Non basta una storia ai fratelli Wachowski (resi famosi dalla saga di “Matrix“), con l’aiuto di Tom Tykwer, per realizzare il film Cloud Atlas, tratto dall’omonimo libro di David Michell. Infatti il film è un continuo intreccio tra sei storie parallele fra loro ma che avvengono in epoche storiche differenti. Ma mi domando: «Perché narrare sei storie così diverse e distanti cronologicamente fra loro?» Credo principalmente per due motivi:
- Far notare allo spettatore le connessioni tra uomini e donne così distanti attraverso dei segnali monitori, come la voglia a forma di cometa che presentano i protagonisti delle sei storie e che rappresenta una sorta di trait d’union fra essi. Un altro punto che li unisce tutti è quello di aver preso decisioni molto forti ed inoltre essi sono legati da un destino comune e questo viene reso bene nel film grazie alla presenza di piccoli particolari come la cometa, gli strani bottoni di una giacca di un personaggio della prima storia, che poi vedremo nelle mani di uno dell’ultima, il disco in vinile Il sestetto dell’atlante delle nuvole, il sogno-visione che ci viene narrato da un vecchio compositore e molti altri aspetti che, secondo me, si rivelano ad ogni nuova visione del film. Inoltre anche la presenza di un continuo balzo da una storia all’altra ci permette di comprendere bene questi legami.
- Far capire allo spettatore che purtroppo l’uomo difficilmente impara dalla storia infatti nell’ultima storia c’è un ritorno all’età della pietra e questa visione viene sicuramente ripresa dal pensiero di Albert Einstein che dice: «Non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma la quarta verrà combattuta con clava e pietre».
In conclusione posso dire che si tratta di un bel film con un numero davvero straordinario di spunti e particolari che ci tengono incollati allo schermo per riuscire a coglierli uno ad uno.
Paolo Del Duca
Sicuramente Cloud Atlas (sia film che libro) è un’opera molto complessa. Ti do ragione su ciò che hai scritto, ma vorrei precisare che la tua interpretazione del secondo messaggio è vera solo in parte. Non è certamente pessimista come film, anzi, ci fa capire che forse c’è una speranza per l’umanità: la coscienza, che non si può risvegliare con l’ignoranza, ma solo con la conoscenza. Nel libro viene sottolineato ancora di più: nella storia ambientata a Neo Seoul (nel libro Nea So Copros), Sonmi-451 intraprende un cammino ascetico che parte dall’ignoranza, e quindi lei non si rende conto della libertà non concessa, della sua situazione. Quando poi inizia a conoscere, inizia a comprendere e ciò che gli sembrava bello le si è rivelato per quello che era: schiavitù, genocidio. Finalmente arriva alla Verità (concetto fondante della trama ripreso da Mitchell per il libro e dalle Wachowski per il film, probabilmente ripreso dalle tesi socratiche e platoniche) sulla sua condizione; ma la Verità si può raggiungere solo quando si comprende di poterlo fare (quando appunto si ha coscienza, quando si sfidano le convenzioni e l’ignoranza di massa). E in riferimento alle convenzioni, un’altra convenzione che il film (più del libro) vuole farci comprendere è che la società continuerà per sempre come è stato finora: ‘Il debole lo abbatte, il forte che lo inghiotte’. Quando l’umanità prenderà coscienza di ciò, allora si capirà che si potrà vivere in pace, in armonia gli uni con gli altri, nel rispetto reciproco tra noi e anche verso il mondo naturale.