La cultura apre la mente.
La passione che spacca il filtro delle parole di Petronio scorre sul materiale patinato delle carte da gioco. Una soffiata carezza e la figura lascia scivolare la veste.
Un baccano fa eco di migliaia di finestre di legno che sbattono contro il muro della mente piatta, aprendosi con forza.
Un mazzo di carte che si mischia, esplodendo.
Nella polvere che si agita discreta: che sia il godimento dei due corpi simmetrici la fronte del piacere? Che una volta l’uno e una volta l’altro descriva la ricetta dell’arazzo macchiato del peccato? Che questo tessuto intrecciato da mille fili sia più tenero dello straccio sputato dall’ospitalità di Eva? Questo?!
Questo amore che ci educano a sfocare disgustoso e promiscuo. In quale passaggio storico ce lo siamo persi? Quando abbiamo acceso il primo lumino per il sesso e abbiamo modellato con lame e martelli la necessità di riprodursi?
E’ mattino. Mi sveglio prima con la mente che con il corpo e sono immobilizzato sul materasso.
La schiena poggia sul lenzuolo celeste di cotone, rotolandomi nel nido. Quando richiudo gli occhi, mi permetto d’invitare la coscienza a casa di Morfeo.
Sono arrivato ieri quì. Superavo i miei cugini che m’inseguivano in bicicletta, e spingevano i primi calletti contro il manubrio. Rumore anatresco del cambio Shimano.
Stavo seduto ‘dietro’ io; nella Tempra rosso lucida, con gli interni spugnosi e secchi, sporchi di polvere, sabbia e sale. Residui di focacce. L’odore dei sedili cotti dai raggi solari, inserrati dal vetro che sulla faccia colora le ultime gocce della stagione, mi faceva tenere il sacchetto di plastica a portata di mano; lo spirito dei mozziconi spenti è difficile da esorcizzare. Sono in macchina da più di 10 ore; ho le labbra screpolate, la lingua che sa di aceto e i piccoli muscoletti delle gambe atrofizzati.
Quel cancello nero però mi ha fatto entrare in paradiso.
Il viale sul quale, strisciando con la gomma, facevo compagnia al lento martello del Parkinson, raccogliendo di notte gelsomini bianchi, unica luce naturale in quell’aria di zafferano diffuso.
I grandi dicono sia un paesino in provincia di Palermo e non una zattera fra le nuvole.
Ritorno sul cuscino. Mi accarezzo i capelli. Corti e chiari. Il vigore del mattino quando il sole dà il bacio del buongiorno mi spinge fuori dal letto e sulla scalinata di marmo bianco, rinfresco la pianta nera, pronta a formarsi sull’asfalto.
Sento il profumo del mare e della sicilia arancione.
Quale degli dei dobbiamo pregare perché nasca una politica fatta di soluzioni e progetti interi? Piena di filosofi e di sogni.
Che ci vuole ad esporsi? A presentare un piano completo, che abbia il coraggio di discutere ogni elemento di opinione nella nostra società?
Dire che sull’acqua, sulla giustizia, sul commercio, sull’industria, sulla scuola, sul lavoro, sui sindacati e sul turismo; sulla guerra, sul meridione, sul trasporto pubblico, sui treni, sugli aerei, sulla Russia, sull’America e sulla Cina la si pensi così.
Possibile che la nostra singolarità di cittadini sia daltonizzata in destra e sinistra. Bene e male. Anzi; male e bene; in ordine.
Quanta paura che ha il leone vecchio ad alzarsi dalla terra. Il rischio di non trovare la seggiola. Vertigini guardando il branco dall’alto; serenità invece, sentendo gli schiamazzi fra uno sbadiglio e l’altro, mentre le palpebre riposano.
Molto probabilmente in molti hanno notato che settimana scorsa davanti all’ingresso c’è stato il banchetto di Natale che vendeva cartoline di un pittore del Congo, vari oggetti costruiti da un’associazione di ex carcerati, cappellini di Natale e raccoglieva fondi per comprare un asino (in realtà alla fine abbiamo raccolto soldi per una gallina e una mucca).
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno partecipato: chi è arrivato prima a scuola per allestire il banchetto, chi è rimasto ad ogni intervallo e ad ogni uscita, il Preside che ha permesso che tutto questo fosse possibile, il personale della scuola che si è dimostrato davvero disponibile ma soprattutto tutti coloro che hanno contribuito materialmente al banchetto. Vi ringrazio a nome delle associazioni CIAI, Aiutare I Bambini, Casa di Betania e Il Germoglio.
Grazie mille e Buon Natale a tutti!!
E invece no! Mai dobbiamo smettere di indignarci. Ma sempre, anche la moneta più piccola, deve tuonare come il baccano delle piume scivolate a terra nella notte. Non solo per noi dev’essere di fastidio; seppelliamo con spade d’inchiostro la nostra sete di libertà.
‘Sciò’ le accuse di banalità.
E quando mai il dolore si piega sotto la frusta del tempo? Nel sentimento? Ma quì non siamo al cospetto di Amore. Quì il sangue che lasciamo sui marciapiedi, noi, scavati da cazzotti nello stomaco, non torna indietro.
Mai il carpe diem oraziano fu più necessario d’ora.
S-cateniamo gli animi dal nastro adesivo sporco di petrolio.
Da una conferenza di Evgenij Evtušenko
Mi dicono: “Amico
sei proprio coraggioso!”
E non lo sono – tra i miei vizi non ho mai avuto il coraggio.
Solo non mi sentivo meschino al punto d’essere così vigliacco come altra gente che mi vedo intorno.
Ma non ho mai tentato di deviare l’orbita del mondo.
Ho scritto e basta.
E allora?
Ma non ho mai fatto l’informatore.
E ho sbeffeggiato quando la misura era colma – mi sono burlato del Falso – [ho cercato di dire quello che pensavo – forte abbastanza da farmi sentire.
Ma verrà il giorno da ricordare
e ardere di vergogna:
Quando l’avremo finita con la disonestà e le menzogne
con quei tempi bizzarri quando un uomo soltanto sincero
era chiamato ‘coraggioso’!
Lascio aperta la finestra e lascio seccare le tracce di caffè del fondo della tazzina sulla scrivania.
Il freddo ghiaccia la pelle e la rende pallida.
Ma dentro, nonostante il frèmito dei muscoli, anche se gli incisivi sbattono, richiamando le nocche dentro alle maniche, l’animo si scalda di Scirocco romantico.
L’Olimpo ha messo in pausa la natura. E così l’autunno decora gli alberi che paiono addobbati di zirconi luminosi, brillando del sole zittito dalla nebbia.
Giovani amanti vorrebbero essere giovani dèi, e sotto una di queste fronde di fantasia godere dei loro corpi.
Chisto è ‘o ritratto e chiste so’ ‘e capille: na ciocca ‘e seta nera avvellutata. E cheste songo ‘e llettere: cchiù ‘e mille; lettere ‘e ‘na guagliona nnammurata.
Ngiulina se chiammava sta figliola ch’è stata ‘a primma nnammurata mia. Trent’anne sò passate… Mamma mia!
‘A tengo nnanze a ll’uocchie, pare aiere: vocca ‘e curallo, ‘na faccella ‘e cera, ‘nu paro d’uocchie verde, ‘e cciglie nere, senza russetto… semplice e sincera.
Teneva sidece anne e io diciotto. Faceva ‘a sartulella a ‘o Chiatamone. Scenneva d’ ‘a fatica ‘mpunto ll’otto, e mm’aspettava a me sotto ‘o purtone.
Senza parlà, subbeto sotto ‘o vraccio nce pigliavemo e ghievemo a ffà ammore. Vicino ‘a casa soia, ‘ncoppa Brancaccio, parole doce e zucchero int’ ‘o core.
Mettennoce appuiate ‘nfaccia ‘o muro, a musso a mmusso, tutt’ e dduie abbracciate: dint’ ‘a penombra ‘e n’ angulillo oscuro, quanta suspire e vvase appassiunate!
‘A tengo nnanze a ll’uocchie, pare aiere: vocca ‘e curallo, na faccella ‘e cera; nu paro d’uocchie verde, ‘e cciglie nere, senza russetto… semplice e sincera.
Sabato 27 Novembre, si è tenuta la giornata nazionale della Colletta Alimentare. Eravamo una decina, tra studenti dell’ ITAG e del Liceo di Noverasco, presso il supermercato Coop di Opera. Oltre a noi erano presenti la professoressa Ronchi dell’Istituto Agrario e il professor Pagliara del Liceo. La Colletta ha dato modo di ricavare 9.400 tonnellate di cibo da destinare alle associazioni che lo distribuiranno a chi più ne ha bisogno.
E’ stata una bella esperienza, che consiglio davvero a tutti; nonostante il freddo, e l’indifferenza di alcune persone, la soddisfazione personale, almeno nel mio caso, ha ripagato tutto.
Vi riporto quanto ho letto nella bacheca di una corsia dell’ospedale di Melzo e che mi ha particolarmente colpita. Ognuno degli scritti che viene riportato nelle varie bacheche disseminate per tutto l’ospedale riporta la dicitura iniziale “I sassolini bianchi di Pollicino”.
Paternità nel lavoro
Nel mondo del lavoro di oggi, la responsabilità di chi ha un ruolo di guida aziendale o sociale nei confronti di coloro che collaborano con lui deve essere animata da un interesse educativo.
Chi guida altre persone nel lavoro deve esercitare una paternità che miri a che esse scoprano chi sono e possano vivere con libertà quello che sono.
Non è necessario fare lo psicologo, né l’insegnante; occorre solo fare il proprio lavoro e trasmettere le ragioni per le quali lo si fa in un modo piuttosto che in un altro, con un criterio che viene proposto agli altri, ma non imposto.
A questa paternità si contrappone un atteggiamento opposto: il paternalismo.
Semplificando molto, il paternalista cerca di essere buono, ma vuole affermare se stesso attraverso la propria bontà, invece di affermare l’altro.
L’atteggiamento parternalistico nel lavoro fa in modo che le persone diventino possesso di chi lo esercita. Questo è possibile perché, in fondo, fa comodo.
C’è una connivenza tra il paternalismo e la vita comoda.
L’altro, di norma, è scomodo.
Se trovi qualcuno che ti sprona, che ti sfida, che non ti tratta da esecutore, che ti fa riflettere…
Tutto questo non è così comodo.
La scelta della paternità nel lavoro è molto meno comoda anche per chi la esercita, perché questi deve mettersi in gioco, conoscere le persone, ammettere i propri errori, dialogare.
La scelta della paternità è molto più difficile, ma molto più affascinante, perché ha come conseguenza di far crescere persone piene, interessanti, di creare una realtà dove si vive una certa vivacità, anche attraverso eventuali tensioni e conflitti.
Bernard Scholz (esperto in organizzazione aziendale)
Cito le parole di Roberto Saviano di lunedì 15 novembre:
“Una delle cose che può sembrare è che queste storie siano lontane. Sono storie che magari da qui sembrano di un Medioevo lontanissimo. Nulla di più falso. […] Non pensate neanche un momento che queste siano storie lontane, che siano storie medioevali, un po’ tra terroni, che vivete un po’ così. Non è affatto vero: in quei bunker si decide il destino di questa parte d’Italia, perché le organizzazioni, e soprattutto la ‘Ndrangheta, è al Nord che fanno la parte maggiore di affari. La Lombardia è la regione con il più alto tasso di investimento criminale d’Europa, Milano è la capitale, in questo senso, degli investimenti criminali. Lombarda è l’economia in cui si infiltrano, lombarda è la sanità in cui si infiltrano, lombarda è la politica in cui si infiltrano. […]”
da “Vieni via con me”, in onda ogni lunedì su Rai3 alle 21.00, condotto da Fabio Fazio e Roberto Saviano.
In seguito a queste parole, unite ad un elenco di appalti nei quali la ‘Ndrangheta si è infiltrata, è iniziata una campagna di critica nei confronti di Saviano che ha osato accusare la Lega e il Nord di essere coinvolti in organizzazioni criminali e “Il Giornale” ha fatto anche partire una raccolta di firme contro Saviano. Ma anche il quotidiano “L’Unità” ha fatto partire una raccolta di firme, pro Saviano. Per chi è interessato, qua sotto ci sono i link per l’intervento di Saviano e la raccolta di firme.
Colgo l’occasione per citare anche le parole che hanno concluso l’intervento di Saviano:
Sento che quando si parla di quest’argomento arriva come una sorta di malinconia finale: cosa possiamo fare di fronte a tutto questo? In realtà non è tutto scuro. Ne stiamo parlando, è già un miracolo. L’esercito di persone che combatte quotidianamente queste organizzazioni non lo combatte con i mitra, si forse anche con quelli, o con la bilancia della giustizia, certo ci sono anche loro, ma lo combatte facendo una cosa soprattutto: facendo bene il proprio mestiere. E’ una delle cose che le organizzazioni temono di più: agire da uomini, agire con dignità, ciò che ci spetta per diritto non chiederlo come un favore. Ogni volta che si sentono questi discorsi lontani, ogni volta che si incolpa solo una parte del Paese come i soliti criminali che ci vengono ad invadere, ogni volta che si dice la frase Si ammazzano tra di loro, ecco si sta facendo un gran regalo. Ogni volta che un telegiornale manipola un’informazione, perché viene condannato il fondatore di un partito e quindi questo deve essere attutito, si sta facendo un favore a loro. Ma quando senti che stai agendo perché queste storie sono le tue storie, quando senti che l’ultimo dei sindaci (e dico ultimo perché è nella parte che ritieni ultima dell’Italia) viene ammazzato perché ha fatto bene il suo lavoro e senti quel sindaco il tuo sindaco, quando senti che queste storie ti riguardano perché ti tolgono la tua felicità, il tuo diritto, rendono te costretto ad andare a chiedere un lavoro, a non avere la tredicesima, costringono te a pagare la casa tantissimo perché queste organizzazioni investono soprattutto nel cemento prendendosi tutto il mercato immobiliare di una grande città, quando senti questo allora qualcosa sta cambiando. C’è una frase di Tolstoj molto bella che dice: Non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco. Quindi non si può combattere il male con il male. Nel momento in cui ognuno di noi non fa il male sta facendo arretrare loro e sta, forse, sognando una Italia diversa.”