Alice Torriani
presenta il suo romanzo
L’altra sete
Sabato, 7 marzo 2015, alle ore 18.00, presso la sala conferenze del Centro Culturale Cascina Grande di Rozzano
Sabato, 7 marzo 2015, alle ore 18.00, presso la sala conferenze del Centro Culturale Cascina Grande di Rozzano
Alice Torriani, uscita dal nostro liceo nel 2003 con il massimo dei voti, già nota come attrice di teatro, cinema e TV, ci stupisce con il suo primo romanzo: L’altra sete.
Siamo felici per il suo successo e lo sentiamo come se fosse anche un po’ nostro.
Grazie, Alice.
Alcune recensioni: La Repubblica, Culturiamo, Da Sapere, 40 Secondi.
Contre nous de la tyrannie
L’étendard sanglant est levé,
…
C’est nous qu’on ose méditer
De rendre à l’antique esclavage !
Cito dalla presentazione del libro sul sito della casa editrice Einaudi:
Periferia di Milano, anni Settanta. Gli anni del terrorismo e della droga, dei sogni di Oriente e di liberazione. Una mattina, nella classe di un Istituto Agrario, fa la sua apparizione Giulia, una giovane professoressa di lettere che parla di letteratura e di poesia con una passione sconosciuta. È quell’incontro a «salvare» Massimo Recalcati.
Sì, è proprio la Giulia che abbiamo conosciuto anche noi.
Sabato libero per risparmiare sul riscaldamento?
Dopo le sollecitazioni di Marina Lazzati, assessore all’istruzione ed all’edilizia scolastica della provincia di Milano, anche noi del Calvino ci siamo espressi.
Gli studenti delle nostre due sedi hanno votato a grande maggioranza per il no. I professori si sono divisi.
Mentre i colleghi di Noverasco, compatti, hanno fatto la stessa scelta dei loro studenti, a Rozzano è stato accolto l’invito dell’assessore: chiusura della scuola nella giornata di sabato.
Non si poteva, però, ignorare l’opposizione degli studenti spaventati dall’idea di dover concentrare troppe ore di lezione in una giornata.
Per convincere gli alunni, i docenti favorevoli al sabato libero hanno trovato la soluzione perfetta: «Tranquilli ragazzi, la scuola sarà meno pesante: faremo didattica laboratoriale».
Ma è così facile cambiare il modo di lavorare a scuola?
Io credo proprio che non sia facile. Altrimenti lo avremmo fatto prima.
Non è facile perché ogni organizzazione ha le sue routine, le sue abitudini, le sue tradizioni. Al cambiamento resisteranno inevitabilmente molti insegnanti, ma anche, badate bene, molti studenti. Anche per loro è rassicurante fare come si è sempre fatto.
Saranno quasi inevitabili un aggravio di fatica per gli studenti, un peggioramento dei risultati scolastici e, per conseguenza, potranno aumentare le bocciature.
Che fare?
Ecco la mia proposta: si parta prima con la didattica laboratoriale, supportandola magari con opportune iniziative di aggiornamento.
Se l’esperienza si dimostrerà positiva, potremo passare, senza rischi, al sabato libero. Se non funzionerà, avremo almeno evitato di appesantire l’orario giornaliero dei nostri studenti.
Leggevo oggi in un blog francese un articolo intitolato Où les enseignants sont-ils le plus respectés?
L’articolo cita uno studio internazionale per lamentare lo scarso rispetto degli studenti francesi e delle loro famiglie nei confronti degli insegnanti.
Per un momento ho esultato. «Vuoi vedere – mi son detto – che siamo messi meglio dei colleghi europei?»
Così sono andato a vedere lo studio internazionale 2013 Global Teacher Status Index della Varkey GEMS Foundation.
Ahimè, anche i francesi stanno molto meglio di noi. Alle nostre spalle soltanto tre paesi.
Un’unica consolazione: Despite a comparatively low indicator of teacher respect and status, Italy ranked 2nd highest out of the European countries on the question of how influential a teacher was in your school life.
Il 4/12/13 siamo andati al Teatro Fellini di Rozzano per partecipare a un incontro con un gruppo di detenuti e non detenuti, guidati da uno psicologo, che formano una specie di “gruppo” chiamato “Gruppo della Trasgressione”. Hanno partecipato molte classi da diverse scuole.
All’inizio dell’incontro, l’esperto ha fatto un discorso introduttivo che è stato lungo e difficile da capire. Dopo è iniziata la parte che mi ha veramente colpito: i detenuti hanno recitato in un breve sketch, che mi ha fatto sorridere; tuttavia non ho capito se la scena rappresentata fosse veramente tratta da alcune delle loro vite, o se fosse solo una rappresentazione fittizia della vita di un gruppetto di ragazzi che “giocano a fare i grandi” arrivando addirittura a trasgredire le leggi e pagandone le conseguenze, spesso finendo per essere arrestati e condannati alla reclusione, cosa che non capisco del tutto, perché è giusto che chi ha compiuto un crimine deva pagare, magari anche andando in prigione, ma il senso stesso della parola lascia intendere che il carcere sia solo un luogo di reclusione e isolamento, anziché un posto dove anche le persone che hanno commesso i reati peggiori possono avere la possibilità di rifarsi una vita e non “restare nella m…. per sempre”, come si è detto in classe.
Dopo la “scenetta”, i detenuti hanno descritto la loro esperienza in carcere. Alcuni sono dentro da qualche anno e presto usciranno di prigione, altri sono condannati all’ergastolo e probabilmente usciranno dopo trenta, quarant’anni o non usciranno nemmeno, perché le condizioni opprimenti di alcune strutture di reclusione sono tali da ripercuotersi negativamente sui detenuti. Alcuni, inoltre, hanno detto che la prigione è una palestra di vita; mentre altri sostenevano il contrario, cioè che stare dietro le sbarre è negativo e che, uscendo, si tende a comportarsi nuovamente come criminali o si è vittime dell’isolamento sociale.
Quello che ho capito da questa esperienza è che, se le prigioni fossero luoghi di rieducazione, i metodi applicati lì devono mirare a migliorare le vite dei carcerati, altrimenti dovrebbero cessare di esistere.
Maria
L’incontro con i membri del gruppo della trasgressione è stato molto toccante, ascoltare storie degli errori che hanno commesso che prima d’ora pensavo accadessero solo nei film mi ha fatto riflettere. Questo incontro mi ha tolto pregiudizi sulle persone che finiscono in carcere: ho capito che sono le situazioni che ti portano a fare reati e atti osceni, che le persone non nascono cattive ma le condizioni in cui si ritrovano a vivere le portano ad esserlo. Ho capito che le persone possono cambiare e capire gli errori commessi precedentemente.
I membri di questo gruppo non chiedono perdono ma solo accettazione e le loro storie le raccontano con l’anima e si capisce che si sono veramente pentiti.
Mi hanno insegnato ad esternare i miei sentimenti con le persone così da essere aiutata a compiere le scelte giuste. Mi hanno insegnato che tutti hanno bisogno di un’altra possibilità.
Voglio, quindi, ringraziarli con tutto il cuore per avermi fatto trascorrere attimi così significativi e profondi.
Arianna
E noi?
Il giorno mercoledì 4 dicembre, io e la mia classe siamo andati al teatro Fellini di Rozzano, dove abbiamo incontrato un gruppo di detenuti, che si sono cimentati in un piccolo spettacolo e ai quali poi abbiamo avuto la possibilità di rivolgere alcune domande.
È stata un’esperienza entusiasmante ed emotivamente molto forte, grazie alla quale ho potuto confrontarmi con una realtà e con un contesto sociale diversi da quelli in cui vivo io. Innanzitutto mi aspettavo di trovare persone che avevano commesso reati minori, invece molti di loro erano in carcere colpevoli di omicidio e questa è stata la prima cosa che mi ha colpito. La maggior parte dei carcerati aveva iniziato ad infrangere la legge compiendo crimini fin da giovani, a causa della mancanza di una guida nella propria famiglia, che insegnasse loro i giusti valori sociali. Riguardo ciò, non giustifico queste persone, infatti ve ne sono altre che pur non crescendo con l’appoggio dei genitori o comunque vivendo in un contesto sociale disagiato, sono riuscite a costruirsi un futuro nella legalità, riconosco però che per questi individui, le possibilità che la vita offre sono alquanto limitate detenuti hanno esplicitato diverse volte che non volevano essere perdonati dai ragazzi che li stavano ascoltando, bensì erano venuti lì per raccontare e discutere insieme a noi della loro esperienza, affinché servisse a noi per non compiere le loro stesse scelte. Personalmente credo che per queste persone non sarà facile ricominciare, cambiare vita, trovarsi un lavoro, costruirsi una famiglia o essere accettati in una società; penso sia necessario allontanarsi dall’ambiente in cui si viveva precedentemente e dalla gente che si frequentava ed avere la volontà di faticare ed impegnarsi al massimo.
Luca
L’incontro del 4 Dicembre 2013 l’ho trovato educativo perché ho avuto la possibilità di venire a conoscenza dei pensieri dei detenuti e delle cause che li hanno portati a compiere determinati atti. È stato molto importante questo “confronto” perché penso che solo avendo “davanti agli occhi” persone che stanno pagando per i propri errori e capendo i motivi per cui li hanno fatti, ci si possa “fermare” e riflettere prima di compiere un’azione di cui ci potrebbe pentire, non solo per il furto di una macchina ma anche per quello di oggetti di poco valore.
Chiara
Molto toccante è stato partecipare all’incontro con i carcerati al teatro. Personalmente penso che siano stati molto bravi a mettere in scena uno spettacolo così, tra l’altro improvvisato, e a me non lo era sembrato. Mentre parlava il professore, ho osservato quegli uomini seduti sul palco e mi sembravano persone libere, guardandoli, non avrei mai immaginato che avessero potuto compiere dei reati e alcuni anche gravi. Ci vuole molta forza a parlare, mettersi a nudo davanti a un gruppo di studenti, a volte irrispettosi. Ogni persona ha la sua storia e ognuna è importante, e queste perone sono state capaci di raccontarcele e di insegnarci qualcosa, sono stati capaci di darci delle lezioni di vita. Fare qualcosa perché ti fa apparire “figo”, non porta a nulla, a qualche minuto di gloria, ma poi si può finire nei guai e passare del tempo in un carcere non è il massimo. L’uomo che mi ha colpito di più di tutti è stato Alessandro. Prima di sentire la sua storia mi sembrava un uomo che non avesse commesso dei reati gravi, invece ha commesso degli omicidi. Nello spettacolo rappresentava il ragazzo che è conto la violenza, i furti, la droga e bruciare una ragazza disabile. Era contro quelle forme di divertimento. Nella sua vita invece, è stato il contrario del ragazzo che ha impersonificato. Ha ammesso di aver privato molte droghe, di aver ucciso persone e di avere l’ergastolo. So che molti di loro non hanno avuto delle guide, e molti le hanno rifiutate, altri non hanno avuto dei genitori modello, padri in carcere e madri alcolizzate. Molti di quegli uomini hanno avuto il destino dei loro stessi genitori, ma avevano una scelta, potevano migliorare, essere migliori, eppure hanno scelto la via più semplice, come hanno ammesso loro stessi. Questo però ha causato delle perdite, molti di loro non hanno rapporti con la loro famiglia e altri dopo anni sono riusciti a ricostruire i rapporti. Partecipare a questo incontro é stato molto interessante e “Il Gruppo della Trasgressione” é un’ottima iniziativa perché finalmente offre una guida a questi uomini che non l’hanno avuta nella loro vita e spero che una volta fuori dal carcere quando saranno uomini liberi.
Tecla