La scuola che vorrei

Solitamente il passato è errore, il presente è redenzione ed il futuro è rinascita.

Questo funziona sia nelle religioni e riadattandolo anche nelle scienze, ovunque.

Funziona o funzionava?

Nietszche, 130 anni fa, aveva previsto che saremmo andati incontro ad una società nichilista, senza uno scopo.

Il problema, infatti, è che ora sembra manchino le prospettive “rosee” per il futuro, anzi ora sembra mancare proprio il futuro.

Tutto ciò ha effetti devastanti sulla psiche di ogni uomo, in primis sui ragazzi.

Basta osservarli…

Insegno matematica presso l’istituto superiore Calvino di Rozzano. Sono un insegnante di potenziamento e spesso mi ritrovo a lavorare con un gruppo ristretto, questo mi permette di interagire meglio e conoscerli più a fondo.

A volte non hanno passioni, brancolano nel buio, sono senza curiosità, non riscontrano l’utilità e la funzionalità di quello che fanno, non riconoscono e quindi non rispettano neanche le figure degli insegnanti, ormai sempre più evidenziato dalle ultime vicende di cronaca.

Questa generazione sembra essere lo specchio di questa nuova inclinazione.

Sempre più spesso ci imbattiamo in frasi avvilenti: “ la scuola non serve a niente”, “ è tutto inutile” o in genitori che criticano la figura degli insegnanti dinanzi ai figli, provocando in loro crisi affettive, togliendo ai figli nuove figure di riferimento, indispensabili per la loro crescita nel periodo infantile e adolescenziale.

Non si rendono conto del male che gli infliggono.

Il pesce puzza dalla testa.  Lo stato italiano è tecnicamente fallito. Uno stato che effettua tagli alla sanità e alla formazione, non può non considerarsi tecnicamente fallito.

Se è lo Stato a non riconoscere l’importanza dell’istruzione, come possono farlo i suoi figli?

Non scendo in merito ad analisi e considerazioni economiche e politiche, mi concentro solo sul problema maggiore: i giovani e la loro difficoltà nell’occupare un posto nel mondo.

Inutile aspettare una riforma della scuola considerevole, inutile attendere il cambiamento e miglioramento della nostra classe politica, andrà sempre peggio! Il numero per classe sarà sempre quello! I precari saranno sempre più precari! I tagli aumenteranno ecc ecc

Qualcosa dobbiamo pur farla! Ma cosa?

Nel nostro piccolo dobbiamo impegnaci per regalar sogni e speranze! Il futuro è dei giovani! Se vogliamo di nuovo credere nel futuro, è dai giovani che dobbiamo partire!

Noi insegnanti abbiamo l’obbligo morale di fornir loro un valido modello, dobbiamo infondergli sicurezza e speranza, devono saper che è tutto nelle loro mani, che l’oceano è composto da singole gocce, che tutto è possibile se si crede e se si raggiunge massa critica.

Certo è che Il paradigma educativo è cambiato! Dobbiamo adeguarci! Fare l’insegnante oggi è davvero difficile! Non dobbiamo esser solo brillantemente preparati, ora è necessario anche aver un’ottima dose d’empatia, saper ascoltare, saper osservare.

Saper stimolare la vita, lasciandola libera di svilupparsi.

Stimolare il pensiero critico, sostenere una comprensione e un’esperienza del mondo basata sulla conoscenza e non sul pregiudizio.

Insegnare che il razzismo è stupidità e che confrontarsi con altre culture è arricchimento.

Imparare a rispettare tutti i generi e tutti i corpi, a non praticare bullismo a non insultare chi è diverso da loro.

Educare al rispetto della persona nella sua identità più profonda, facendo emergere tutte le potenzialità che identificano il ragazzo stesso, agevolare la formazione di un bagaglio di autostima con cui affrontare la complessità della vita per scegliere in libertà e sicurezza.

Questi i doveri di ogni educatore, insegnante e/o genitore che sia.

E’ sempre così? Sarà questa una delle ragioni per cui la scuola, nello specifico, a volte fallisce?

Cosa stiamo sbagliando nella comunicazione “orale”?

Cosa manca? Perché la scuola non riesce a contrastare neanche un po’ questa ondata di violenza?

Che caratteristiche devono avere i docenti per sovvertire questo spiacente fenomeno dell’irriverenza?

Solitudine, rabbia, frustrazione, impoverimento di valori, disorientamento, disinteresse e quindi ignoranza; questo il quadro che spesso emerge. Come possiamo fare per combatterlo? Per aver la speranza di un futuro migliore, ricco di cuori traboccanti e menti fervide d’idee?

Un bambino entra nella scuola con un’infinita curiosità e ne esce, già al termine della scuola primaria,  demotivato.

Va rivista la didattica? il modo d’insegnare? O semplicemente il modo di approcciarsi?

Galimberti sostiene:

“A scuola si trasmette un sapere strutturato che non sempre corrisponde all’ interrogazione che ha sollecitato la curiosità del bambino, per cui tra il sapere impartito e la domanda iniziale inevasa si produce quella distanza che genera disinteresse. Infatti non si può avere una vera partecipazione a risposte che evadono le domande con cui il bambino cerca di orientarsi nel mondo, chiedendo chi l’ha fatto, e perché è così malvagio, e che necessità c’ è di morire, e perché non tutti i bambini sono bianchi, e non tutte le parole si capiscono. Queste domande non sono ingenue, sono radicali; offrono pochi giri di parole alle risposte e vanno evase non con un discorso che dice: «Le cose stanno così», come di solito fanno i saperi che si impartiscono a scuola, ma con un discorso, come quello filosofico, che insinua il sospetto che potrebbero anche essere diversamente. Questo sospetto, che non sigilla la domanda in una risposta, ma la tiene aperta a un ventaglio di possibili risposte, tutte giustificate dalle rispettive argomentazioni, apre il campo alla pluralità delle opinioni, quindi alla tolleranza, quindi alla democrazia, figlia della tolleranza”

Un fare troppo strutturato e rigido e motivazioni interne alla famiglia, possono indurre un ragazzo di 17 anni ad abbandonare la scuola e se ciò accade, abbiamo fallito tutti!

Certo non c’è niente di male nel dedicarsi al lavoro, ma l’insofferenza che lo spinge a tirare i remi in barca, quella no! Non deve  lasciare indifferenti!

Ogni ragazzo che abbandona equivale ad un pezzo del nostro futuro che si sgretola. Siamo tutti interconnessi.

Alcuni  veterani sostengono: «la scuola non fa per tutti! Non tutti sanno sostenere dei sacrifici ed impegnarsi! È un naturale processo di eliminazione.»

Può darsi abbiano ragione, ma c’è qualcuno che gli ha trasmesso il piacere della conoscenza prima? C’è qualcuno che non gli ha sradicato la curiosità con saperi troppo strutturati? C’è qualcuno che gli ha trasmesso quanto importante sia una conoscenza non esclusivamente finalizzata al semplice voto? c’è qualcuno che si è preoccupato di non omologarli e giudicarli in base al Q.I.?

Negli ultimi anni c’è una maggiore consapevolezza della necessità di  umanizzare il sapere.

Si parla di didattiche più interattive, dando  maggior spazio agli studenti ed è per questo che ho deciso di coinvolgerli.

Abbiamo chiesto ad alcuni alunni di analizzare le criticità riscontrate sulla loro pelle,  in particolar modo gli studenti  di 4 B dell’istituto superiore Calvino di Rozzano hanno avuto la possibilità di far sentir la loro voce.

Ringrazio il prof. Antonio Cannata per avermi aiutata in questo progetto e la dirigenza per aver avallato questa idea.

Questa è la predisposizione che potrebbe far la differenza! Questo è l’ambiente di cui tutti abbiamo bisogno per rinascere.

E’ stato possibile raggruppare i pensieri dei nostri alunni :

1) Necessità di creare una buona cooperazione

 “..Con un clima sereno ne beneficeremmo tutti. Gli insegnanti sarebbero più motivati a far il loro lavoro e gli alunni otterrebbero maggiori rendimenti” Sara V.

Niccolo ne sottolinea l’importanza affinché la scuola adempia alla sua funzione principale: “aiutare gli alunni affinché un domani possano essere cittadini del mondo  e possano credere in valori che aiutano la società a rinascere.”

Un obiettivo ostacolato da alcune criticità riscontrate dallo stesso Niccolo:

  • studenti che vivono la scuola con ansia, non sentendosi capiti e ascoltati;
  • professori che rimangono amareggiati e demoralizzati per non esser riusciti a trasmettere la loro passione;
  • famiglie che non credono nel valore educativo della scuola

Sara aggiunge che un altro impedimento al raggiungimento di un buon grado di complicità è dovuto alla precarietà dell’insegnante che in tal modo non avrà mai tempo per conoscere fino in fondo i suoi alunni e viceversa.

Virtuoso è il pensiero di Eleonora:

A tal proposito è necessario che l’ambiente sia visto come un luogo dove poter esprimere sé stessi, meglio essere sé stessi. Esprimersi liberamente senza esser giudicati o peggio condizionati in un ambiente che ci accompagna nella crescita, è essenziale.

Credo fermamente che in una società come questa dove non ci si sente mai abbastanza, sia fondamentale, almeno a scuola esser supportati da persone adulte, invece d’esser demoralizzati. Affinché ci aiutino nello sviluppo della sicurezza interiore di una persona, in particolare di un adolescente”.

Per Sara V. alcuni insegnanti dovrebbero evitare i paragoni, così facendo finiscono per esaltare sempre gli stessi e mortificare gli altri, imbattendosi nella affannosa questione delle “etichette”.

Sara S. sostiene che dovrebbero sottolineare le risorse di uno studente e non solo i difetti e aggiunge:          “ non bisogna essere delle eccellenze nel vita per valere qualcosa”

Vanessa si spinge ancor più a fondo nell’analisi, notando che a volte gli insegnanti dimostrano una “critica” se cosi’ si può definire, verso la propria personalità. L’alunno viene “visto” come un voto che rispecchi i suoi valori, le sue doti e le sue capacità.

“E’ doveroso superare i pregiudizi e le prime impressioni, solo cosi si sentirà valorizzato o compreso dai suoi insegnanti e saprà anche superare problemi futuri, aumentando in questo modo, la fiducia in sé stesso.” Chiara

2) L’età degli insegnanti

Olga denuncia e sostiene che molti dei  professori di età avanzata non hanno interesse  a relazionarsi con gli alunni, che prima di tutto son persone con una vita extrascolastica e con pensieri propri oltre che algebrici, chimici o filosofici .

Matteo  motiva la mancanza d’interesse rintracciandone la causa nella diversità delle esigenze e dell’ambiente in cui sono cresciuti.

Per sopperire a tale mancanza, Olga sostiene che  uno dei punti principali su cui la scuola italiana deve lavorare, è spronare i professori ad interagire con i propri studenti. Servirebbero dei corsi finalizzati a prepararli all’ascolto e alla comprensione dei pensieri e delle riflessioni dei ragazzi.

Simone sottolinea che la solarità, l’ascolto e la comprensione sono aspetti chiave e che lasciare del tempo per la conversazione agevola l’apprendimento e migliora il clima in classe, rendendo gli studenti più partecipi.

Ed io aggiungerei, sempre d’accordo con Galimberti, che occorrono insegnanti carismatici. Una qualità che non deve esser necessariamente interconnessa con l’età.

3) Modalità di far didattica

Ilaria chiede di dedicare del tempo alla cultura generale e contemporanea per preparare i ragazzi al mondo che li aspetta, discutere e analizzare varie situazioni problema, fare più uscite scolastiche e più lavori di gruppo, aiuterebbe a socializzare di più e a creare un ambiente sereno e più unito.

Occorre rendere partecipi gli studenti della realtà scolastica e delle decisioni inerenti, con un’adeguata circolazione di notizie ed informazioni, ma anche fare in modo che le lezioni siano più attive e dinamiche, proponendo attività che permettano ai ragazzi di relazionarsi tra loro, senza nessun escluso.  Diana

Bisognerebbe enfatizzare le interconnessioni con la realtà ed evitare frasi come “ragazzi non c’è tempo, dobbiamo andare avanti”. Matteo dichiara che tutto ciò fa capire che in realtà a scuola non esiste  un vero rapporto tra docente e alunno.

Niccolò continua la sua analisi e aggiunge: “È molto più importante la modalità con cui viene trasmessa la conoscenza che non la conoscenza in sé”.

Alessandro esprime un concetto tanto semplice quanto miliare: “ quando ci si accorge di cominciare ad amare la scuola, i compagni di classe e i professori è da qui che si inizia ad imparare le cose essenziali della vita”.

Molto è possibile fare per infondere nei cuori la speranza e per coltivare il sogno di una comunità intelligente che tutte e tutti dobbiamo costruire; quella comunità che include, che si prende cura, che restituisce dignità contro ogni violenza. Per un mondo per davvero migliore.

Lo spirito che ogni soggetto coinvolto nell’istituzione scolastica, deve adottare è ampiamente riassunto nella lettera scritta da Giulia:

 

Cari docenti, cari studenti

È necessario ricordarvi che la scuola è un organo.

E’ composto da docenti, studenti, personale ATA ovvero i collaboratori scolastici.

Il compito di tutti è collaborare per raggiungere un obiettivo: la formazione/crescita di Persone in grado di inserirsi nella società

Sulla base di ciò, credo che sia importante ricordare il ruolo di ciascuno all’interno di questo organo.

Particolare attenzione è da dedicare all’insegnante, il cui ruolo è mal interpretato. Egli si deve porre come maestro e guida che è ben diverso da “amico” o “rivale”. I docenti rappresentano la società con cui dovremmo e siamo portati a interagire. L’insegnante quindi non deve solo impartire nozioni e stimolare l’intelletto; il suo ruolo è anche prestare ascolto. Perché potrebbe imparare qualcosa anche da un suo studente che solo in queste circostanze va ritenuto al suo “pari”.

Ora mi rivolgo agli studenti, poveri studenti colpevolizzati, sempre presi di mira, mai ascoltati! Vi è mai venuto in mente che forse valete di più? Vi è mai venuto in mente che per esser considerati di più dovete mostrare maggiore maturità?

Vi è mai venuto in mente che se foste consapevoli del vostro potere e dovere all’interno della scuola forse vi sentireste meno “oppressi”?

Ebbene si, perché cari studenti, i docenti sono qui per offrirci un servizio che noi meritiamo e necessitiamo.

Perciò è necessario ricambiare con rispetto e soprattutto fiducia.

E’ necessario che impariate ad essere all’altezza, è importante che mostriate maturità per pretendere che il resto della “società scolastica” vi dia considerazione.

 

Possiamo farcela e ricordiamoci quello che Pier Paolo Pasolini diceva: A restare divisi si avranno solo libertà concesse e mai libertà conquistate

 

Mariateresa Princigalli

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