La gioventù e i primi miracoli
Carlo Domenico Cristofori nacque il 17 novembre 1631 ad Aviano, una cittadina situata nella parte occidentale del Friuli-Venezia Giulia.
Figlio di Marco Cristofori e Rosa Zanoni, frequentò la scuola di grammatica nel suo paese natio finché, all’età di 12 anni, fu inviato al collegio dei gesuiti di Gorizia per gli studi superiori. Da lì, nel 1645, alla notizia dello sbarco degli ottomani a Candia, fuggì per recarsi a combattere nel teatro delle operazioni. Dovette però fermarsi a Capodistria, dove riuscì a trovare ospitalità nel convento dei cappuccini. All’età di soli 17 anni, venne accolto come novizio dai cappuccini di Conegliano e assunse il nome da religioso pronunciando i voti nel 1649.
Nei conventi della provincia veneta Marco trascorse ben undici anni di preparazione prima di essere promosso, nel 1653, ai corsi filosofici e teologici. Dopo altri sette anni di studi ottenne la licenza per la predicazione. Ebbe tanto successo che fu chiamato persino in Puglia.
Gli vennero attribuite molte guarigioni miracolose. La prima nel 1676, quando, nell’incarico affidatogli di assistere le monache di S. Prosdocimo, benedì una suora paralizzata da 13 anni che, subito dopo, rincominciò miracolosamente a camminare. Grazie alla fama alimentata da miracoli simili, ovunque andasse si radunavano grandi folle.
Le importanti missioni politiche e religiose
Nel 1680 ricevette l’ordine di compiere una missione molto impegnativa nella Germania sud-occidentale. Il viaggio fu lungo e venne compiuto in due riprese: nella prima, che lo tenne occupato dal 1° maggio al 28 giugno, arrivò a Monaco e si fermò unicamente nelle località del Tirolo e della Baviera; nella seconda, dal 25 settembre al 31 ottobre, seguì da Linz un lunghissimo itinerario toccando località come Ratisbona, Neuburg, Worms e Norimberga.
Nel 1681 Innocenzo XI gli affidò una missione politica presso Ferdinando Carlo di Gonzaga Nevers, duca di Mantova, al fine di distoglierlo da una temuta alleanza con i Francesi. Dal punto di vista politico, infatti, quel periodo fu critico a causa delle relazioni difficili tra Luigi XIV e il pontefice per la questione delle regalie.
Dopo le missioni del 1680-81 Marco fu celebrato da molti come uomo miracoloso e salvatore del popolo, diventando simbolo della ripresa cattolica nei territori confessionalmente misti; d’altra parte, però, fu ampia anche la pubblicistica protestante che lo attaccò come diffusore di superstizioni.
Dopo altri 3 brevi viaggi missionari Marco giunse anche a Costanza, dove per dieci giorni benedì i fedeli lasciando ancora dietro di sé una scia di presunti miracoli, conversioni di protestanti e guarigioni. Nel 1682, dopo un’ennesima missione, fu nominato da Innocenzo XI missionario apostolico.
Il fondamentale ruolo nella battaglia di Vienna e nell’esercito imperiale
All’inizio del 1683 da Vienna arrivarono notizie preoccupanti: i ribelli ungheresi, alleandosi con i turchi, conquistarono una grande fetta del territorio ungherese. Inoltre un poderoso esercito inviato dal sultano Maometto IV partì da Costantinopoli verso l’Europa centrale. Dopo otto mesi di duri combattimenti e rappresaglie tra l’11 e il 12 settembre 1683 si combatté la battaglia decisiva tra l’esercito imperiale e i turchi. Prima dello scontro Marco celebrò la messa e benedì i soldati dando loro coraggio e motivazione. Si narra che il frate restò in preghiera con un crocifisso in mano sul monte Kahlenberg fino a quando la sconfitta dell’esercito turco non fu sicura.
Il 17 giugno 1684 fu poi presente alla conquista della fortezza di Visegràd, dove accompagnò l’esercito con benedizioni e celebrando messe sino alla presa di Pest e all’assedio di Buda. Una volta tornato in Italia inviò a Leopoldo I un lungo memoriale nel quale forniva consigli per l’impresa bellica che si sarebbe dovuta svolgere l’anno successivo.
Il 20 giugno del 1685 si recò in Ungheria, dove seguì l’esercito ancora una volta tenendo informato costantemente l’imperatore Leopoldo I riguardo l’andamento generale dei combattimenti. Lasciato l’esercito gli vennero affidate altre missioni nella Svizzera cattolica, mirate questa volta anche all’arruolamento di truppe mercenarie per la Lega Santa.
Nel 1687 Marco rimase con l’esercito imperiale per due mesi criticando le incertezze dei comandanti e protestando per i ritardi nelle operazioni militari.
Nel 1688 raggiunse l’esercito imperiale a Pest. Qui accompagnò l’avanzata dell’armata fin sotto le mura della città di Belgrado, la quale fu poi provvisoriamente conquistata dai cristiani il 6 settembre dello stesso anno.
Tre anni dopo si fermò anche alla corte austriaca per cercare una mediazione sulle questioni controverse con Roma.
La morte
Il 26 gennaio del 1699 Marco intraprese il suo ultimo viaggio per Vienna. A fine di luglio dello stesso anno si ammalò e morì a Vienna il 13 Agosto del 1699.
Il ricordo di Marco d’Aviano nel XXI secolo: l’inventore del cappuccino
A Marco d’Aviano è anche attribuita la creazione del cappuccino, una delle bevande più apprezzate e conosciute in Italia e nel mondo. Si dice infatti che il frate, in uno dei suoi tanti periodi di soggiorno a Vienna, entrò in una locanda e chiese un caffè ma, essendogli stato servito troppo amaro, chiese qualcosa per renderlo più dolce. Fu così che il locandiere, non avendo a disposizione altro, gli diede del latte e la bevanda scura divenne dello stesso colore del saio dei cappuccini (da qui il nome).
Il film
La RAI nel 2012 ha prodotto un film su Marco d’Aviano, liberamente ispirato al libro Il taumaturgo e l’imperatore di Carlo Sgorlon.
Riccardo De Simone