Le elezioni sono alle porte. Il populismo che permeava l’ambiente in cui i vari candidati esponevano le loro cosiddette “promesse elettorali” è stata forse la mano che ha provocato un fatto di cronaca gravissimo: una sorta di gesto terroristico in territorio italiano. Ancora più inaspettato è l’attentatore, un italiano, un patriota secondo alcuni, un malato secondo altri: Luca Traini. In merito all’attentato avvenuto nella città di Macerata, tutti abbiamo letto alcuni articoli, e a tal proposito due alunni della 5aE, hanno anche deciso di mettere in luce altri particolari, che sono passati in silenzio ai telegiornali e sulle testate giornalistiche. I miei compagni vi propongono due articoli che affrontano gli stessi temi, con due approcci diversi, ma con lo stesso augurio: che alle elezioni si costruisca una Italia più civile. Due letture interessanti, provocatorie, con punti di vista differenti, che offrono spunti di riflessione importanti, fondamentali considerato il periodo storico che stiamo vivendo, che fanno sperare in una politica che sappia usare non la violenza ma la parola, democraticamente.
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Anime Concordi
Ercole ed Asia, Luca e Ercole. L’essenziale. Un fratello è l’essenziale. Perché un fratello è sia un amico che un genitore, è un confidente e un maestro, un esempio e una persona acconto cui compiere il proprio viaggio. Un fratello si sceglie: non si è fratelli perché si appartiene alla stessa famiglia, non è una questione di sangue. Può essere un fratello chiunque, può esserlo il vicino di casa, così come il compagno di banco, chiunque. Ciò che rende un fratello tale è altro: è la capacità di proteggere e la volontà di essere protetti; è la capacità di capire quando è ora di tacere e quando, invece, è il momento di parlare; è tendere la mano nei momenti di difficoltà con la consapevolezza che quella stessa mano sarà pronta a fare lo stesso. È una relazione reciproca. Un fratello è una persona che nel tuo cuore ha il significato di famiglia, una persona il cui cuore ti capisce. Concorde. Concorde deriva dal latino, cum cordis, etimologicamente significa avere un rapporto di reciproca intesa tra due cuori. Perché tutto nasce dal cuore. Inspiegabilmente quando siamo felici, quando siamo tristi, quando proviamo qualcosa di particolare, lo sentiamo nel cuore. Ci sono momenti nella vita che vogliamo condividere con poche, pochissime persone, con quelle persone che conserviamo gelosamente dentro di noi. Questi sono i fratelli che scegliamo. Qual è, dunque, la differenza tra un fratello e un amico?
A mio parere c’è un momento nella vita in cui si riesce a distinguere un fratello da un semplice amico ed è quando si ha bisogno di aiuto: un amico ti aiuta quando mostri il tuo dolore, i tuoi problemi, quando la tua richiesta di aiuto è evidente; un fratello si comporta diversamente, un fratello fa ciò di cui hai bisogno ma che non chiedi, capisce i tuoi silenzi. Di un fratello non ti vergogni, mai. Non hai paura di mostrare le tue debolezze, non pensi neanche di poter essere giudicato, gli regali la tua anima nuda sapendo che, pur avendo il potere di distruggerla, se ne prenderà cura come fosse l’oggetto più prezioso al mondo. Quello con un fratello è un rapporto che inizia nel momento in cui i due sguardi si incrociano e si sente un magia strana, si capisce che quella è una persona che avrà un ruolo importante nella propria vita.
“Anime scalze” è questo: è un racconto di fratelli, una storia che spiega come un amore così forte possa salvare anche dalla peggiore delle situazioni. Fabio Geda racconta con una semplicità disarmante la complessità dell’amore che lega i fratelli, delle persone completamente diverse, che reagiscono alla vita in maniera quasi opposta, ma che, qualunque cosa accada, sanno di poter contare gli uni sugli altri. Asia è stata quasi una madre per Ercole, è stata ed è ancora un’alleata, una confidente, una sorella. Allo stesso modo Ercole si è comportato nei confronti di Luca: fin dal loro primo incontro si sono scelti, Ercole ha sentito il bisogno di proteggere Luca dalla vita che gli era capitata, dai genitori incompetenti che aveva avuto. Forse perché anche Ercole era stato costretto ad affrontare le stesse difficoltà e si sentiva in dovere di essere per Luca ciò che Asia era stata per lui. Di contro Luca, un ingenuo bambino di sei anni, si fida di Ercole, lo seguirebbe ovunque, vede in lui il padre che Nicola non è stato.
Non c’è dubbio, quello tra fratelli, che siano di sangue o che siano scelti, è il legame più forte e sincero che esista. Non ci si sente in dovere di amare, si sente solo il bisogno di farlo.
Nada Mansour
Gender in Physics Day
Il 10 Maggio noi due, studentesse del liceo di Opera, Nada Mansour e Letizia Repizzi, abbiamo partecipato ad un convegno internazionale a Roma, dal titolo “Italian GENDER IN PHYSICS DAY”, presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche, in quanto selezionate con menzione speciale per il loro prodotto dal titolo: “l’altra metà del cielo”.
Abbiamo ricevuto una targa, per il progetto da noi presentato per il concorso “Donne nella Fisica: stereotipi e pregiudizi di genere”. Continua la lettura di Gender in Physics Day
Il coraggio nella rinuncia – La partigiana Laura
1 gennaio 1924, Milano. Nasce quella che diventerà la pioniera della Resistenza antifascista femminile, Francesca Laura Fabbri Wronowsky. Nasce in un ambiente liberale essendo strettamente imparentata con Giacomo Matteotti, assassinato dal governo fascista nel ’24. La grande storia della Resistenza la conoscono tutti, giovani ragazzi che si improvvisano eroi tentando di cacciare l’invasore tedesco, mossi unicamente dalla speranza di democrazia e libertà, ma la Resistenza partigiana ha visto protagoniste persone normali, comuni, che avevano una vita al di fuori della guerra, come Laura. La figura di Matteotti ha seguito la crescita della giovane partigiana, come un’ombra, segnando non solo le sue scelte, i suoi ideali e i suoi valori, ma anche la sua stessa vita. Lei stessa testimonia, parlando della sua giovinezza: “le amicizie finivano davanti al portone di scuola, nessuno veniva a casa da noi”; l’unico luogo in cui si sentiva normale, libera, senza paure, era il mare, il suo primo grande amore.
Laura racconta anche del suo secondo grande amore, Sergio Kasman, comandante di Giustizia e libertà a Milano, bellissimo ragazzo che conobbe la morte in battaglia, per mano dei nazisti. Il primo innamoramento è quello che si vive più intensamente, quello che si crede infinito e vederlo distrutto da una guerra fa crescere, impedisce di credere nell’invincibilità dei giovani e dell’amore, fa diventare adulti. Tutto questo fa riflettere, non solo, a livello prettamente storico, su quanto sia stato indispensabile l’intervento partigiano in Italia, ma anche su quanto coraggio debbano aver avuto questi giovani ragazzi, che hanno messo in gioco tutto ciò che avevano per un ideale in cui credevano profondamente.
Quanto deve essere difficile rinunciare alle amicizie durante l’infanzia e l’adolescenza? Quanto deve essere doloroso sapere il ragazzo che si ama morto in battaglia?
Quanto deve essere dura una vita piena di rinunce?
A quale scopo? Andare in guerra, rinunciare, combattere, mettere a rischio la propria vita per un risultato che non è certo che arrivi. Riflettiamo non solo sul coraggio di questi giovani, ma sul dolore, sulla disperazione, sul desiderio di libertà che hanno spinto a queste azioni.
Per noi oggi tutto è scontato, tutto è dovuto, per questa ragione è importante ricordare, in particolare attraverso testimonianze dirette che abbiano vissuto il dolore e siano disposte a condividerlo, in modo da rendere il ricordo fonte di insegnamento.
Nada Mansour
Una donna, infinite figure
Un primo ministro, una madre, una moglie, una sorella e un essere umano. Benazir Bhutto fu tutto ciò e in tutto fu esemplare. A Benazir Bhutto bisogna riconoscere l’abilità politica, alla quale il suo essere donna ha solo giovato perché l’ha resa diversa, innovativa, empatica, ha espresso “un diverso tipo di leadership” che l’ha portata a interessarsi anche dei problemi della bassa popolazione quali le questioni femminili e la riduzione del tasso di crescita demografia. Ciò è stato possibile portando in politica “una nuova dimensione supplementare, quella di una madre.”
Ricordata per essere stata la prima donna a capo di uno stato islamico, Benazir ha trascorso diversi anni lontana dalla sua patria, il Pakistan. Il contatto con una società occidentale le ha permesso di ampliare i suoi orizzonti e di conoscere un mondo diverso da quello in cui era abituata a vivere; il suo cambiamento di prospettiva, aggiunto al suo carattere da sempre curioso e critico, hanno fatto sì che si realizzasse non solo come membro della società, ma anche in quanto donna. I suoi successi politici sono stati diversi, la duplice elezione alla carica di Primo Ministro in uno stato islamico esprime l’enorme appoggio che questa grande donna ha ricevuto da parte dei suoi concittadini, dal suo popolo, dalla sua patria. Malgrado una moglie così avrebbe potuto, in una società come quella pakistana, rappresentare un disonore, Asif Ali Zirdari, suo marito, l’ha sempre sostenuta in vita e ha perseguito la sua linea politica fino al 2013.
La morte di Benazir, oltre ad essere misteriosa, in quanto non si conoscono i veri responsabili, è significativa: Benazir è morta perché era temuta, costituiva un pericolo. Una donna con degli ideali, con dei pensieri e con la forza necessaria per vederli realizzati, con dei sostenitori, una donna indipendente spaventava, specialmente in una società in cui la donna non è altro che un oggetto. Benazir rappresenta potenzialmente la scintilla che porterà le donne pakistane all’emancipazione, all’indipendenza dai mariti e alla riconsiderazione di loro stesse come donne. Era questo che spaventava il governo del Pakistan, era questo il motivo per cui Bhutto andava eliminata, e così è stato. Il 27 Dicembre 2007, in seguito ad un attentato terroristico, l’ex primo ministro perde la vita e con questa ogni donna pakistana perde la speranza che prima la animava.
Possiamo considerare Benazir una martire, morta per una causa che nel 2007 doveva già essere realizzata, così come dovrebbe esserlo ora, quando invece non è ancora così. Benazir si è messa in gioco, non ha avuto paura di darsi visibilità malgrado fosse a conoscenza dei pericoli che correva, non si è tirata indietro, anche dopo gli esili, gli attentati e le minacce ha continuato a lavorare in politica e a non essere al sicuro, perché come lei stessa afferma “le navi al porto sono al sicuro, ma non è per questo che sono state costruite”.
Il suo atteggiamento innovativo e anticonformista l’ha resa una donna degna di essere definita una “cattiva ragazza”, un’etichetta linguistica che, malgrado l’apparenza possa ingannare, assume un significato positivo, quasi celebrativo. Benazir è stata in grado di essere se stessa e raggiungere i suoi obiettivi in una società in cui tutto ciò era silenziosamente proibito.
Nada Mansour
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