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Disegnare il mondo di…Gogi

“Gogi” con la sua disegnatrice, Nigar Nazar

Quante volte abbiamo sentito guardando in tv eloquentissimi comici cimentarsi in monologhi basati su stereotipi e luoghi comuni che hanno la capacità di rendere un banale accaduto in un episodio divertente? Personalmente molte. Quante volte dopo aver riso però abbiamo riflettuto su ciò che abbiamo sentito dire? Poche. A quanto pare invece è un ottimo mezzo per esprimere concetti non sempre condivisibili soprattutto se si vive in un paese poco aperto alla libertà di stampa e di pensiero.

Non sto presentando un affermato comico, ma una disegnatrice pakistana di nome Nigar Lazar. Il suoi mezzi di comunicazione sono carta e penna a china e il risultato finale si chiama “Gogi“, personaggio femminile estremamente brillante amato dai grandi ma soprattutto dai piccini, grazie alla sua ampia diffusione sulla tv pakistana.

Nelle vignette Gogi mette in luce situazioni mondane che lettori sbadati potrebbero intendere finalizzate solamente a far sorridere, ma, come spiega Nigar, “lo scopo principale è far cogliere alle persone ciò che accade con un occhio critico, l’ironia è solo il mezzo per facilitare la comprensione del concetto che vorrei trasmettere”.

Per Nigar non è sempre facile trattare alcuni argomenti, come ad esempio la religione o la politica (tanto che non sempre le sue vignette sono pubblicate dai media locali), ma la disegnatrice è sempre stata brava a non eccedere nell’essere controcorrente, ottenendo comunque grandi risultati per la sensibilizzazione al riconoscimento dei diritti delle donne in oriente, come ad esempio il diritto all’educazione scolastica per le bambine. Nigar infatti sa quanto sia importante una corretta formazione culturale, malgrado abbia lasciato l’università di medicina anzitempo, poichè quella facoltà non la realizzava a pieno.

Ma grazie a questa presa di coscienza ha capito che non poteva vivere senza disegnare e che gli scarabocchi che lasciava sui bordi dei libri di anatomia un giorno sarebbero diventati famosi non solo agli occhi dei suoi compagni.

Sfido chiunque a trovare un’arma più semplice e funzionale di un disegno per avviare un processo di cambiamento lento ma efficace, perchè oggi Nigar grazie a Gogi rallegra la giornata di milioni di bambini e ragazzi in tutti i paesi del medio oriente, ma un domani saranno proprio quei bambini a dettare il cambiamento. E non dobbiamo ringraziare abili pionieri di guerra se un cambiamento ci sarà, ma l’essenza che ognuno di noi trasmette ad un movimento inciso su una superficie: un disegno.

Riccardo Sisinni

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Il coraggio della sindaca di Lampedusa

La “leonessa di Lampedusa” Giusi Nicolini, sindaca di Lampedusa e Linosa, il 9 Gennaio 2016 ha ricevuto il premio “Simone de Beauvoir” :  dal 2012, anno della sua elezione, si batte fortemente per il riconoscimento dei diritti delle donne di tutto il mondo ed è sempre stata in prima linea per la difesa coraggiosa dei diritti dei rifugiati.

La sindaca investirà la somma vinta in un progetto che mira a salvare dalla depressione e dalla disperazione almeno alcune delle donne violate. Cogliendo l’occasione della consegna del premio, ha espresso in maniera chiara e diretta critiche sia nei confronti della classe politica italiana sia nei confronti della politica migratoria europea:

“I politici davanti alle bare del naufragio del 3 ottobre 2013 hanno detto ‘mai più morti in mare’, ma poi hanno chiesto la chiusura di Mare nostrum, l’operazione umanitaria della marina italiana, ritenuta colpevole di salvare troppe vite, ritenuta colpevole di incentivare gli arrivi. Anche negli ultimi, difficili mesi, l’Ue ha dimostrato grandissima ipocrisia, da un lato ha detto facciamo un piano di accoglienza per i migranti, stabilendo le quote come si fa per il latte, e poi [l’Europa] non è stata nemmeno in grado di prenderseli….”.

Riguardo alla difesa dei diritti dei migranti Giusi Nicolini non teme di sfidare nessuno: nel novembre del 2015 ha scritto al prefetto Mario Morcone per chiedere un intervento immediato per trasferire 422 profughi presenti nel centro d’accoglienza a causa delle pessime condizioni igienico-sanitarie provocate dall’emergenza rifiuti. Nella nota del Comune scrive con decisione: “Non li soccorriamo per poi ospitarli in una discarica”.

Eletta nel 2012, ha denunciato immediatamente pubblicamente su scala nazionale le stragi di migranti annegati in mare di cui era spettatrice, ogni giorno, ma ha avuto visibilità mediatica solo a partire dal 3 novembre dello stesso anno, quando le hanno consegnato le salme di 21 migranti, tra cui 8 giovani donne e 2 bambini. Una vicenda dalla gravità simile l’ha indotta a scrivere un appello sia all’Unione Europea sia al Governo italiano, che sicuramente entrerà nella storia.

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-cb0328f7-f715-4c84-8822-ca06b5de47d5.html

Solamente papa Francesco, fra le massime autorità mondiali, ha risposto all’appello del sindaco, rendendo il suo immenso lavoro conosciuto a livello mondiale grazie alle parole rilasciate durante il suo viaggio in Messico in cui afferma che “Il sindaco di Lampedusa è un eroe”.

Giusi Nicolini è sicuramente una “cattiva ragazza”, sa che il suo lavoro sta sollevando un problema considerato da tutti troppo scomodo per essere affrontato senza demagogia, poiché quelle rotte alimentano un ricco mercato e coinvolgono ampi interessi, è una donna coraggiosa, che non ha paura di infastidire e calpestare i piedi con il suo lavoro a enti o persone di caratura nazionale e mondiale che permettono che ogni anno centinaia o migliaia di uomini, donne e bambini nella speranza di raggiungere un futuro migliore, muoiono in un tratto di mare che è ormai divenuto un cimitero. Queste sono alcune delle parole forti, che esprimono il suo modo audace di essere donna e di fare politica, parole che hanno toccato papa Francesco:

“… se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza.”

Lorenzo Uccellini

La nuda verità

Aliaa Magda Elmahdy Aliaa è una ragazza che conduce una vita normale. L’università, il ragazzo, i suoi sogni. Non è certo una di facili costumi, né una delle tante che farebbero qualsiasi cosa per un attimo di notorietà. È nata a Il Cairo nel 1991 e ha ricevuto una rigida istruzione ed educazione da parte dei suoi genitori, i quali sono legati a costumi, usanze e tradizioni del proprio paese, ma soprattutto ai valori della religione islamica. All’età di vent’anni, però, la vita di Aliaa prende una piega diversa, e lei, oltre a dichiararsi laica, si trasforma in un’altra persona: si trasforma in una “cattiva ragazza”. Nell’ottobre del 2011 decide di pubblicare su Internet un autoscatto che la ritrae nuda. Accanto alla foto aggiunge la seguente descrizione: “Processate i modelli che posavano nudi nelle scuole d’arte, nascondete i libri d’arte, distruggete le statue di nudi antichi, poi spogliatevi e guardatevi allo specchio: bruciate il vostro corpo, il corpo che disprezzate, per liberarvi per sempre della vostra appartenenza a un sesso per infine dirigere la vostra umiliazione e il vostro sciovinismo contro di me e osare negarmi la libertà di esprimermi”. Ma non si ferma a questo e appella questo suo gesto come: “un urlo contro una società di violenza, razzismo, sessismo, molestie sessuali e ipocrisia”. Ma cosa l’ha portata a compiere un’azione simile? In un’intervista rilasciata a un telegiornale americano, Aliaa racconta il susseguirsi di alcuni eventi che le permisero di cambiare sguardo sulla sua vita: due mesi prima di scatenare il grande tumulto sul web, la giovane aveva trovato l’amore assieme a Kareem. Bisogna che vi informi che presso Il Cairo “l’amore prematuro”, quello che nasce e sboccia tra i giovani, è considerato un’offesa al sentito fondamentalismo religioso del paese, soprattutto se manifestato in pubblico. Aliaa racconta di un pomeriggio in cui stava passeggiando e scambiandosi semplici tenerezze con Kareem in un parco. A un certo punto i due vennero avvistati dal servizio di sicurezza e rischiarono di essere processati in tribunale perché si tenevano per mano. Kareem aveva deciso di riprendere quanto stava succedendo per avere una prova dell’assurdità della situazione, ma “ovviamente” gli venne subito ordinato di spegnere la videocamera. Lui ebbe il coraggio di opporsi: non aveva intenzione di spegnerla. Gli uomini della sicurezza lo minacciarono di chiamare la polizia e se la presero anche con Aliaa, continuando a chiamarla “bambola” davanti al fidanzato. Lei si difese dicendo di voler essere rispettata, ma loro le intimarono di abbassare la voce e di stare zitta. Rizzi Camilla 4E Questo episodio si concluse la sera stessa senza alcun provvedimento nei confronti dei due giovani, ma Aliaa, una volta tornata a casa, ebbe il tempo di riflettere su quello che aveva passato fino a quel giorno e capì a cosa sarebbe andata incontro se avesse continuato a condurre la propria vita nel suo paese. Non accettando la propria condizione di inferiorità in quanto donna, pubblicò sul suo blog (arebelsdiary.blogspot.com ثائرة مذكرات (la sua prima foto di nudo integrale. L’accaduto rappresenta la fatidica goccia che fece traboccare il vaso di sopportazione alle oppressioni a cui Aliaa era costantemente sottoposta.

 

“Is it freedom about nudity? No it’s not. But it’s about it: it’s my body and I decided to post the photo. It’s about the freedom to post or not. It’s about not imposing things upon me.”

 

In pochi giorni ricevette quasi tre milioni di visite, con oltre 3.500 commenti. In un primo momento la maggioranza degli utenti la screditava, insultava, addirittura la minacciava di morte, senza cogliere il significato dell’atto coraggiosissimo di questa ragazza: un gesto di protesta che in un qualunque paese occidentale, prendiamo per esempio il nostro, l’Italia, avrebbe avuto come unico scopo il raggiungimento di una certa notorietà, ma che in un paese come l’Egitto suscita non poco clamore. É una provocazione importante, aggressiva, ma che riesce a funzionare. I sostegni non tardano ad arrivare, le manifestazioni in onore di Aliaa e della sfida che ha lanciato sono numerose in tutto il mondo. Questa ragazza esprime una grande verità che, a parer mio, dovrebbe essere scontata. Uso il condizionale è dico “dovrebbe”, perché purtroppo un atto come questo da alcuni é stato frainteso ed é stato interpretato con malizia, quando invece molte donne che hanno vissuto, vivono e vivranno ancora per chissà quanto nella sua stessa situazione, si sono sentite coinvolte. Una di loro commenta: “Aliaa mostra un corpo che c’è, esiste, e non può essere negato da nessun regime e da nessuna religione!”; ha ragione! Alia lotta per la libera espressione del suo paese, protesta contro un regime oppressivo, in cui è stata vittima della uso di potere della polizia, quella stessa polizia che a noi fa sentire protetti e al sicuro, difende la libertà delle donne, mettendo a rischio la sua di libertà, e forse la sua stessa vita! Quello che mi turba è che potrebbe essere mia sorella. In ogni caso da tutte le parti del mondo i supporti e gli incoraggiamenti continuano ad aumentare soffocando le poche critiche che rimangono. Non solo: questo suo gesto ha dato vita a rivoluzioni e manifestazioni e ha risvegliato nello spirito delle persone il desiderio della parità dei sessi e la voglia di reagire alle ingiustizie.

Camilla Rizzi