sadico più atroce.”

I conti non tornano.

La legge Finanziaria 2010, appena approvata, ha cambiato le regole sul contributo unificato per i ricorsi al giudice di pace. Da oggi bisognerà pagare 30 euro anche per i ricorsi che finora erano stati gratuiti. Quindi anche quelli contro le infrazioni al codice stradale. La cifra sale a 70 euro se la multa supera i 1.500 euro. Più 8 euro di marca da bollo.

L’anno è cominciato benissimo! Per togliere una dose massiccia di lavoro ai “poveri” giudici di pace, la finanziaria 2010 impone il pagamento minimo di 38 euro per poter fare ricorso contro le infrazioni del codice della strada. Ovviamente, nel caso si dovesse vincere il ricorso, i soldi non verrebbero rimborsati. Ma come la mettiamo se per caso ci venisse attribuita ingiustamente una multa? Una svista di un vigile potrebbe costarci cara: una contravvenzione per divieto di sosta è pari a 36 euro, 2 euro in meno della cifra necessaria per poter presentare ricorso! Siamo quindi costretti a pagare la multa per risparmiare? ASSURDO.

Prima fase Assemblea d’Istituto

Buonasera, come promesso, ecco a voi la prima parte dell’assemblea.
La prima fase ha riguardato la visione di alcuni video composti da vari pezzi di film (come American History X di Tony Kaye o Vieni avanti cretino di Luciano Salce) e proiettati di seguito in modo da presentarci una vasta gamma di ideologie diverse. In seguito Luigi Ferrauto, di Rozzano Rossa, ha introdotto un tema fondamentale che è alla base di ogni tipo di razzismo o pregiudizio: la paura. Luigi ha parlato infatti di Abdul Salam Guibre, Abba per gli amici, un ragazzo italiano ma originario del Burkina Faso, che a soli 19 anni è stato brutalmente ucciso a sprangate da padre e figlio Fausto e Daniele Cristofoli, baristi del bar Shining, nel quale la sera dell’omicidio Abba aveva rubato 2 pacchetti di biscotti e cioccolata. La famiglia del ragazzo ha rifiutato il risarcimento economico, chiedendo giustizia, e gli assassini sono stati condannati a 15 anni di carcere. Luigi ha voluto soffermarsi sulla differente visione che si può avere di una realtà come l’immigrazione: superficialmente ed egoisticamente noi pensiamo solamente alla diversità di quelli che arrivano qui e, poiché l’immigrato è diverso, è sconosciuto e questo fa paura. Bisognerebbe invece mettersi nei loro panni e provare a comprendere ed ammirare l’incredibile coraggio che devono avere queste persone per affrontare un salto nel vuoto come l’immigrazione in uno stato sconosciuto. A questo punto Federico Montanaro, Matteo Soldo ed io, membri del gruppo teatrale della scuola, siamo saliti sul palco per leggere alcuni passi di due libri che affrontano il razzismo, l’immigrazione e le diverse opinioni della gente. Le prime tre letture sono tratte da Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio di Amara Lakhous e l’ultima da L’orda – Quando gli albanesi eravamo noi di Gian Antonio Stella. Successivamente è stato trasmesso un altro video che descriveva la difficoltà di convivenza con gli immigrati con termini crudi, mentre sullo sfondo scorrevano le immagini di immigrati stranieri che sbarcavano e vivevano per le strade in situazioni di profondo disagio economico e sociale. La proiezione è stata significativa perché, al termine del video, è apparsa la scritta della fonte del brano citato che non era, come ci si poteva aspettare, una testimonianza italiana contro l’immigrazione clandestina, ma una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti nell’ottobre del 1912.

(Le foto di questo articolo e del precedente sono della mia compagna di classe e collaboratrice Michela)

un momento della lettura fatta dai membri del gruppo teatrale della scuola
 

La bellezza di ciò che studiamo si fa concreta

Un giorno di scuola diverso dal normale e l’occasione di apprendere la fisica e l’arte partendo da un punto di vista più concreto ed affascinante.
Lunedì mattina la classe 3 D si è recata al laboratorio di fisica dell’università di Pavia dove ha svolto diversi esperimenti sui moti. Nel pomeriggio alcuni degli studenti che avevano finito il lavoro hanno avuto l’opportunità di assistere ad una lezione di astrofisica.D opo una breve camminata la classe ha visitato la chiesa di San Pietro in Ciel d’oro, dove con la spiegazione dei prof ha potuto stupirsi di fronte alla figura di Sant’Agostino e alla bellezza della sua tomba.
Tutto sommato una bella scampagnata da consigliare a tutti!!

Paolo

Laboratorio di fisica
 

Assemblea d’Istituto

Il 22 gennaio 2010, nell’auditorium dell’istituto Italo Calvino, si è tenuta un’assemblea sul razzismo. L’incontro è stato organizzato grazie all’aiuto dei rappresentanti di Istituto, allla fondazione Feltrinelli e a Rozzano Rossa, un’associazione culturale nata in risposta all’uccisione di Davide Cesare, meglio noto come Dax.
L’associazione ha come obiettivo l’incontro di idee e la diffusione di informazioni e valori che potrebbero “cambiare le cose”.
Poiché il materiale raccolto durante l’incontro è vasto, ho deciso di informarvi prima con un resoconto abbastanza riassuntivo e poi di approfondire qualche punto nei prossimi giorni.
Prima dell’arrivo del giornalista Gad Lerner abbiamo assistito alla proiezione di un paio di video montati dall’associazione Rozzano Rossa e alla lettura di alcuni brani da parte di 3 ragazzi del gruppo di teatro. In seguito Gad Lerner ci ha parlato di razzismo in Italia, delle sue cause ed effetti e ha approfondito i temi attingendo alla sua esperienza personale. Il dibattito ci ha aiutati a considerare l’immigrazione e il razzismo da più punti di vista, a porci domande e a tentare di trovare le risposte. Nei prossimi interventi approfondiremo alcuni dettagli dell’incontro.

Gad Lerner e Luigi Ferrauto
Gad Lerner e Luigi Ferrauto