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Glorie lombarde cinquecentesche: uscita didattica alla Milano spagnola

Una limpidissima e altrettanto rigida mattina di fine novembre ha incorniciato la nostra uscita didattica in visita alla Milano del ‘500, secolo che ha lasciato una traccia indelebile nel capoluogo lombardo, pur nascosta da un involucro napoleonico e ottocentesco.

La visita della due classi quarte è stata condotta da Leonardo Catalano, laureato in Storia dell’Arte e nostra guida.
Non è un caso che il nostro itinerario sia cominciato dal castello Sforzesco, monumento in cui convergeva il potere dei Signori di Milano e delle successive dominazioni straniere dalla caduta di Ludovico il Moro. La visita al Castello si è svolta esclusivamente negli ambienti esterni, procedendo per il lato orientale fino alla Torre del Falconiere, dalla quale Leonardo da Vinci osservava il volo degli uccelli per studiarne la dinamica e progettare i suoi modellini. All’interno del cortile, abbiamo proseguito per gli ambienti della Rocchetta e per la Corte Ducale, che si snoda attorno ad un cortile il cui sfondo architettonico è costituito dal Portico dell’Elefante, così chiamato per l’affresco che vi si conserva; il giro è terminato con l’osservazione della Torre del Filarete, restaurata da Luca Beltrami alla fine del XIX secolo.

Da piazza Castello, le due classi hanno proseguito attraverso via Dante, di epoca napoleonica, realizzata ai tempi dopo lo sventramento di numerose viuzze poste tra Piazza Castello e il Duomo. Dopo una breve permanenza nel cortile del teatro Strehler, la visita è proseguita in Piazza Mercanti.
Tra gli edifici che si affacciano sulla piazza, è il palazzo della Ragione a conservare un’importante testimonianza: sul bassorilievo di un capitello è rappresentata, infatti, una scrofa semi-lanuta, animale mitologico simbolo della Milano di epoca pre-comunale: si ritiene che il nome “Mediolanum” derivi proprio dal termine semi-lanuta.

La guida ci ha poi condotti in Piazza del Duomo, informandoci di una doppia origine della struttura delle cattedrali gotiche: da un lato c’è la tensione all’infinito, propria della concezione medioevale, che si materializza nel marmo in una struttura svettante verso il cielo; dall’altro è stato dedotto che le venature del Duomo e le numerose cuspidi dentellate rimandino all’imitazione della natura nella rappresentazione di un albero. Abbiamo poi sorpassato il Museo del ‘900 per proseguire attraverso il Palazzo Reale, fino ad arrivare alla chiesa di San Gottardo in Corte in via Pecorari, suo architetto.
Infine, presso la Pinacoteca Ambrosiana in conclusione alla visita la guida ci ha letto un passo tratto dal De Pictura Sacra di Federico Borromeo, “Del Bello”.

Svelare le vicende storiche di quei luoghi di Milano che ci sono comunemente noti ma che non guardiamo mai per quelli che sono permette di poterli osservare come se fosse la prima volta: è interessante scoprire i volti diversi che il capoluogo lombardo ha assunto nei secoli e guardare oltre la forma di mercato finanziario e capitale della moda che ha assunto oggi. Una visita che consiglierei anche al di fuori dell’orario didattico.

Il riflesso di una Milano storica

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Come ogni città, Milano nasconde un passato che non è facilmente individuabile all’occhio superficiale di un turista, ma a saper leggere le tracce che lasciano gli eventi, si può ricostruire il percorso storico-culturale del capoluogo lombardo.

Una gita all’insegna della cultura che non si è limitata ad uno sguardo agli edifici, ma che ha accompagnato con ricche documentazioni e poesie l’escursione milanese.

Milano: mi ricordo…

Che peccato vedere il blog senza più parole, né immagini. E pensare che fino a qualche anno fa era il fiore all’occhiello del sito della scuola.

Facciamo rivivere questo luogo d’incontro in cui sono state scritte tante belle pagine che ci hanno divertito e arricchito.

Comincio subito a fare la mia parte e vi mostro la mia terza video animazione pubblicata su YouTube.

Buona visione

Nello Colavolpe

 

La nascita dell’Arte o l’Arte della nascita ?

In principio c’erano il nulla e il tutto distinti e separati, l’uno era l’opposto dell’altro ma essendo distinti restavano sconnessi e lontani.

Poi venne quella forza che noi riconosciamo nell’arte, ciò che la genera; si manifestò, come spesso fa, in un’imperfezione: il confine delle due cose subì un’incrinatura che ruppe l’equilibrio del confine per dar vita ad una fantastica spirale mista di entrambe le cose.

Ancora oggi noi possiamo ammirare la bellezza di quest’opera artistica che chiamiamo galassia, in effetti noi ne facciamo parte e contribuiamo a renderla ancora più magnifica. L’artista non aveva però finito e continuò a creare e creare partendo dalle stelle ai pianeti, dall’acqua al fuoco, fino ad arrivare alle piante e agli animali; infine creò l’uomo, in tutto ciò che fece trasmise la sua Arte, ma nessuno oltre a lui sapeva usarla e manipolarla per trarne qualcosa di coinvolgente. Tutto ciò andava avanti e si evolveva grazie alla spinta della mano che accompagnava la crescita, ma iniziò ad arrivare per l’ormai anziano artista il momento di diventare anche lui parte del suo capolavoro, per immedesimarvisi meglio, così decise di dividersi e infondersi nelle sue creature meno belle, per dar loro la possibilità di creare il più bello, partecipando all’opera artistica non come bellezza esteriore ma come fonte di rinnovo continuo. Mentre la sua grande mano andava scemando, un’altra spinta andava rafforzandosi: quella dell’uomo che ora aveva preso il posto del suo creatore, o meglio: in ogni uomo c’è parte d’esso che gli permette d’essere diverso dalle altre creature egli infatti può creare a sua volta secondo il suo gusto e il suo beneficio.

A pensarci bene, cosa ci distingue dal resto? Forse il nostro grande cervello? I capodogli hanno cervelli che possono arrivare anche a 7 kg. No, ciò che ci distingue è la capacità di creare, costruire, trasformare, rendere arte ciò che non lo è, potremmo definire arte tutto ciò che esiste? Sì ma bisogna distinguere gli autori: tutto ciò che conosciamo e che esiste da prima di noi non è opera nostra, ma ciò che abbiamo ricostruito e rimodellato allora sì. Non importa tanto il risultato per l’artista, ma il fine per cui è stato fatto, l’ispirazione che ha dato forma all’opera.

Arte di strada

Buongiorno a tutti, volevo rendere partecipe chi legge il blog dei miei disegni realizzati con bombolette di vernice spray e della tecnica usata.

Un bimbo guarda attraverso un telescopio una stella lontana

Ho imparato tutto ciò che so di questa tecnica da un’artista di strada.

Ogni disegno è formato da cinque strati sovrapposti:

  1. spazio e stelle
  2. pianeti
  3. montagne, mare o comunque terreno
  4. eventuali sagome in primo piano
  5. nuvole

Ognuno degli strati va fatto in successione e dopo che lo strato precedente si sia asciugato.

Per prima cosa si realizza lo sfondo in nero (lucido), lasciato asciugare si usa uno stencil con un cerchio tagliato per coprire la zona intorno al futuro pianeta e si spruzza il bianco all’ interno del cerchio, prima che asciughi bisogna usare un giornale precedentemente accartocciato e poi disteso per tamponare delicatamente il pianeta, in questo modo si ottiene l’effetto “crosta terrestre”.

Come realizzare le stelle? Bisogna intingere un pennello nella tempera bianca diluita e sfiorare le setole con un dito per schizzare piccole gocce sul foglio, questo per le stelle piccole “a puntini” per le stelle grandi invece bisogna tenere un cartoncino in verticale sul foglio in modo che uno spigolo coincida con la superficie e spruzzare sul cartoncino (non sul foglio) in questo modo piccole particelle di vernice cadranno e formeranno una linea che se ripetuta a formare una specie di asterisco che sembrerà una stella.

Per realizzare le montagne basta usare un semplice pennello e dipingerle solo da un lato  a seconda di dove volete che arrivi la luce, in primo piano potete disegnare qualunque soggetto che vi piaccia, velieri, telescopi, città, cascate etc.

Sopra alle figure in primo e in secondo piano potete ricreare l’ effetto nuvola strappando un giornale e usando quest’ ultima “strappatura” come stencil: bisogna spruzzare leggermente lungo la linea di strappo in modo da ottenere nuvole che hanno un lato netto e uno sfumato.

Se volete provare e non vi sembra troppo complicato avete buone probabilità di ottenere un bel disegno anche perchè non è difficile.

Città futuristicaveliero

ARTEMISIA LOMI – GENTILESCHI , Mostra Palazzo Reale di Milano 28/10/2011

Venerdì 28 Ottobre 2011 noi della 4°C siamo andati a Milano al Palazzo Reale per vedere la mostra dedicata ad Artemisia Lomi – Gentileschi (1593-1653), una donna che si batté con passione per imporre il proprio talento. Dopo aver subito un atto di violenza da parte di un amico del padre, Agostino Tassi, dovette affrontare un umiliante processo per vendicare il torto subito da cui esce in parte vittoriosa, ma con l’immagine “sgualcita”; è da questo momento che ha inizio il percorso che porterà Artemisia a diventare una delle poche pittrici della storia.

La guida della mostra ha fornito ciascun visitatore di cuffie per agevolare l’ascolto e ciò ci ha aiutato molto nello stare attenti. L’ingresso portava ad una sala buia al centro della quale vi era un letto a doppio materasso, “leitmotiv” dei quadri della pittrice; dal soffitto pendevano dei fogli con riportate delle frasi del processo e la voce di un’attrice, Emma Danti, recitava le testimonianze di Artemisia; luci rosse evocavano il sangue della violenza.

Ogni sala apriva ad emozioni diverse. La pittrice riesce ad esprimere attraverso i suoi quadri il tipo di donna che era: rivoluzionaria, ribelle, ma anche profonda conoscitrice dell’arte, sognatrice, materna e passionale.

Con le due versioni de “ La Giuditta che uccide Oloferne ”, ad esempio, traspare la lucidità di una donna, prima che pittrice, verso l’uomo che approfitta della sua debolezza per poter abusare del suo corpo; il dipinto infatti racconta di Giuditta che usa in modo sapiente la sua capacità di seduzione per ingannare e uccidere l’uomo nemico della sua città. La Lomi coglie il momento dell’uccisione con estrema drammaticità, ed è dalle espressioni di disprezzo della Giuditta e di sofferenza nel volto di Oloferne, dalla vivacità del rosso del sangue che cola sul letto che Artemisia esprime tutta la sua rabbia capovolgendo i ruoli e ottenendo, almeno su tela, la vittoria del sesso femminile.

In un altro quadro, “ Betsabea al bagno “ la rivoluzionaria pittrice personifica le quattro fasi lunari: la luna piena che è rappresentata attraverso la candida pelle di Betsabea, le due fasi intermedie e infine la luna nuova prende le sembianze di una donna di colore.  La Gentileschi, in questo modo, avvalla in un codice condiviso nei cenacoli culturali del tempo la teoria dell’amico Galileo, innovatrice e condannata dalla chiesa.

E poi ancora vi sono quadri come “L’allegoria della pittura”, “ La ninfa Corsica e il Satiro” ,  “ La conversione della Maddalena”. Ma anche documenti inediti quali  la lettera della pittrice al suo amante Maringhi che esprime il completo distacco dalla comune donna rinascimentale e un avvicinamento a quella moderna in quanto rivela la  passione e l’amore  verso un uomo che non è suo marito, espressa senza conformismo ed ipocrisia.

Non è necessario essere un appassionato e un intenditore d’arte per poter apprezzare i capolavori di questa donna. La chiara esposizione della guida, i coinvolgenti quadri creano un’atmosfera interessante e coinvolgente: una buona occasione per esplorare più a fondo il mondo di Artemisia Gentileschi, quasi un modo per conoscerla di persona, conoscere quadri provenienti da collezioni private.

Al termine della mostra, in tutti noi vi è stata la sensazione di aver trascorso qualche minuto in compagnia della pittrice e non le due ore effettive. Le immagini calde, violente, espressive ci hanno completamente avvolto e coinvolto. Avvincente, trascinante, la pittura di Artemisia colpisce anche per i suoi ricchi colori. Una mostra assolutamente da non perdere.

Alessia e Lora

Giuditta che decapita Oloferne (1612-1613), Museo di Capodimonte - Napoli
Giuditta che decapita Oloferne (1612-1613), Museo di Capodimonte - Napoli

Wien, Ich liebe dich

acquerello di Marco Pigni - il pullman che ci ha portato a Vienna
24 marzo 2010. Dodici ore in pullman: canti e simpatia.
acquerello di Marco Pigni - Hotel Hillinger
Hotel al di là delle aspettative, ma nostalgia della cucina di mamma.

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acquerello di Marco Pigni - Duomo di Vienna
Quanta vita attorno al duomo (e anche dentro).
acquerello di Marco Pigni - Tipica carrozza viennese
Romantico il giro in carrozza, but too expensive
acquerello di Marco Pigni - caffé viennese
Sacher e caffé: ti senti davvero viennese.
acquerello di Marco Pigni - Rotenturmstrasse, gelateria italiana
Ma i viennesi mangiano gelato italiano.
acquerello di Marco Pigni - il chiosco punto di riferimento per ritrovare il pullman
Wurstel e kebab: incontro di culture.
acquerello di Marco Pigni - il tram vicino alla fermata del pullman
E i tram coi colori austriaci…

 
Wien, Ich liebe dich

La quinta B

Acquerelli di Marco Pigni