Sono passate oltre tre settimane da quando i telegiornali italiani hanno mostrato per la prima volta le immagini dell’attentato di Macerata. Si è discusso a lungo nei giorni successivi, il caso (avvenuto, per altro, nel pieno della campagna elettorale) è diventato per qualche tempo strumento di attacchi reciproci fra partiti prima di perdersi nel solito nulla di fatto e venire definitivamente archiviato tra le pagine di storia del nostro Paese.
Ci si è chiesti dove fossero i nomi delle vittime di questo attacco, perché nessuno parlasse di loro o delle loro vite, ci si è chiesti se fosse giusto che l’attenzione fosse rivolta soltanto sull’aggressore.
Personalmente, penso che sia stato giusto così. Credo sia giusto per diversi motivi; innanzitutto, la cronaca degli attentati ha da sempre teso a concentrarsi sull’attentatore e penso che il motivo sia semplice e condivisibile: in un attacco terroristico le vittime generalmente sono comparse casuali, non esiste un motivo specifico che le porti ad essere vittime designate, sono lo sfogo di una frustrazione, o comunque il simbolo di un messaggio e per questo non vi è necessità di indagare sulle cause che le portano ad essere aggredite. Gli aggressori invece sono ben determinati e il loro ruolo è figlio di una scelta che deve essere approfondita, preoccupandocisi di verificare quali situazioni abbiano portato l’attentatore a compiere l’attacco.
Credo poi che sia stato giusto focalizzarsi sulla figura di Luca Traini per un altro motivo, più personale e legato alla mia visione del Paese: penso infatti che sia corretto mettere al centro dell’attenzione l’italiano che si nutre di odio e crea paura. Noi italiani, infatti, tendiamo sempre a metterci dalla parte di chi subisce il terribile atteggiamento criminale degli immigrati, minacciati dalla loro pericolosa pelle nera, senza chiederci mai quale atteggiamento noi abbiamo nei loro confronti, quale paura possiamo incutere in persone spesso sole, lontane migliaia di chilometri da casa che faticano a comprendere la nostra lingua.
Per una volta si è dato risalto al mostro italiano e forse ci siamo resi conto delle conseguenza e dei rischi legati al fascismo dilagante nel nostro Paese. E’ l’incarnazione del razzista da bar, Traini. Quello che incontriamo nella nostra vita di tutti i giorni e che si sente libero di sputare odio sul prossimo aspettandosi (e spesso ricevendo) comprensione.
La Destra italiana, pur condannando il gesto, ha parlato in questi giorni di ‘conseguenze di una invasione voluta dalla Sinistra’, tentando in questo modo di rilanciare la palla agli altri. Bisognerebbe dunque prendere i numeri relativi all’immigrazione in Italia (in particolare quella clandestina) e cercare di analizzarli con serietà ed equilibrio. Ci si accorgerebbe di come nei fatti, se non fosse stata sufficiente la dimostrazione di Traini, ancora una volta spingersi in considerazioni estreme ed esasperate sia sbagliato e fuorviante. Non siamo infatti certamente di fronte ad un’invasione, ma non è nemmeno vero l’estremo opposto, l’estremo di chi banalizza i numeri (vite umane), di chi non ritiene queste migrazioni un problema da risolvere, chi sottovaluta e quindi fondamentalmente non da soluzioni concrete: il problema è complesso e non si risolve chiudendo le frontiere, sopprimendo la nostra umanità, chiudendoci a riccio, respingendo o cercando di snaturare l’essenza stessa dell’essere umano che da sempre si è spostato e da sempre si è unito in gruppi via via crescenti per essere più forte.
Il problema si risolve con un’accoglienza vera. Si chiama accoglienza abbandonare un ospite nell’atrio di casa una volta che gli si sia aperta la porta? Si chiama accoglienza stipare centinaia di uomini, donne e bimbi in qualche metro quadro in attesa del nulla? E’ forse accoglienza ciò in cui si sta impegnando il nostro Paese (che quanto meno però, a differenza dei nostri compagni europei, una cosa la fa e la fa davvero: li salva)?
Al problema dei migranti, è evidente, non è ancora stata data una risposta valida tra chi sottovaluta la questione e chi li respinge proponendo soluzioni impossibili oltre che contrarie ad ogni minimo valore di umanità, dimenticandosi di quanto scritto all’interno della nostra amata Costituzione che, all’articolo 10, ci ricorda: ‘Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge’.
E pensare che questi nostri nuovi arrivati potrebbero davvero, aldilà della retorica, essere una straordinaria risorsa per un Paese che non vuol più fare figli e che ha bisogno di nuovi cittadini in grado di sostenere un sistema pensionistico che ha trovato stabilità solo grazie all’intervento duro ma inevitabile del governo Monti dopo anni di scelte scellerate, e che se deve essere rivisto ha la necessità di venir sostenuto da una popolazione di lavoratori che cresca. Potrebbero essere il motore per la rinascita di questo Paese in una versione più moderna, aperta, multiculturale e dinamica, i migranti. Del resto si sa che nelle sfide più difficili sono spesso nascoste le opportunità più grandi.
La realtà invece è che purtroppo queste risorse vengono realmente trasformate in minacce. Chi arriva in Italia infatti, non è seguito da politiche che gli consentano di inserirsi nella società, che lo stimolino e lo rendano attivo. Bisogna considerare come, insieme a ingegneri e laureati di vario tipo, dall’Africa arrivi tanta gente poco istruita, che non conosce nessuno e non parla la lingua italiana. Sono persone deboli che hanno bisogno e diritto di essere seguite ed aiutate ad inserirsi nella società.
L’ultima staffetta di governo, pur avendo il merito di non essersi voltata di fronte a chi scappava dall’Inferno, ha fatto troppo poco in questo senso.
Non ha dato seguito al salvataggio con una vera accoglienza, ma ha dimenticato, sottovalutato ed abbandonato, finendo per creare emarginazione e quindi pericolo. E’ proprio dall’emarginazione e dall’assenza di prospettive, infatti, che nasce il pericolo, non dal colore della pelle, come qualcuno vuole farci credere. Ne parlava Roberto Saviano circa un mese fa su ‘Repubblica’, facendo riferimento alla condizione che vivono migliaia di bimbi bianchissimi e italianissimi delle periferie di Napoli e alle conseguenze a cui tale ambiente, tale assenza di futuro portano, indipendentemente dalla provenienza. In questo modo la Sinistra italiana, dimenticandosi di proseguire il proprio percorso nell’accoglienza, oltre a tradire le speranza di chi arriva sognando un futuro migliore, finisce per segnarsi un grosso autogol, esponendo al pubblico più sospettoso il lato più oscuro degli immigrati, figlio dell’emarginazione dalla società, e la loro pericolosità generata dall’assenza di alternative e futuro, fornendo un assist perfetto alla crescita della destra spinta da venti di odio e razzismo.
Mi auguro dunque che questo terribile evento possa essere un forte campanello d’allarme che risuoni nelle orecchie di una Sinistra addormentata e distratta, essendo giunto evidentemente il momento che si prenda la responsabilità di sconfiggere razzismo, fascismo e la Destra più bigotta. Sapendo che condannare, indignarsi e accusare non basta perché questi movimenti si plachino.
Per combattere la Destra più becera sono necessarie politiche e scelte concrete in tema di immigrazione. Sottovalutare il problema non risolve nulla. E’ necessario combattere in Europa per una più equa distribuzione dei migranti e un maggior aiuto nei salvataggi, anziché sprecare energie litigando per qualche punto percentuale di flessibilità sul deficit da poter distribuire in mancette-bonus elettorali (vedasi a tal proposito il Referendum del 2016, valido nei contenuti e pessimo nella gestione). E’ necessario investire in strutture che favoriscano una reale accoglienza ed integrazione, perché è dall’emarginazione che nascono i pericoli e non dalla pelle nera. E’ necessario combattere sul serio questa guerra al razzismo magari presentandosi in Senato compatti quando si tratta di discutere lo ‘Ius soli’. E’ necessario un cambio di marcia di una Sinistra sempre più impantanata e immobile se non si vuole che questo paese cada definitivamente e rovinosamente a Destra.
Martino Arioli