Con l’approssimarsi dell’EXPO si moltiplicano gli inviti ad acquistare biglietti d’ingresso e a organizzare visite collettive agli spazi espositivi. Vorrei allora far presente quanto segue.
Quarantasei imprese che lavorano per EXPO sono risultate infiltrate da cosche mafiose; decine di chilometri di tangenziali, autostrade e svincoli, quasi del tutto inutili, hanno distrutto 1600 ettari di terreno agricolo e di parchi protetti in Lombardia; la spaventosa colata di cemento sul territorio di Rho-Pero ha cancellato 110 ettari di suolo agricolo (il tutto in nome di una nobilissima causa: “nutrire il pianeta”!); il fantastico progetto delle “vie d’acqua” è diventato l’ennesimo oggetto d’indagine della Guardia di Finanza per atti di corruzione. E, come se non bastasse, il ras dei Lavori pubblici Ercole Incalza, legato al ministro Lupi e appena finito in manette, allungava i tentacoli del suo colossale sistema di mazzette e appalti – ma tu guarda! – anche sui lavori collegati all’EXPO.
Insomma, un fiume di denaro pubblico ingrassa i meccanismi di una gigantesca macchina che macina cemento e tangenti, finte metropolitane e inutili corsi d’acqua, autostrade deserte e affollati (quelli sì) comitati d’affari. Il grandioso evento che da anni viene annunciato come epocale e irrinunciabile, fattore di rinascita economica e portatore di benessere per Milano e l’Italia, vetrina scintillante che ci collocherà per sei mesi al centro del mondo, sarà l’ennesima “grande opera” costosa, inutile e dannosa, sponsorizzata da banche, imprese multinazionali dell’alimentazione che desertificano il pianeta, costruttori e, ovviamente, gruppi politici intrecciati con interessi affaristici di ogni genere. E naturalmente non mancherà la grancassa della stampa di regime e delle televisioni unificate che intoneranno il quotidiano inno alla gioia per l’Evento, col Presidente del Consiglio a dirigere la fanfara.
Meno male che almeno il Papa ricorda che è necessario “rinunciare all’autonomia assoluta dei mercati e della speculazione finanziaria e agire anzitutto sulle cause strutturali della iniquità”. Questo concetto l’ho imparato tanti anni fa leggendo Marx, ma mi fa piacere sentirlo esporre dal Pontefice. In un paese in cui la sinistra come forza organizzata non esiste più e dove troppi cattolici sono soggiogati dalla logica dell’economia di mercato e dal fascino del potere, una voce autorevole fuori dal coro aiuta a non perdere la speranza.
Ma bisognerebbe che anche la scuola si svegliasse dal suo torpore conformista e ritrovasse le ragioni profonde della sua esistenza: insegnare a pensare. Criticamente.
Sergio Cappellini