Kathrine Switzer: una ragazza che non si arrese mai
“Nella vita ho avuto fortuna. I miei genitori ed Arnie mi hanno sempre detto che potevo fare qualsiasi cosa. Come donna non mi sono mai accontentata di giocare con le bambole o fare solo la cheerleader. Sì, mi piaceva giocare con le bambole od indossare bei vestiti, ma mi divertivo anche ad arrampicarmi sugli alberi e a fare sport. Dopo la mia esperienza a Boston, capii che vi erano milioni di donne al mondo che erano cresciute senza credere di poter superare i limiti a loro imposti. Volevo fare qualcosa per migliorare le loro vite. Ciò di cui abbiamo bisogno è il coraggio di credere in noi stesse ed andare avanti passo dopo passo.”: le parole di Kathrine Switzer sicuramente la collocano tra le cattive ragazze.
Fin da bambina ha amato lo sport, tanto che quando ha avuto l’età adatta anziché diventare una cheerleader ha scelto di diventare un’atleta. Il primo sport è stato l’hockey su prato, uno sport poco apprezzato al college, perciò decise di dedicarsi all’atletica; eppure anche in questo ambito ebbe difficoltà ad emergere perché negli anni sessanta le corse erano riservate unicamente agli uomini , inoltre la sua presenza nella squadra non era accettata dalla mentalità conservatrice della Virginia. Nel 1966 però avvenne una svolta nella sua vita poiché conobbe Arnie Briggs, il postino dell’università che aveva partecipato alla maratona di Boston per ben quindici edizioni e che divenne il suo mentore. A lui svelò il desiderio di partecipare alla maratona, un progetto per cui si era allenata tenacemente anche nelle fredde giornate d’inverno. Arnie rimase colpito dal progetto ardimentoso, le donne non potevano prendere parte alla maratona. Il postino decise di supportarla, non solo allenandola all’impegno ma anche esortandola a prenderne parte in maniera ufficiale, iscrivendosi alla corsa. Insieme escogitarono un modo per aggirare la burocrazia, iscrivendo Kathrine a nome K.H. Switzer, un nome anonimo che non avrebbe destato sospetti.
Qualche sera prima della gara Kathrine espose il suo obiettivo al fidanzato, Tom Miller, suscitando a lui molta ilarità, tant’è che sostenne che se lei ce l’avesse fatta anche lui ne avrebbe preso parte, d’altronde anch’egli era un atleta seppur di lancio del martello. La corsa proseguì senza intoppi per i primi chilometri di gara, grazie anche alla collaborazione sportiva degli altri partecipanti, finché il direttore di gara si accorse della presenza di un’atleta donna a causa dello scompiglio creato dai fotografi.
Malgrado i tentativi di fermarla, Kathrine giunse al traguardo grazie all’aiuto del suo stesso fidanzato, che la protesse durante il corso della gara. Ovviamente Kathrine non fu inserita nella classifica finale, ma questo fu un motivo di lotta e negli anni successivi cercò di cambiare il regolamento della associazione affinché comprendesse anche le donne alla maratona.
Nel 1972 Kathrine vinse la sua battaglia, così le donne furono ammesse alla Boston Marathon. Successivamente si dedicò alla sua attività giornalistica promuovendo lo sport, partecipò ancora alla maratona vincendola nel 1974. Grazie alla sua determinazione ed alla sua tenacia,è riuscita a cambiare il regolamento ottuso della corsa in un’opportunità per tutti.
Davide Fioletti
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