Un primo ministro, una madre, una moglie, una sorella e un essere umano. Benazir Bhutto fu tutto ciò e in tutto fu esemplare. A Benazir Bhutto bisogna riconoscere l’abilità politica, alla quale il suo essere donna ha solo giovato perché l’ha resa diversa, innovativa, empatica, ha espresso “un diverso tipo di leadership” che l’ha portata a interessarsi anche dei problemi della bassa popolazione quali le questioni femminili e la riduzione del tasso di crescita demografia. Ciò è stato possibile portando in politica “una nuova dimensione supplementare, quella di una madre.”
Ricordata per essere stata la prima donna a capo di uno stato islamico, Benazir ha trascorso diversi anni lontana dalla sua patria, il Pakistan. Il contatto con una società occidentale le ha permesso di ampliare i suoi orizzonti e di conoscere un mondo diverso da quello in cui era abituata a vivere; il suo cambiamento di prospettiva, aggiunto al suo carattere da sempre curioso e critico, hanno fatto sì che si realizzasse non solo come membro della società, ma anche in quanto donna. I suoi successi politici sono stati diversi, la duplice elezione alla carica di Primo Ministro in uno stato islamico esprime l’enorme appoggio che questa grande donna ha ricevuto da parte dei suoi concittadini, dal suo popolo, dalla sua patria. Malgrado una moglie così avrebbe potuto, in una società come quella pakistana, rappresentare un disonore, Asif Ali Zirdari, suo marito, l’ha sempre sostenuta in vita e ha perseguito la sua linea politica fino al 2013.
La morte di Benazir, oltre ad essere misteriosa, in quanto non si conoscono i veri responsabili, è significativa: Benazir è morta perché era temuta, costituiva un pericolo. Una donna con degli ideali, con dei pensieri e con la forza necessaria per vederli realizzati, con dei sostenitori, una donna indipendente spaventava, specialmente in una società in cui la donna non è altro che un oggetto. Benazir rappresenta potenzialmente la scintilla che porterà le donne pakistane all’emancipazione, all’indipendenza dai mariti e alla riconsiderazione di loro stesse come donne. Era questo che spaventava il governo del Pakistan, era questo il motivo per cui Bhutto andava eliminata, e così è stato. Il 27 Dicembre 2007, in seguito ad un attentato terroristico, l’ex primo ministro perde la vita e con questa ogni donna pakistana perde la speranza che prima la animava.
Possiamo considerare Benazir una martire, morta per una causa che nel 2007 doveva già essere realizzata, così come dovrebbe esserlo ora, quando invece non è ancora così. Benazir si è messa in gioco, non ha avuto paura di darsi visibilità malgrado fosse a conoscenza dei pericoli che correva, non si è tirata indietro, anche dopo gli esili, gli attentati e le minacce ha continuato a lavorare in politica e a non essere al sicuro, perché come lei stessa afferma “le navi al porto sono al sicuro, ma non è per questo che sono state costruite”.
Il suo atteggiamento innovativo e anticonformista l’ha resa una donna degna di essere definita una “cattiva ragazza”, un’etichetta linguistica che, malgrado l’apparenza possa ingannare, assume un significato positivo, quasi celebrativo. Benazir è stata in grado di essere se stessa e raggiungere i suoi obiettivi in una società in cui tutto ciò era silenziosamente proibito.
Nada Mansour
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