Tutti gli articoli di Angelo Paganini

Chiedo asilo…

Grazie, avvocato Massarotto, per l’interessante e documentatissima lezione sul tema delle richieste di asilo nel nostro paese.
Speriamo serva ad aprire i cuori e le menti.
L’avvocato Massarotto è del NAGA. Ad accompagnarlo c’era il signor Giorgio Mauro di Casa di Betania, la casa d’accoglienza che, a Rozzano, ospita molti richiedenti asilo.

l\'avvocato Massarotto parla agli studenti delle quinte Liceo Scientifico

Rimpianti

il professor Paganini


Una volta le commissioni d’esame erano quasi interamente esterne e i commissari potevano arrivare da tutta l’Italia. così poteva capitare che un professore della Val Magra si consolasse facendo il commissario ad Abbiategrasso oppure che un docente di Acquapendente rinfrescasse gli studenti di Roccasecca.
Ogni tanto capitava un esaltato, un fuori testa, un l’unicobravosonoio, ma, per lo più, la macchina funzionava ed aveva una certa utilità: contribuiva a fissare un minimo di standard e scoraggiava i professori lazzaroni (ci sono anche quelli) consapevoli che qualcuno avrebbe esaminato i loro studenti ed avrebbe potuto relazionare negativamente sui risultati del loro insegnamento.
Oggi la commissione è tutta interna, tranne un presidente notaio che non può certo cambiare moltissimo.
Qualche sorpresa può capitare ancora, ma per lo più i giochi sembrano già fatti.
Perché non tornare almeno al metà e metà?

autogol

il professor Paganini

Quinta X. Consegno la verifica di filosofia. Non è andata male, il voto più basso è un 5+, ma è molto probabile che qualcuno abbia copiato: stessi errori, stessa costruzione del discorso, stessi fraintendimenti del testo.
Uno dei più probabili copiatori, Mazzola, che è così colto da pensare che il Tassoni sia l’inventore della cedrata, conferma le mie supposizioni con un’uscita polemica: «Professoreeee – dice con uno strascicato accento padano – perché ci ha fatto buttar via trentamila lire per un libro che parla solo di due filosofi?».
I compagni gli gridano in coro: «Scemo! Scemo!». In effetti è un autogol clamoroso: dimostra di non aver letto il libro e di essersi accontentato di un’occhiata superficiale.
Mi amareggia però che ne faccia una questione di quantità.
Paggi tenta di consolarmi: «Non si preoccupi, Professore, Mazzola apre la bocca soltanto quando non ha niente da dire». É vero, ma non mi fa star meglio. Possibile che, con tutta la mia fatica, la curiosità intellettuale non l’abbia nemmeno sfiorato?

Per cominciare

Qualcuno deve pur cominciare.
Per non dar l’idea che si debba essere bravi, comincio io: la critica domestica (la più sincera) dice che i miei pochisssimi versi, scritti nei momenti di ispirazione profonda, fanno veramente schifo. Dunque…

Rime
Di corvée è questo il giorno
e mondar devo carote
non mi sto a guardare intorno
ma mi sento un don Quijote
il coltello stringo in man ben fiero
arrendetevi, radici, al mio impero.

Tra i fornelli non ho crucci
sbuccio ben molte patate
che nemmeno il gran Carducci
n’ha si buone mai mangiate.
Tra padelle e polpettoni,
mio maestro sia il Tassoni.

E se altro ho da fare
e la camera da letto
devo ancora rassettare
o pulire il gabinetto,
lieto volo col pensiero
anche nel Celeste Impero.

Sbatto bene il materasso
metto nuova biancheria
e del buon Torquato Tasso
la mia sorte sia men ria.
La mia mente vo’ innalzare
e con l’arte via volare.

Angelo Paganini

Vita da prof

il professor Paganini

Bistrattato professore, tu non puzzi di sudore. La tua vita è comodona e puoi startene in poltrona. Sempre quello è il ritornello: «Troppo lunghe le vacanze! Credi d’essere il più bello? Sono giuste queste usanze? Sono poche diciott’ore, lazzaron d’un professore».
Val la pena di smentire chi non vuol proprio capire?
«S’io son furbo e tu sei grullo – lesto lesto dico allora – s’io son sveglio e tu citrullo, che ci vuoi mai fare ora? Ci dovevi allor pensare e deciderti a studiare»
Ma se mi vorrai ascoltare, forse ti potrò spiegare come abbia la fatica il docente per amica.
Non ha posa il professore e lavora a tutte l’ore. Certo stira le camicie, ma il pensiero corre a Nietzsche. Se pulisce i pavimenti ha presenti gli studenti. Se cucina un bel rognone non dimentica Platone. Riordinando il cassettone, lui rimugina Bacone. Se si mette le pianelle gli sovvien tosto d’Apelle. Quando è intento a spolverare lui continua a meditare. Non pensar che sia vanesio: ha imparato da Cartesio.
Anche il dì di Ferragosto, con il vino e con l’arrosto, il pensiero lesto vola: non dimentica la scuola.

Centomila registri di ghiaccio

il professor Paganini


Lunedì 30 gennaio 2006, entrando a scuola, vengo accolto dal prof. Pigni con sferzanti parole in tedesco. Non mi preoccupo: tutti sanno che quando Pigni non ha niente da dire, lo dice in tedesco.
Poi, però, continua in un italiano asburgico: «Lei, professofe, sabato non era al suo posto di combattimento nelle trincee dell’Istituto Calfino. La sua diserzione è stata notata. Qvesta è una grafe mancanza. Sarà deferito alla corte marziale e io personalmente afrò il piacere di comandare il plotone d’esecuzione!».
Lo guardo pieno di compatimento: è la prova vivente che la scuola può far male. Tutti, venerdì, hanno sentito i telegiornali che annunciavano la chiusura delle scuole.
Non voglio infierire e mi limito ad un bonario: «Mo’ va…»
Mi guarda serio e, parlando finalmente come Dio comanda, mi dice: «Guarda che non scherzo, sabato la scuola era aperta e tu e quel giacobino di Colavolpe non eravate al vostro posto.
Noi eravamo qui con i registri ghiacciati, con un pugno di studenti, a guardare Il mestiere delle armi, nel freddo di una scuola senza riscaldamento, sferzata dalla tormenta e voi siete rimasti sotto le vostre coperte».
La ferita narcisistica è terribile. Io ho sempre dichiarato che a scuola sto come un topo nel formaggio, ho sempre detto che quando verrà il momento della pensione mi aggrapperò alla cattedra e dovranno venire i carabinieri per portarmi via, ed ora vengo accusato di esser venuto meno al mio dovere, di aver lasciato i colleghi soli nel momento del bisogno.
Cerco di dirmi che la strada era quasi impraticabile, che i mezzi pubblici erano pochi e terribilmente in ritardo, che la mia automobile era stata sepolta dal materiale ammassato da uno dei pochi mezzi spazzaneve attivi nel mio comune, tanto che ho impiegato due ore e mezza per liberarla, usando l’unico mezzo utile a mia disposizione: la paletta della pattumiera. Ma non riesco a darmi pace.
Dovevo immaginarlo che per il nostro avamposto culturale, sperduto al confine del deserto dei tartari dell’ignoranza, non potevano certo valere le consegne impartite dai comandi generali per il grosso della truppa. Come ho potuto non dotarmi di una slitta e dell’opportuna muta di cani?
Le scuole di intere regioni sono rimaste chiuse per neve, ma l’istituto Calvino di Rozzano non è una scuola come le altre, non ha professori come gli altri e non ha un preside come gli altri.
Per riscattarmi non mi resta che offrirmi di guidare un viaggio di istruzione… in Siberia

Piaceri

il professor Paganini


Lezione sul Positivismo. Come spesso capita, si parla di felicità. Un riferimento a John Stuart Mill mi spinge a chiedere se sia meglio essere un Socrate sofferente o un porco soddisfatto.
Un tempo la sola idea di essere un porco soddisfatto suscitava ripugnanza, oggi sembra una simpatica soluzione. Disperando di poter trovare la felicità, ci si aggrappa al piacere. O forse, dato che la felicità è piacevole, ci si illude che il piacere dia la felicità.
Risultato: un coro grufolante di porci soddisfatti. Solamente la signorina Maiello si chiama fuori.
Che fare?
«Se quel che conta è il piacere – dico – ho la soluzione che fa per voi!»
Propongo le cure del mio amico neurochirurgo dottor Felice d’Edonis, che ha trovato il modo di garantire il piacere inserendo degli elettrodi nelle aree giuste del cervello. Certo, si vive una vita virtuale, in un letto di ospedale, monitorati dai computer, ma una vera goduria! Sicuramente meglio di Matrix. «Chi è interessato?» chiedo.
Le adesioni precipitano: soltanto Ravanelli è interessato.
Forse non tutto è perduto.

Felice Anno

il professor Paganini


Quanti auguri di felicità, di serenità, di gioia in questi giorni.
Spesso, forse, sono formule di rito che si ripetono per consuetudine, senza riflettere. Ma basta pensarci un po’ per accorgerci di quanto questi auguri siano importanti.
Felicità! Nel suono somiglia a “facilità”, ma la somiglianza si ferma lì.
E allora, perché il nostro augurio sia più che una formula, cerchiamo almeno, per quanto ad ognuno è possibile, di aiutare a ridurre i dolori che ci circondano e di favorire le occasioni di gioia e la capacità di accoglierla quando si presenta.
Felice anno a tutti

malattie

il professor Paganini

Sto interrogando uno studente, ma le risposte non sono certo esaltanti. Vorrei evitare un’altra insufficienza e decido di chiedergli di parlare della peste del Trecento, un argomento che i più considerano facile.
Esordisce descrivendo malamente il processo di diffusione della malattia “nel 1317” dalla “Crinea” che starebbe “più o meno in Grecia” e poi arriva trionfante a parlare delle varianti della malattia (argomento che conosce benissimo, dichiara).
«Ci sono tre tipi di peste, ma la più pericolosa e micidiale di tutte è la peste semantica!».
Quando mi riprendo dalle risate, mi guarda offeso e dichiara: «Ma prof., c’è scritto sul libro!»
Gli dico di cercarsi sul vocabolario il significato della parola e si offende ancora di più: «Lo so bene! Semantico indica tutto ciò che riguarda l’aspetto del corpo e del viso».
Caro il mio Curci, ti voglio bene, ma temo che la peste semantica abbia infettato anche te e che tu snobbi troppo le poche medicine in grado di guarirti. Non si vendono in farmacia, ma puoi trovarle in libreria.
Chissà se un domani farai il giornalista…