Tutti gli articoli di Sergio Cappellini

Ammoniaca e altre schifezze

A quanto pare a Rozzano, per la precisione a Quinto Stampi, c’è un’industria chimica, la BECROMAL S.P.A., che in un anno “spara” nel cielo della nostra città 40 tonnellate di ammoniaca e versa nell’acqua 2.200 tonnellate di cloruri. La suddetta azienda risulta anche essere una delle maggiori consumatrici di energia elettrica della provincia di Milano; dunque non stiamo parlando di un piccolo laboratorio clandestino nascosto in uno scantinato. Forse è il caso interessarsi un po’ più a fondo della faccenda, visto che l’ “educazione alla cittadinanza” ci insegna ad occuparci di ciò che è di pubblico interesse, e non vedo cosa ci sia di più pubblico e vitale dell’aria e dell’acqua.
Oltre a lavorare, io abito anche a Rozzano e mi piacerebbe sapere cosa pensano gli amministratori della mia città di questo oltraggio all’ambiente; anzi, al mio amico Paganini che vorrebbe organizzare incontri a scuola con esponenti della politica, suggerisco questo tema di confronto, e non per ascoltare chiacchiere sull'”effetto serra” o sul “Protocollo di Kyoto”, ma per sapere come concretamente tutela la salute e il territorio chi governa qui ed ora. Ma tutti noi, intanto, cerchiamo di dare il giusto risalto a una questione che ci riguarda da vicino.

Guastafeste

Parte prima. Domenica scorsa a Rozzano, autorizzata dal Comune, si svolge la “Festa antica”. Nel pomeriggio caldo e luminoso centinaia di persone affollano il prato antistante la Cascina Grande per ammirare cavalieri e cavalli che mettono in scena una sorta di torneo medievale. All’improvviso l’inaspettato: dall’alto di un albero una ragazza, megafono alla bocca, denuncia l’utilizzo a scopo ludico degli animali e invita la gente a rifiutarsi di assistere a spettacoli che facciano uso di animali, come accade nei circhi. Attimi di stupore, poi il trambusto. Qualcuno dice “ha ragione”, altri gridano “smettila”; da un microfono c’è chi respinge le accuse di maltrattamento. Uno degli organizzatori sale sull’albero e taglia il filo di alimentazione del megafono, al che la ragazza sale ancora più in alto continuando a urlare con quanto fiato ha in gola la sua requisitoria animalista. Arrivano i vigili, l’ambulanza e infine i pompieri con la lunga scala. Tranquillamente la ragazza scende e, tra il clamore della folla, sale sulla macchina della polizia locale per essere trasferita al Comando. Grazie all’intervento del sindaco D’Avolio non ci saranno conseguenze penali a carico della ragazza.

Parte seconda. “Sono vietate su tutto il territorio comunale le seguenti attività:
1) qualsiasi forma di spettacolo, mostra, fiera, manifestazione od intrattenimento pubblico o privato effettuato a scopo di lucro e/o dimostrativo, che contempli, in maniera totale o parziale, l’utilizzo di animali, sia appartenenti a specie domestiche che selvatiche…(omissis)”. Sapete dove sta scritto? Nell’articolo 17 del “Regolamento comunale per la tutela ed il benessere degli animali” approvato dal Consiglio Comunale di Rozzano il 13 marzo 2006!

Parte terza. Il padre della ragazza dell’albero ringrazia il Sindaco per la sua benevola intercessione. Ma come cittadino di Rozzano non può fare a meno di chiedere al suo Sindaco: non è contraddittorio vietare e contemporaneamente autorizzare una determinata cosa? Quella manifestazione equestre a Rozzano non doveva svolgersi e quella ragazza ha fatto bene a protestare: era lei dalla parte della ragione, non solo etica ma anche giuridica, e gli organizzatori dalla parte del torto. E si domanda, quel cittadino, dove fosse l’Assessore alle “Politiche per i diritti degli animali” Stefano Apuzzo che, senza salire sugli alberi, avrebbe dovuto semplicemente vigilare sull’applicazione di un regolamento da lui voluto e votato.
Infine, ditemi un po’, al posto di quel padre cosa direste a vostra figlia?

Giudizi e pregiudizi

Come al solito, capisco più o meno il 50% di quello che scrive DarIO (beato Leo Missi che capisce e sottoscrive tutto, persino la punteggiatura!). In ogni caso dice di aver fatto un esperimento lungo tre anni trovando alla fine conferma alla sua ipotesi; di avere costruito con tenacia il suo punteggio finale, di cui è orgoglioso; di essere convinto che i suoi compagni e amici sappiano benissimo quello che vale, molto meglio di quegli ipocriti e incompetenti che hanno valutato la sua preparazione; dunque di che si lamenta? Ah già, è per gli “altri”. Ma, caro DarIO, non hai sempre teorizzato un sacrosanto egoismo? Cosa sono questi discorsi sulle ingiustizie del “sistema corrotto” e sulla “normalità malata”? Atteggiarsi a vittima del sistema non è da te, lasciatelo dire, a meno che non sia l’ennesima trovata per gratificare il tuo inguaribile narcisismo. Forse un po’ di modestia e di senso della realtà ti aiuterebbe a vedere meglio i tuoi limiti (scolastici, naturalmente). E vorrei anche aggiungere che ti vedo molto condizionato da quei pregiudizi che attribuisci ai tuoi esaminatori: chi ti dice infatti che la loro valutazione delle prove d’esame non sia stata serena e obiettiva, se non sulla base di un tuo pregiudizio nei loro confronti? Se invece hai delle critiche circostanziate da fare, ebbene esponile. Magari in italiano corretto.
Comunque non te la prendere: il punteggio dell’Esame di Stato non ha mai impedito a nessuno di arrivare dove voleva. I veri problemi sono altri. In bocca al lupo!

Sogni e realtà.

Preferisco intervenire sul blog dal momento che la posta elettronica dei docenti mi sembra piuttosto congestionata.
Condivido in larga misura le considerazioni svolte dal Preside nel suo messaggio “Perdere ore”, a parte il sogno di una “presidenza bonapartista e paternalista” (a proposito, il riferimento storico, più che Napoleone, è Luigi Bonaparte): no, io preferirei un effettivo capo d’istituto in grado di decidere e dirigere, pienamente responsabile del proprio operato e per questo adeguatamente retribuito, con un incarico a termine che, alla scadenza, prevedesse la possibilità di riconferma o di rimozione. Ma anche il mio è solo un sogno…
Venendo invece alle proposte concrete e realizzabili, voglio esprimere un punto di fermo dissenso e un altro di convinta adesione alle osservazioni di Parma. Non sono d’accordo sulle attività di orientamento nelle quarte: mi appaiono sempre più come una “fuga in avanti” rispetto alle reali necessità dei ragazzi, che rivelano spesso, a un anno dalla conclusione del loro percorso scolastico, il permanere di vistose carenze nel metodo e nei contenuti dello studio. Altro che Università! E anche per quanto riguarda le quinte, ritengo che i canali informativi siano tali e tanti da poterci esimere da specifiche iniziative in orario curricolare, salvo forse il tradizionale incontro con gli ex studenti.
Pienamente d’accordo, invece, sull’idea eretica di violare il tabù dei 200 giorni-e-non-uno-di-più di lezione; a condizione, però, di richiamare i genitori al rispetto dell’impegno, senza insofferenza per la scuola che impedisce alle famiglie di fruire di ponti e ponticelli. Ma temo che qui le resistenze siano altrettanto forti tra noi docenti…O mi sbaglio?

Preoccupato, ma solidale.

“Dietro le mura degli allevamenti, gli animali destinati a diventare capi d’abbigliamento subiscono quotidianamente sevizie di ogni genere: ammassati l’uno sull’altro dentro gabbie dalle dimensioni di un foglio di giornale, privati di qualunque istinto naturale, essi assumono comportamenti ossessivamente ripetitivi e spesso autolesionistici. La rete metallica, fondo della gabbia, è causa di deformazioni e dolorosissime piaghe sulle loro zampe. Dopo interminabili e atroci sofferenze, il destino degli animali è una morte agonizzante, provocata con scosse elettriche, camere a gas, bastonate e scuoiamenti anche da vivi”. Leggo queste parole su un volantino che mia figlia ha scritto prima di iniziare uno sciopero della fame davanti a La Rinascente di Milano per protestare contro l’industria della pelliccia. Io le ho detto tutto il mio disaccordo, perché come padre sono preoccupato per la sua salute e perché ritengo che la sua iniziativa non sortirà nessun effetto. Ma voglio ugualmente dare eco a una denuncia che condivido: se anche una sola persona in più prenderà coscienza di quanto orrore c’è dietro un certo mercato dell’abbigliamento, molto apprezzato anche dai giovani, la sua protesta non sarà stata del tutto inutile. E io sarò contento di aver avuto un po’ di torto nello scoraggiarla.

Un cinismo che non mi convince.

Non solo gli alunni devono saldare i debiti: io sono in debito di una risposta a Dario e ora è tempo di saldarlo.
Come per Alex, mi limito a considerare solo un punto del ragionamento, laddove tu dici che “l’egoismo dell’io vale tanto quello del noi”. Non sono d’accordo. Tu spesso sostieni – e lo sottintendi anche nel tuo commento sul blog – che ciò che muove tutti i comportamenti umani è sempre e comunque un fondamentale e inestirpabile istinto egoistico: anche le forme apparentemente più disinteressate di amore o altruismo mascherano sapientemente quel sentimento naturale invincibile. Non è così, a meno di assegnare al concetto di “egoismo” un significato così generico da renderlo inutilizzabile. Ma se anche così fosse, cosa cambierebbe? Rimarrebbe il fatto che c’è egoismo ed egoismo, radicalmente diversi nelle loro manifestazioni: l’avarizia e la generosità, l’ipocrisia e la sincerità, la slealtà e la lealtà, l’indifferenza e la sensibilità, e via enumerando coppie di opposti. Ora ti chiedo, preferiresti avere per amico un “egoista” generoso, sincero, leale e sensibile o un “egoista” avaro, ipocrita, sleale e indifferente?
Venendo all'”io” e al “noi”, resto convinto che lo scarso senso etico-civile è uno dei mali cronici della società italiana. Penso che condividere con altri un comune orizzonte di idee, progetti e valori per rendere un po’ migliore il mondo in cui viviamo sia una delle esperienze che possono davvero arricchire l’esistenza di una persona. E penso anche che dovremmo coltivare un po’ più di gratitudine per quanti hanno sacrificato tempo, energie e talvolta anche la vita per costruire una società più libera, giusta e umana, a vantaggio di tutti e soprattutto dei più deboli. Del resto, caro Dario, hai scritto tu stesso al Preside (riferendoti all’attuale protesta degli studenti del nostro istituto) che “ci teniamo a farci sentire più che per noi…per le generazioni future”. D’accordo, non è in gioco il destino dell’umanità, però non confermi in tal modo che può valere la pena impegnarsi per qualcosa che va oltre il proprio angusto tornaconto personale? Se comunque ti dà gusto interpretare la parte del cinico, fà pure; ma i fatti mi dicono, finora, che lo sei molto meno di quanto vuoi far credere. E va bene così, sia chiaro.

Un “ex” impertinente.

E bravo Mordini, che non solo fotografava abusivamente il prof. durante l’attività didattica, non solo mette in rete l’immagine del deprimente decadimento fisico del suddetto prof., ma offre anche inopportuni premi a chi riesce a identificarlo. Per tutta risposta ingiungo al Mordi: 1°, di distruggere tutte le mie foto in suo possesso; 2°, di presentarsi in classe per sottoporsi a una verifica retroattiva di filosofia (conosco i suoi punti deboli, eh eh…); 3°, di smetterla di giocare con la sirena dell’ambulanza.
La verità è che Mordini non mi ha ancora perdonato per avergli messo fuori uso il videoproiettore un attimo prima che cominciasse a esporre la sua tesina multimediale all’esame di maturità. Dico io, si può essere così permalosi?

Ragionando con Alex

Ringrazio Alex e Dario per i loro commenti. Difficile affrontare problemi così complessi in poche righe, ma proviamo almeno a fare luce su qualche punto.
Comincio da Alex. Tu dici che l’indifferenza che manifestano i giovani verso le grandi questioni di interesse generale deriva “dallo sbagliato utilizzo delle tecnologie di cui oramai disponiamo”. Io viceversa penso che l’uso passivo, acritico, consumistico degli strumenti tecnoloigici è solo uno degli effetti prodotti da un modello sociale che ha nel mercato e nella sua logica il valore fondamentale di riferimento, plasmando comportamenti pratici e atteggiamenti mentali. Il mercato ci rende fin dall’infanzia consumatori di merci e più tardi anche produttori di profitto, integrandoci in un meccanismo che ci vuole il più possibile avidi e competitivi. Chi rifiuta questo gioco spietato viene emarginato, escluso, considerato un “perdente”, e allora è meglio imparare alla svelta a sgomitare, arrampicarsi sopra gli altri senza inutili scrupoli, godendo del piacere di possedere ed esibire tante belle cose, costose ancorché superflue. Avere ed apparire, questo è lo scopo del gioco, e per raggiungerlo occorre molta ambizione, poca solidarietà, cinismo quanto basta; e oscurare gli altri, o al massimo usarli. Badando bene – ma non è difficile – che la coscienza ipnotizzata non si svegli. L’indifferenza, caro Alex, trova qui la sua radice sociale che fa di noi degli atomi ciechi, sordi e dis-umani.
Io penso che sia possibile cambiare le regole del gioco, o addirittura cambiare il gioco stesso; ma credo anche che fin quando rimaniamo atomi isolati sia difficile persino concepire questa possibilità.
Alla prossima. Con Dario.

Dal “noi” all’ “io”.

Cerco di chiarire quanto ho voluto dire intervenendo nel dibattito seguito alla relazione dell’avvocato Franco Scarpelli questa mattina in auditorium.
Non penso affatto che i giovani di oggi siano “peggiori” di quelli della mia generazione; credo però che negli ultimi vent’anni si siano drammaticamente indebolite forme fondamentali di coscienza collettiva. Un tempo, partiti, sindacati, associazioni di ogni tipo costituivano un ricco tessuto attraverso il quale il singolo entrava in relazione con le istituzioni, col mondo del lavoro, con la società civile, partecipando alla vita collettiva, maturando un punto di vista, magari critico, sulla realtà, prendendo posizione nei confronti delle grandi questioni di interesse pubblico, etico, politico. Oggi le cose sono molto diverse. Il processo di atomizzazione della società da un lato omologa in modo impressionante i comportamenti, dall’altro ci isola come individui regalandoci un’apparente libertà. A parte i personali legami affettivi o di amicizia, le uniche forme di vita sociale sono rappresentate da eventi spettacolari (la partita di calcio o il concerto) o, nel migliore dei casi, da attività solidaristiche o di beneficienza. Anche nei rapporti di lavoro alla cultura dei diritti si va sostituendo quella dei favori: ognuno tende a risolvere il proprio problema senza collocarlo in un orizzonte più ampio. E riferendosi alla scuola, da quanto tempo gli studenti hanno rinunciato a pensarsi come un soggetto collettivo, portatore di proposte anche critiche, limitandosi a subire l’esistente nella logica dell’ “ognuno per sé e Dio per tutti”? E lasciamo perdere l’autogestione, che al massimo è una riproduzione sgangherata della scuola in formato ridotto, soltanto con più ricreazione…
Sul perché abbia potuto accadere tutto ciò ho le mie idee, ma non è il caso di esporle qui ed ora. Piuttosto mi interessa molto conoscere qualche altro punto di vista. Non siete d’accordo? A voi la replica.

Finali di scacchi.

Alla fine siamo arrivati in porto! Sette mesi e passa di navigazione non sono pochi, anche se il 90% della ciurma nel frattempo è finita in pasto ai pesci… Insomma, i quattro sopravvissuti alla spietata selezione si sono affrontati nell’ultima, definitiva sfida con gli scacchi.

Finale per il 3° e 4° posto: venerdi 9 giugno. Nel silenzio solenne dell’auditorium, dove letteralmente volava una sola, fastidiosissima, mosca, Andrea Visini di 5A (bianco) si è misurato con Luca De Simone di 3B (nero). Forse la preoccupazione per gli imminenti esami, o forse la fretta di andarsi a fumare una sigaretta, sta di fatto che il “Viso” non ha giocato all’altezza delle sue possibilità. Fin dall’apertura è andato in svantaggio di un cavallo e poi, grazie all’abilità di un avversario che non ha commesso errori, ha progressivamente perso il controllo della scacchiera, fino all’abbandono per l’impossibilità di mantenere una posizione oramai indifendibile. Bravo Luca, che su un totale di 13 incontri ne ha perso soltanto uno, pareggiandone due e vincendone ben 10! Medaglia di bronzo, dunque, meritatissima.

Finale per il 1° e 2° posto: sabato 10 giugno, ultimo giorno di scuola. Con i bianchi ha giocato Paolo Iacovone di Terza A (11 incontri vinti e solo uno perso negli ottavi di finale proprio contro il suo avversario di oggi); con i neri Alessio Giannoni di Terza C (su 12 incontri neanche una sconfitta e solo un pareggio). La partita si è snodata per quasi due ore e mezza come in un acquario: attorno ai due giocatori, concentratissimi, un silenzio quasi assoluto, gesti lenti e bisbigli sommessi; oltre i vetri dell’auditoriumi i volti di tante persone che si sono alternate, incuriosite e ammirate, a contemplare gli arcani movimenti che disegnano sulla scacchiera lo scontro violentemente pacifico tra due menti affilate.
Iacovone ha adottato una classica apertura “spagnola”, ma nel corso di un complicato scambio di regine è andato in svantaggio di un alfiere. Nonostante l’inferiorità materiale ha retto bene il confronto fino in fondo, ma nel finale un ultimo scambio di torri e l’abile gioco dei pedoni di Giannoni lo hanno costretto alla resa.
Quindi il vincitore del torneo è Alessio Giannoni, che si è rivelato davvero il più solido fra i trenta partecipanti. Complimenti!

Un momento della finale di scacchi
concentrato sul gioco: quale sarà la mossa giusta?
mossa difficile, perbacco!

Ma l’attrattiva di questa giornata è stata anche un’altra: la spettacolare scacchiera in terracotta realizzata dal prof. Colavolpe, che meriterebbe una collocazione ben più visibile e prestigiosa delle pur pregevoli casse dove da anni riposa custodita nel buio della sua cantina. Nell’attesa di investire della questione il neo-ministro dei beni culturali on. Rutelli, invito alunni e genitori a visitare il sito del nostro dotatissimo collega (www.nellocolavolpe.com), che oltre ad essere scultore è anche pittore di talento (e chissà cos’altro…), nonché il “link” che quanto prima il prof. Paganini (altro vanto del nostro istituto) attiverà sul sito della scuola.

I prof. Colavolpe e Cappellini con la bellissima scacchiera realizzata dal professor Colavolpe

Dimenticavo: buone vacanze a tutti!!!