Alessandro II, zar dal 1855, tentò di attuare una politica di riforme. In particolare, nel 1861, abolì la servitù della gleba. Ogni contadino avrebbe ricevuto in uso permanente la terra che sino ad allora aveva lavorato come servo. Questa legge, però, non migliorò le condizioni di vita dei contadini perché era previsto il pagamento di un riscatto, ma i contadini spesso non riuscivano a pagarlo e finivano col perdere la terra a vantaggio dei contadini più ricchi, i kulaki. Il malcontento favorì la diffusione del nichilismo e del populismo.
I nichilisti avevano posizioni materialiste e positiviste. Esaltavano le scienze esatte e rifiutavano la tradizione ed i doveri familiari e religiosi. Non avevano alcuna fiducia nelle riforme proposte dalla classe dirigente.
I populisti, invece, erano il movimento slavofili. Si opponevano a chi avrebbe voluto imitare i modelli capitalistici occidentali (gli occidentalisti) e sostenevano una via nazionale allo sviluppo della Russia. Questo sviluppo sarebbe partito dalla classe contadina. Gli slavofili, infatti, idealizzavano il popolo contadino, le sue tradizioni e la sua stabilità. I populisti intendevano alfabetizzare i contadini e renderli coscienti della loro condizioni; il loro scopo ultimo era l’abbattimento dello Stato, da sostituire con comunità agricole.
Uno dei loro metodi di lotta era il terrorismo.