Fin dal principio l’uomo ha cercato qualcosa che suscitasse in lui nuove emozioni. Tra le varie discipline che smuovono i nostri sentimenti, la più famosa è l’arte.
Si usano gli specchi per guardarsi il viso, e si usa l’arte per guardarsi l’anima.
Essa ha affrontato, negli anni, cambiamenti radicali, per quanto riguarda lo stile: dal romanico al gotico, dal barocco al neoclassico, dalla semplicità all’esagerazione e viceversa. Mentre, per quanto riguarda gli strumenti, ha avuto un’evoluzione quasi pari a zero, se non qualche miglioramento degli utensili. Nel 1839, però, un nuovo oggetto entrò in circolazione: la macchina fotografica. Purtroppo non ha avuto subito grande considerazione, ma solo dopo un secolo e mezzo circa, venne riconosciuta come un’inedita pratica artistica.
Io voglio parlarvi di quella cosa che crea, a chi ne coglie il significato, le così dette “farfalle nello stomaco”, non in ambito storico, ma riguardo le emozioni e il pensiero che ha il potere di cambiare questa nuova forma d’arte.
Fin dalla prima volta che ho preso in mano una fotocamera, ho provato euforia, perché mi sentivo un’artista; come quando ai bambini piccoli si danno i pastelli per colorare. Lo scattare foto mi ha insegnato ad osservare, a catturare e a fermare il tempo per godere di quell’armonia che esiste nel mondo e ad immaginare la storia che ha dietro di sé ogni oggetto. Ora guardo la natura con occhi diversi; mi blocco sempre ad ammirare i particolari e a pensare: “Wow…”. E’ proprio questo che la fotografia ha cambiato in me, perché prima che essa “entrasse” nella mia vita, pensavo che l’uomo fosse tutto, mentre adesso so che non è così: noi facciamo semplicemente parte di un meccanismo molto complesso, il quale va avanti in totale affinità.
In conclusione, per me la fotografia deve suggerire, non insistere o spiegare, ed è un’arte che, se la sai interpretare, ti migliora la vita.
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