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Ritrovare il gusto della storia

Ho frequentato il liceo scientifico nella prima metà degli anni Settanta e il programma di storia che studiai in Quinta cominciava con il Congresso di Vienna (1815) e si concludeva con il fascismo (accennato sommariamente solo nell’ultima parte dell’anno e con molta cautela, trattandosi di un argomento troppo “caldo”). Seconda guerra mondiale, Resistenza, Costituzione repubblicana: tematiche bollenti e misteriose, lasciate alla malsana curiosità di studenti “politicizzati”, poco adatte al severo rigore dell’indagine storica.

Da allora sono passati, ahimè, quasi quarant’anni; ma la scuola continua a considerare le vicende accadute dopo il 1945 quasi di stretta attualità, alle quali riservare un frettoloso e superficiale sguardo d’insieme un mese prima dell’esame di Stato, a conclusione di tredici anni di frequenza scolastica. E così abbiamo ragazzi di 19 anni che escono dai nostri licei conoscendo magari qualche sentenza mal digerita di autori latini, la concezione aristotelico-teologica di Dante, la trama del “Fu Mattia Pascal” (di un noto autore “contemporaneo”!), qualche triade dialettica hegeliana (a memoria), o la data dell’incoronazione di Carlo Magno; ma ignorando allegramente la differenza tra il Governo e il Parlamento. Per limitarsi alla storia italiana, la preparazione di uno studente dell’ultimo anno esclude quasi sempre – solo per fare qualche esempio – argomenti come gli anni del miracolo economico, la contestazione studentesca e l’autunno caldo, la stagione delle bombe e delle stragi, per non parlare della P2, di Tangentopoli, della storia delle mafie, del passaggio dalla “prima” alla “seconda Repubblica”, e molto altro ancora.

Mi chiedo: dovendo scegliere se trascurare la Dieta di Worms (1521) o il maxi-processo contro Cosa Nostra (1986-88), quale delle due “inadempienze” è più grave? Cosa preferiamo che non ignorino i nostri ragazzi? Perché di questo si tratta, di scegliere.

Gli illuminati riformatori della scuola italiana hanno deciso di tagliare le ore di storia, mentre contemporaneamente fanno aumentare il numero di alunni per classe e, ipocritamente, prescrivono di non trascurare alcun argomento di rilevanza storica utile a comprendere lo sviluppo della nostra civiltà. Che, tradotto, significa continuare a rovesciare addosso agli studenti – che non a caso nella loro maggioranza considerano la storia una materia mnemonica e noiosa – tonnellate di nozioni relative a un passato remoto o remotissimo, ignorando come al solito la conoscenza e l’analisi critica del mondo attuale.

A me, francamente, ciò appare come un clamoroso fallimento del sistema scolastico, capace solo di riprodurre all’infinito se stesso e i propri contenuti arcaici, inerti, privi di autentica vitalità. Come si spiega altrimenti che non appena si propone agli alunni di affrontare problemi legati alla contemporaneità (la loro, non quella dei loro nonni o bisnonni) si animano, partecipano, si appassionano?

In 27 anni di insegnamento non mi è mai capitato che un genitore si lamentasse perché a scuola non c’era tempo per affrontare, che so, le vicende legate alla “strategia della tensione” negli anni ’70; in compenso, oggi trovo un genitore che si duole perché, con due ore di insegnamento settimanale, decido di non fare studiare a rotta di collo mille anni di storia, ma propongo ai miei studenti di concentrarsi “solo” sugli ultimi 250, per capirli, esplorarli, approfondirli. E’ senz’altro una scelta didattica discutibile e quindi ben venga la discussione; ma inviterei a riflettere se per caso non passi anche da qui la possibilità di introdurre nella nostra scuola un po’ di vigore culturale, di passione etico-civile, restituendole una funzione di stimolo ad un apprendimento critico, anti-enciclopedico, meno meccanico, passivo e finalizzato unicamente al voto .

Soprattutto suggerisco di parlarne con i ragazzi, la cui motivazione allo studio dovrebbe stare a cuore a tutti noi. Anche per aiutarli a diventare dei cittadini accorti e consapevoli.

P.S. Naturalmente mi rendo conto del disagio procurato dal cambiamento del libro di testo e me ne scuso, anche se io stesso ho scoperto la mia assegnazione alla 3B per le ore di storia a inizio anno. Faccio però presente che nel corso del triennio i volumi da acquistare saranno complessivamente due invece di tre e, in tempi di crisi, anche un piccolo risparmio non guasta. Ma ciò ovviamente prescinde dall’oggetto della discussione.

Perdere il filo della Storia

Della scuola, i genitori scoprono le cose un po’ alla volta. A giugno, come è stato valutato il lavoro dei figli; a luglio, quali saranno i libri di testo. Solo a settembre, con l’avvio delle lezioni, quali saranno gli insegnanti. E può anche capitare di scoprire, dagli insegnanti appunto, che i libri (adottati e pubblicati sul sito scolastico) non verranno utilizzati. Motivo: si salta a piè pari il programma previsto normalmente per un anno di corso e si passa direttamente a quello successivo.

 Metto le carte in tavola: si tratta dell’idea di articolare il programma di Storia del triennio a partire dal Settecento. Lo scopo, dichiarato e in sé condivisibile, è quello di trattare con maggior ampiezza e grado di approfondimento la Storia recente.

 Il Presidente del Consiglio Monti (riferendosi nel suo caso allo Statuto dei Lavoratori), diceva che talvolta con l’intenzione di tutelare degli interessi si finisce invece per danneggiarli. L a sua dichiarazione non è stata accolta con simpatia; temo che lo stesso possa accadere anche al sottoscritto, visto che sto per dire cose simili, ma non mi pare giusto, come diceva Lutero a Worms, mettere a tacere la propria coscienza.

 Ecco, appunto, Lutero. Incominciare con il Settecento significa escludere settecento anni di Storia europea (dal momento che, secondo i nuovi programmi, l’insegnamento della Storia nel secondo biennio dei Licei dovrebbe prendere le mosse dal sec. XI). In questi settecento anni si colloca per esempio anche la Riforma protestante. Più in generale, vi si trovano: “i diversi aspetti della rinascita dell’XI secolo; i poteri universali (Papato e Impero), comuni e monarchie; la Chiesa e i movimenti religiosi; società ed economia nell’Europa basso medievale; la crisi dei poteri universali e l’avvento delle monarchie territoriali e delle Signorie; le scoperte geografiche e le loro conseguenze; la definitiva crisi dell’unita religiosa dell’Europa; la costruzione degli stati moderni e l’assolutismo; lo sviluppo dell’economia fino alla rivoluzione industriale; le rivoluzioni politiche [inglesi] del Seicento”. Cito tra virgolette, perché si tratta delle “Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento” per i Licei, il documento prodotto nel contesto della recente riforma della Scuola Secondaria e che dovrebbe costituire “l’intelaiatura sulla quale le istituzioni scolastiche disegnano il proprio Piano dell’offerta formativa” e “i docenti costruiscono i propri percorsi didattici”.

Nelle Indicazioni nazionali, circa i temi elencati sopra, si dice che “non potranno essere tralasciati”.

 Certamente la riforma ha anche i suoi aspetti irritanti di incongruenza: mentre prescrive di “non tralasciare” questo e quello, riduce le ore di Storia nel quinto anno. Tuttavia, per quanto irritati, ci sentiamo davvero di sostenere che la storia delle autonomie comunali, le scoperte geografiche, Riforma e Controriforma, l’organizzazione e le giustificazioni teoriche dello Stato assoluto sono argomenti che i ragazzi possono anche fare a meno di conoscere? E se non li spiega il docente di Storia chi lo farà al suo posto? Forse il professore di Italiano, che anche lui (o lei) subisce i disgraziati tagli di orario, dovrà, mentre spiega Dante, fornire anche tutte le informazioni del caso sulla Firenze della fine del ‘200, su guelfi e ghibellini, sul priorato e su Giano della Bella, su Bonifacio VIII, ecc.? E poi, quando i ragazzi studieranno il Barocco in Arte o Tasso in Letteratura Italiana e si imbatteranno in espressioni come “il clima culturale della Controriforma”, come se la caveranno per capirci qualcosa? Chi insegna Arte ha diritto di concentrarsi sull’analisi della produzione artistica, presupponendo che il contesto storico sia stato chiarito dal docente a cui è affidato.

 Dal momento inoltre che questa distribuzione del programma viene proposta come sperimentazione, aggiungerei che le sperimentazioni dovrebbero essere dichiarate in anticipo alle famiglie, per consentire loro di scegliere.

 Concludo con una citazione dal P.O.F. 2012-2013: “Pur riconoscendo la specificità dei singoli indirizzi, in tutti i corsi di studio i docenti perseguono i seguenti obiettivi didattici comuni:

– fornire una buona cultura generale e dare una visione organica [!] dello svolgimento della civiltà” (pag. 6)

 Spero di aprire un proficuo dibattito

 Cordialmente

 Un genitore

Il signor Miller in Italia

Mi permetto di consigliare questo articolo, trovato sulla Repubblica di ieri.

http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/09/09/il-caso-henry-miller-ultimo-processo.html?ref=search

Si tratta di un autore che credo meriti molte delle ore del nostro tempo -questa, l’opinione di un semplice appassionato. Di lui, oltre al Personaggio che si trova ad essere, ho gradito particolarmente l'”Opus Pistorum” (imperdibile se non altro perchè ancora oggi suona un romanzo estremo, e come succede ad ogni pezzo d’arte fuori dal suo tempo, potrebbe non esserlo più fra qualche anno) e “Il sorriso ai piedi della scala” -un consiglio del professor Colavolpe durante ultimo anno di Liceo-, libro che da quanto ho capito è oggi fuori pubblicazione ma che trovate facilmente alla biblioteca di Rozzano.

Qualche informazione in più, se si vuole:
http://it.wikipedia.org/wiki/Henry_Miller

Buon anno scolastico!, ciao.

BRINDISI

Difficile commentare un attentato così maldestro, stupido, cretino, eppure tragico. Mafioso? Suvvia, i mafiosi stessi si offenderebbero, se venisse loro attribuita la responsabilità di aver fabbricato e dislocato un ordigno così rudimentale: loro,che giusto vent’anni fa, per uccidere Falcone e Borsellino, hanno impiegato senza risparmio un esplosivo ben più efficace delle bombole del gas.
Non voglio anticipare arbitrariamente le conclusioni cui giungerà la magistratura, ma penso che – se arriveremo, una buona volta, ad identificare un terrorista – ci troveremo di fronte un “cane sciolto”, un tizio qualunque esaltato dalle parole dei tanti irresponsabili che giustificano la violenza e incoraggiato dalle leggi scriteriate che la lasciano impunita.
In attesa che le idagini ci consegnino il colpevole di questo misfatto, andiamo tranquillamente a scuola, rispondendo con tranquilla fiducia a chi ci vuole impauriti e angosciati.

Curiosità matematica legata alla data di oggi 21022012

La data di oggi é una delle curiosità matematiche che più affascinano : è un numero palindromo, cioè un numero che può essere letto indifferentemente da sinistra verso destra (come di solito facciamo) oppure da destra verso sinistra.
Lo sapevate che il simpatico numero palindromo di 52 cifre
4.211.672.540.455.378.958.718.869.999.688.178.598.735.540.452.761.124
è un quadrato perfetto?
Lo sapevate che sommando tutti i numeri naturali da 1 a 3.654.345.456.545.434.563 (palindromo), si ottiene ancora un numero palindromo: 6.677.120.357.887.130.286.820.317.887.530.217.766?

Quante e quali altre curiosità si possono riscontrare nel mondo dei numeri palindromi?

La primavera dei matematici

Molto interessante l’articolo che segue ( Scienza 7 – la newsletter di Ulisse
Copyright SISSA – Trieste (Italia) – 2000-2012 Pubblicata da Sissa Medialab):

http://ulisse.sissa.it/scienza7/notizia/2012/feb/Uesp120210n007/

Eccone solo un “assaggio”:

Direttamente e indirettamente, tutti noi paghiamo le pubblicazioni scientifiche. L’appello per boicottare un editore che pratica prezzi esagerati ha già raccolto più di tremila adesioni. In Italia pochissime.
Le riviste scientifiche sono oltre 100 mila, per lo più di nicchia e pubblicate da università, società e accademie scientifiche. Quelle che “contano” sono le 14 mila censite dall’Institute for Scientific Information e circa metà appartengono a tre editori: Elsevier, Springer e Wiley che si dividono il 42% del mercato e hanno margini di profitto del 36%.
(…) Le pratiche commerciali del trio Elsevier, Springer & Wiley – per dirla con George Monbiot – fanno sembrare Rupert Murdoch un socialista: alle biblioteche universitarie impongono abbonamenti a “pacchetti” di riviste. Alcune confidenziali nonché trimestrali costano 18.710 euro all’anno. Copyright dell’editore per vent’anni e guai a infrangerlo (a meno che il paper non rientri fra quelli ospitabili da arxiv.org).
Da due anni l’Istituto americano di Sanità, l’ente di ricerca più ricco del mondo, finanzia solo ricercatori che entro 12 mesi da una pubblicazione la mettono in un archivio aperto al pubblico. Il trio protesta, ma Elsevier (1) fa di più: finanzia invece una lobby (2) che vuol far approvare dal Congresso americano una legge che, se passa, per leggere i risultati di una ricerca pagata dai cittadini (3), pubblicazione compresa, i cittadini dovranno pagare dai 16 ai 30 dollari.

La situazione non è piaciuta al matematico Timothy Gowers dell’università di Cambridge. che l’ha descritta con altri particolari sul proprio blog: (…)

… come finisce? Buona lettura.

Le foibe

Il Giorno del ricordo in Italia si celebra il 10 febbraio, in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Questa solennità civile è stata istituita con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, ove si legge

« La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Nella giornata […] sono previste iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado. È altresì favorita, da parte di istituzioni ed enti, la realizzazione di studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende. Tali iniziative sono, inoltre, volte a valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario e artistico degli italiani dell’Istria, di Fiume e delle coste dalmate, in particolare ponendo in rilievo il contributo degli stessi, negli anni trascorsi e negli anni presenti, allo sviluppo sociale e culturale del territorio della costa nord-orientale adriatica ed altresì a preservare le tradizioni delle comunità istriano-dalmate residenti nel territorio nazionale e all’estero. »

Riporto uno stralcio, che ritengo significativo, del discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione della celebrazione del “Giorno del ricordo” (Roma, 10 febbraio 2007)

« … va ricordato l’imperdonabile orrore contro l’umanità costituito dalle foibe (…) e va ricordata (…) la “congiura del silenzio”, “la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell’oblio”. Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell’aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell’averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali. »

Ritengo che sia importante tenere vivo nelle nuove generazioni il ricordo delle vittime delle Foibe, in modo da impedire che si ripetano gli stessi orrori.