Tutti gli articoli di Angelo Paganini

Questione di registro

Ovvio, non parlo della micidiale arma che ogni prof tiene a portata di mano. Voglio parlare, come dice il De Mauro, del grado, livello espressivo normalmente proprio di un modo di parlare o di scrivere.
Gli atti, non sono indifferenti al contesto. Se io cucino un uovo al tegamino a casa mia, all’ora di pranzo, non c’è nulla di strano, ma, se lo facessi in classe, durante la lezione sulla deduzione trascendentale delle categorie, sareste tentati di chiamare l’ambulanza. Eppure il gesto sarebbe lo stesso.
Vale anche per le parole: dette in compagnia, tra gli amici, hanno un senso, scritte nel blog della scuola (non in un blog personale) ne hanno un altro. Lo sfogo di un momento rischia di rimanere per secoli nel web, se non altro nella cache di google. Pensiamoci.
Per ora niente censure: lo spazio che WordPress riserva alle parole proibite rimane vuoto perché anche certe parole possono qualche volta avere un alto valore espressivo, ma soltanto quando non c’è altro mezzo per esprimere una santa indignazione di fronte all’ingiustizia. Se, al contrario, vengono usate per gratuiti insulti tra compagni di scuola, avviliscono chi le usa ed offendono tutti.

Neanche per scherzo

Tra i giovani della mia generazione, nei lontani anni ’70, a destra come a sinistra, andava di moda parlare di azioni violente. A furia di parlarne, qualcuno, a destra come a sinistra, prese la cosa sul serio e la violenza la praticò sino ad uccidere o ad essere ucciso.
Tra i morti anche qualcuno che conoscevo, che chiamavo per nome, con cui avevo parlato, giocato, passato del tempo. Qualcuno la cui bambina, orfana anzitempo, giocava con la mia. Ed eravamo tutti tanto giovani.
Tra i morti avrei potuto esserci anch’io, quando una molotov era stata lanciata poco lontano da me, proprio davanti a scuola, ed i poliziotti avevano risposto sparando in una via piena di studenti.

Per favore, non parliamo della violenza con leggerezza, per scherzo o per esagerazione.
Le parole non sono un innocuo giocattolo. Non basta scrivere il simbolo di una faccetta sorridente per esorcizzarle.
Da millenni lo abbiamo capito. Ricordate? Scriveva Gorgia, e su questo aveva ragione,

La parola è una gran dominatrice: anche col più piccolo ed invisibile corpo, cose profondamente divine sa compiere. (…)
L’anima viene tutta presa nell’irresistibile magia del discorso, ne viene compenetrata e trasformata.
(…)
La parola, che appunto convince, costringe la mente che ha convinta, tanto a lasciarsi sedurre da ciò che vien detto, quanto ad approvare ciò che vien fatto.

Questione di accento

L’abbiamo studiata alle elementari.
Parlo della poesia di Gianni Rodari Como nel Comò. D’accordo, io sono un po’ più vecchio: non l’ho studiata, l’ho fatta studiare. Però è simpatica. Eccola qui:

Una volta un accento
per distrazione cascò
sulla città di Como
mutandola in comò.

Figuratevi i cittadini
Comaschi, poveretti:
detto e fatto si trovarono
rinchiusi nei cassetti.

Per fortuna uno scolaro
rilesse il componimento
e liberò i prigionieri
cancellando l’accento.

Ora ai giardini pubblici
han dedicato un busto
“A colui che sa mettere
gli accenti al posto giusto.”

Perché la cito?

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Cara punteggiatura

Risale a quasi un anno fa il mio appello a fare buon uso della punteggiatura. Lo riprendo ora: persino Paganini ripete, se ne vale la pena.
Potrei dire: «Attenzione, se non usate bene la punteggiatura vi sarà più difficile trovar lavoro: chi si occupa di ricerca del personale sarà spietato e pronto a ridere di voi (es. Curricula ridicula). E i professori universitari non saranno meno duri (es. Cordef)». Il vero problema è però un altro: si rischia l’equivoco. Non quello voluto degli antichi oracoli: «ibis redibis non morieris in bello». Ma quello non voluto, che crea incidenti ed imbarazzi. Non ci credete? Ecco un simpatico esempio tratto dal bel libro di Alessandro Lucchini Business writing, Sperling & Kupfer Editori:
testo 1

Carissima professoressa,
ho trascorso le vacanze a pensare, con nostalgia, a quello che mi ha fatto studiare lei in classe. Quest’anno mi ha chiarito mille modi in cui potrei accontentarla con la preparazione che mi ha dato. Riuscirò ancora di più l’anno prossimo a migliorare il mio rendimento.
Nel caso fallissi, però, mi piacerebbe avere una seconda opportunità. Con sua sorella, quella volta, quando m’invitò a pranzo, è stato molto bello parlare di noi e arricchire così la mia conoscenza storica. Anche quell’occasione mi ha fatto capire quanto ero diventato bravo.
Solo pensando a lei, ho già una gran voglia di venire a trovarla. Se n’è già parlato anche con gli altri.
Pierino

testo 2

Carissima professoressa,
ho trascorso le vacanze a pensare, con nostalgia, a quello che mi ha fatto. Studiare lei in classe, quest’anno, mi ha chiarito mille modi in cui potrei accontentarla.
Con la preparazione che mi ha dato riuscirò ancora di più l’anno prossimo a migliorare il mio rendimento. Nel caso fallissi, però, mi piacerebbe avere una seconda opportunità con sua sorella. Quella volta, quando m’invitò a pranzo, è stato molto bello parlare di noi e arricchire così la mia conoscenza. Storica anche quell’occasione: mi ha fatto capire quanto ero diventato bravo. Solo pensando a lei, ho già una gran voglia. Di venire a trovarla se n’è già parlato. Anche con gli altri?
Pierino

Sogni di scuole lontane

Settembre, andiamo. É tempo di migrare.
Ora in terra d’Italia i miei precari
lascian le scuole e vanno a ricercare
un altro posto in cui prestar servizio
e sempre sa di sale il trasmutare.

Han lavorato giorni e notti amare.
Deh, doni ai cuori esuli conforto
l’affetto c’han saputo suscitare.
Patir dovranno ancora questo torto
ed anni aspri di vagabondare,
pria che si quieti il loro affanno.

Non sa il ministro quanto danno
l’iniqua norma può arrecare.

il professor Giuseppe Pentidattilo

Il mio amico Giuseppe Pentidattilo, quando ha qualche giorno di vacanza, corre a Villa San Giovanni.
É un uomo di cultura Giuseppe: gli piace conoscere la storia del suo paese, frugare negli archivi, leggere vecchie carte che sanno di giorni lontani.
Qualche volta lo invidio. É bello trovare le radici: ci si sente giustificati nel proprio essere.
Poi mi consolo: le radici qualche volta indirizzano troppo e non aiutano a cambiare.
Non la pensa così una ricca signora sua concittadina. «Professore – gli dice – non potrebbe fare una ricerca sulle origini della mia famiglia? Sa, non abbiamo documenti in casa e ci piacerebbe tanto sapere»
É gentile il professor Pentidattilo ed è importante la signora. Come negarle il favore?
Così fruga negli archivi. E trova: gli illustri antenati della raffinata e profumata dama sono tutti caprai. Intere generazioni di caprai.
Che fare?
«Ha scoperto qualcosa, professore?»
Bisogna rispondere.
«Sì, signora. Le documentazione è incompleta, una parte dell’archivio dev’essere andata perduta. Risulta soltanto che i suoi antenati erano possidenti». Non dice di che cosa erano possidenti, il buon Pentidattilo. Ma non ha mentito.

Allora è un vizio!

Sono presidente di commissione in un ITC: due classi quinte progetto Erica.
Puntuali alle ore 8,30 le buste della seconda prova. Fotocopie di rito. Alle 9,10 tutti hanno in mano i testi delle prove di lingua straniera.
Le prof di inglese iniziano a leggere la loro copia ed inorridiscono: mai visti tanti gravi errori!
Ma come vengono scelte le persone che preparano le prove per gli esami di stato?

PS
Non ho trovato il testo sul sito del ministero.
Lo pubblicherò appena possibile, con le correzioni.

Primo premio

Finalmente!

  • 2005-2006: premio speciale
  • 2006-2007: quarto premio
  • 2007-2008: primo premio

Lo abbiamo voluto e ce l’abbiamo fatta.
La quinta B è probabilmente la classe più premiata della storia del Calvino e, se c’è giustizia a questo mondo, gli esami saranno una conferma.
Per ora ci godiamo questa soddisfazione.

Una speranza per la Terra

Il lavoro è ancora anonimo, come richiesto dalle regole del concorso Fausto Sartori, ma rimedieremo presto.

Un grosso grazie a porte aperte sul web e ad Alberto Ardizzone al cui lavoro ci siamo ispirati.