La grande svolta rappresentata nella storia dell’umanità dalla rivoluzione industriale consistette nella scoperta di fonti di energia inanimata quali il carbone, il petrolio o il gas metano. Prima ancora della rivoluzione industriale, però, l’uomo riuscì a infrangere le restrizioni imposte dalla disponibilità di sola energia animata (soprattutto animali) utilizzando quella eolica, attraverso i mulini a vento, e quella idraulica, mediante i mulini ad acqua.
I primi mulini a vento furono probabilmente costruiti nell’area mesopotamica, intorno al secondo millennio a.C. Secondo antichi miti, infatti, il re babilonese Hammurabi fece irrigare la pianura compresa tra i fiumi Tigri ed Eufrate spostando l’acqua con l’ausilio di mulini a vento. Se si escludono i riferimenti mitologici, però, le prime testimonianze documentate del mulino a vento si hanno solo a partire dal I secolo, nell’area mediorientale.
La tecnica costruttiva dei mulini si espanse successivamente in Egitto, in Cina e in seguito in Occidente. Questo strumento venne perfezionato e conobbe una fioritura senza precedenti proprio in Occidente, nell’anno Mille, diventando il simbolo del progresso tecnologico che caratterizzò quel periodo.
Già i Romani conoscevano il principio del mulino ad acqua; tra i primi documenti riguardanti i mulini ed il loro funzionamento rientrano quelli di Vitruvio, nel suo trattato De Architectura. Nonostante ciò, si ipotizza che i Romani non ne fecero largo uso a causa della grande disponibilità di schiavi, sfruttati come forma alternativa di energia. L’uso di questa tipologia di mulino si diffuse largamente in Europa soltanto nel corso del Medioevo. Nei secoli bui dell’Alto Medioevo, durante i quali l’Europa fu caratterizzata da una profonda arretratezza, il mulino venne utilizzato per macinare il frumento. A partire dall’XI secolo, quando il mondo europeo vide una fase di sviluppo, questo strumento fu impiegato anche in altre attività:
- il funzionamento delle segherie, nel settore forestale;
- per azionare i folloni e i telai, nell’industria tessile;
- per la lavorazione dei metalli, per azionare macine, forge e martelli per forgiatura;
- per azionare le pompe idrauliche;
- per sfibrare gli stracci e la pasta di legno con l’utilizzo di mazze e martelli dotati di punte.
Secondo alcuni dati, il momento di maggiore espansione numerica degli impianti idraulici in Europa si verificò tra il XII e la fine del XIII secolo, in corrispondenza con un periodo di prosperità economica e soprattutto di forte incremento demografico. Come nei secoli altomedievali, anche in questo periodo i mulini appartenevano per la maggior parte agli enti ecclesiastici e ai vescovi, ora molto più spesso affiancati dai nascenti organismi comunali e dalle grandi famiglie dell’aristocrazia laica.
Tipologie di mulini
I mulini che si diffusero nel Mille in Occidente potevano essere ad acqua o a vento. A loro volta i mulini ad acqua si suddividevano in diversi tipi: flottanti (così chiamati perché galleggiavano nell’acqua), orizzontali o verticali.
L’ultimo modello era quello più utilizzato e si distingueva in due ulteriori categorie: undershot e overshot. Nel mulino undershot l’acqua corrente giungeva all’estremità inferiore della ruota e, premendo contro le pale, la faceva muovere. La ruota, una volta azionata, metteva in moto altri ingranaggi all’interno del mulino. Nel caso in cui la ruota avesse opposto troppa resistenza all’acqua, poteva capitare che il deflusso della corrente si interrompesse e il mulino venisse inondato. L’efficienza di questo mulino era scarsa: soltanto del 15-30%.
Il tipo overshot, invece, non aveva le pale, ma era costituito da una sorta di secchi ed era più funzionale. L’acqua vi era condotta dall’alto: cadendo, riempiva in successione i secchi e azionava la ruota per forza di gravitazione e non più per spinta.
La maggior parte di questi mulini aveva ruote del diametro che variava dai 2 ai 4 metri.
Una così massiccia espansione delle tecnologie idrauliche comportò un notevole sforzo di ingegneria civile per la costruzione di alcune strutture accessorie
come dighe, gore di derivazione, bacini di riserva e canali di rifiuto. Raramente, infatti, le ruote erano mosse direttamente dalla corrente: in genere veniva invece scavata una derivazione che deviava l’acqua dal fiume in un canale, parallelo al corso d’acqua, che riforniva i bacini di riserva e serviva sia ad isolare le ruote dalle variazioni stagionali del livello dei fiumi, sia ad evitare di ostruire l’alveo con strutture ingombranti in caso di piena. Gli sbarramenti che consentivano il deflusso delle acque dal fiume alla gora potevano essere di vari tipi: si andava da semplici strutture costruite con materiali deperibili che richiedevano una continua manutenzione, a delle vere e proprie dighe in muratura a sbarramento totale dell’alveo del fiume.
Per quanto riguarda i mulini a vento, questi dovevano essere edificati in aree per natura molto ventose. Inoltre, le pale ruotavano solo quando il vento soffiava nella direzione giusta e di conseguenza il loro uso non era continuativo.
Per questo motivo, verso la fine del Medioevo, fu inventato il mulino in pietra, avente sulla sommità una camera rotante, che seguiva il vento senza ridurre il funzionamento dei macchinari collegati nella parte inferiore della struttura.
Vantaggi del mulino
L’importanza del mulino e la sua diffusione nel Medioevo trovano spiegazione nei grandi vantaggi da esso apportati. Questo strumento costituì infatti una vera svolta nell’ambito produttivo in quanto, grazie ad esso, l’uomo fu in grado di sfruttare per la prima volta elementi inanimati, quali l’acqua e il vento, per ricavare energia e compiere un lavoro.
Nell’antichità l’uomo poteva contare esclusivamente sulle proprie forze e, successivamente, su quelle degli animali addomesticati. Prima dell’invenzione del mulino, quindi, accanto ai mortai con pestelli, ai rulli di pietra e ad altri utensili, l’unico macchinario di cui l’uomo disponeva era la macina girevole, che si basava su energia meccanica sviluppata da uomini (generalmente schiavi) e da animali da traino.
I principali punti di forza del mulino erano i seguenti:
- il risparmio di forza umana e animale, che poteva essere impiegata in altre attività;
- l’utilizzo di risorse naturali illimitate, gratuite e poco soggette a scarsità;
- l’efficienza: gli studiosi ritengono che un mulino di modeste dimensioni riusciva, in una giornata, a svolgere un lavoro per il quale sarebbero servite più di quaranta persone. La produttività di questo strumento, inoltre, incrementò ulteriormente quando iniziò ad essere utilizzato anche per altre attività all’infuori della molitura; alcuni mulini, infine, erano persino in grado di svolgere due o tre lavori contemporaneamente: un grandissimo risparmio di tempo, energia e costi!
- l’utilizzo di una tecnologia relativamente semplice e già nota da epoche antiche.
Svantaggi del mulino
Il mulino, tuttavia, come ogni strumento di innovazione tecnologica, presentava anche alcuni svantaggi:
- il limite principale, che è anche il più evidente, era di carattere geografico: il mulino, a seconda del tipo di energia che sfruttava, doveva essere costruito o in una zona ventosa o lungo un fiume o corso d’acqua idoneo. Ciò rendeva il mulino adatto solo alle regioni che presentavano tali requisiti;
- il mulino si basava su forze naturali che non dipendevano direttamente dall’uomo: nel caso del mulino ad acqua, perciò, le piene, le secche e le gelate dei fiumi potevano creare problemi, così come le condizioni atmosferiche avverse;
- i costi di costruzione e di manutenzione erano piuttosto elevati. Poiché il mulino implicava un grande investimento di denaro, solo i signori ricchi e potenti (laici o ecclesiastici) potevano permetterselo. Conseguenza delle spese onerose fu anche l’obbligo di molitura, per il quale le comunità sottoposte venivano costrette a macinare il grano nel mulino del signore, il quale imponeva un pagamento per il suo utilizzo;
- i problemi e le controversie legate agli impianti aggiuntivi, che venivano costruiti al fine di controllare l’approvvigionamento dell’acqua. Spesso, infatti, venivano realizzati sistemi di canali e strutture di sbarramento che non di rado provocavano scontri tra i proprietari: la presenza di dighe determinava danni alla navigazione sui grandi fiumi e talvolta disastri in caso di piena.
L’elevata efficienza dei mulini causò inizialmente anche un lieve aumento di disoccupazione che, nel XIII secolo, portò ad alcune sollevazioni di lavoratori in Francia. L’entità del fenomeno fu tuttavia limitata e non influenzò in modo significativo la diffusione del mulino.
In conclusione
I mulini hanno costituito una svolta fondamentale nella storia dell’uomo, e ancora oggi i principi su cui essi basavano il loro funzionamento sono sfruttati attraverso impianti più moderni, ovvero le centrali eoliche e le centrali idroelettriche, finalizzate alla produzione di un nuovo tipo di energia, più adatto alle esigenze della società odierna: l’elettricità.
Giulia Ciraudo e Chiara Agrimi; 3a B liceo scientifico
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