A partire dal settembre 2008 una nuova crisi finanziaria, seconda solo al crollo di Wall Street del famoso “giovedì nero” del 1929, ha colpito il mondo intero.
Sulla stessa onda del ’29, le banche sono ritenute il capro espiatorio di tutto questo a causa del loro comportamento troppo permissivo e alla facilità con cui hanno concesso aiuti, sotto forma di prestiti, a chiunque ne facesse richiesta.
La differenza dalla prima grande crisi deriva dal fatto che le banche non si sono limitate a salvare o sostenere finanziariamente solo i provati e le imprese, ma esse sono arrivate a finanziare anche lo Stato stesso, creando una coesione tale che il fallimento di una delle due parti, avrebbe fatto cadere nel baratro anche l’altra.
Questo ruolo ha garantito un dominio assoluto delle banche nella finanza mondiale: basti pensare che gli Stati Uniti spendono miliardi (14000 miliardi nel 2008, 26000 miliardi nel 2011 e 29000 miliardi nel 2012) per salvare le banche dal fallimento e rimettere in piedi il sistema finanziario.
Nonostante le banche siano enti privati soggetti al fallimento, il collegamento di dipendenza che le unisce con gli organi statali, obbliga questi ultimi a fare il possibile, ricorrendo anche a ingenti spese monetarie, per evitare il collasso economico e finanziario.
Lo Stato presenta il conto di queste spese ai cittadini (dato che è da questi che avviene il prelevamento della ricchezza attraverso le imposizioni fiscali quali tasse, tributi e contributi): l’aumento della pressione fiscale, il taglio dei servizi e dei dipendenti pubblici, ha causato una crisi a livello morale attraverso la quale i cittadini perdono la fiducia non solo nei confronti delle istituzioni pubbliche, ma anche in sé stessi. Ad alimentare questa sfiducia vi è l’accordo stipulato tra banche e Stato, il quale prevede l’assicurazione di queste ad essere salvate a prescindere dalle assurdità e dai fatti che hanno portato alla loro crisi, incoraggiate quindi a riprendere la vecchia strada.
La crisi che dunque sta affliggendo il mondo intero ha una doppia natura: una economica e una morale in una situazione in cui vengono ricompensati i colpevoli e puniti gli innocenti.
Diversi scrittori hanno ipotizzato quali conseguenze causerà una crisi che mai si era verificata nel corso della storia dell’umanità. L’autore francese, Yves Cochet, ha analizzato come la società moderna sia sempre più individualista e propensa a risolvere i propri problemi invece di collaborare ad un benessere comune. Una rivoluzione come quella francese del 1789 è così impossibile in quanto i cittadini non sono mossi da un sentire comune che miri a cambiare il sistema, di cui ormai siamo gli schiavi, e rischiare persino la vita come fecero i francesi rivoluzionari o i compatrioti garibaldini.
Questo individualismo preclude ogni possibilità di ripresa per cui nulla sembra poter evitare il crollo (collapse) della società mondiale. Come se tutto ciò non fosse sufficiente, ad aggravare tale situazione si aggiungono le previsioni di scienziati e ricercatori. Secondo questi, tra il 2030 e il 2070, si verificheranno dei fenomeni che causeranno una nuova crisi di tipo ambientale e sociale: l’esaurimento delle risorse non rinnovabili, il cambiamento climatico, la crisi alimentare e la crescita demografica (nel 2070 si conteranno oltre 10 miliardi di abitanti), comporterebbero una lotta per la sopravvivenza tra il genere umano, nella quale i ricchi e i potenti (il 15% dei paesi del mondo) rispecchierebbero i forti, mentre il restante 85% crollerebbe di fronte alla superiorità dei primi. Prederebbe così sopravvento la “legge di Darwin” per cui il più forte sopravvive e gli altri soccombono ad esso.
Da anni gli economisti stanno studiando possibili rimedi per porre fine a questa crisi poiché il collasso previsto è sempre più imminente e rinviare al futuro ogni decisione peggiorerebbe la situazione attuale.
Le giovani generazioni continuano a domandare come non sia stato posto rimedio precedentemente a questa situazione. Si sarebbe dovuto prontamente porre rimedio a questa crisi valutando gli errori commessi nel 1929 in modo da non ripeterli una seconda volta con conseguenze previste ancora più disastrose. E’ necessario quindi un nuovo “New deal”, riforme e provvedimenti economici e sociali in grado di risollevare la situazione mondiale, come quello apportato dal presidente americano Roosevelt in seguito alla bancarotta dichiarata dalla Nazione successivamente al ’29 che ha permesso agli U.S.A. di divenire la prima potenza mondiale.
Gli italiani ripongono ora la fiducia nel nuovo Governo Letta con la speranza che questo, attraverso mirate riforme, riesca a risollevare il Paese dalla crisi e garantire occupazione ai disoccupati, riducendo i tagli ai servizi pubblici, garantendo quindi un tenore di vita adeguato ad un Paese economicamente ai primi livelli mondiali.