Giornata soleggiata. Leggera brezza. Sei immerso nel verde di un meraviglioso giardino, all’ombra di un albero. Tutto è tranquillo. Ma ecco che questa tua serenità finisce: in agguato c’è il fastidioso insetto di turno, che arriva all’improvviso e inizia a ronzarti intorno e a punzecchiarti. Tu non stavi facendo niente di male, cercavi solo un po’ di calma, e invece ora sei di nuovo “sveglio”, tornato alla realtà.
Questo per farvi capire come si sentivano gli abitanti dell’antica Atene quando, girovagando per la città, godendosi una tranquilla passeggiata, si imbattevano in Socrate. Questo (filosofo del V secolo a.C.) era considerato una vera scocciatura per gli ateniesi, a tal punto da meritarsi l’appellativo di tafano, in quanto riusciva a “smuovere” ogni cittadino, lo punzecchiava per stimolarlo. Ma veramente Socrate era così seccante, così irritante, così sgradevole?
La filosofia, a partire da Socrate, muta radicalmente: abbandona lo scenario della natura e inizia a concentrarsi più sull’uomo e sui suoi problemi, che possono essere di carattere morale, religioso, politico, ecc. Infatti Socrate fu, con tutta probabilità, il primo filosofo a vedere la natura dell’uomo espressa nella sua coscienza e nella sua visione interiore. Sulla base di questa convinzione, egli passò tutta la sua vita a interrogare ed esaminare la gente, sia per far comprendere loro l’importanza di questa dimensione interiore, sia per far si che essi si migliorassero attraverso la conoscenza. Già, perché per Socrate l’obiettivo di ogni uomo è essere felice, e la felicità si raggiunge solo facendo il bene. Ma come si può distinguere il bene dal male? Lui ne era sicuro: grazie alla conoscenza, attraverso il sapere. Ma come posso arricchire la mia anima di sapere? Come posso fare chiarezza dentro di me? Semplice: con il dialogo, con il confronto, attraverso la “fecondazione” con un’altra anima. Così, Socrate andava in giro interrogando su qualsiasi questione i suoi interlocutori, che nella maggior parte dei casi credevano di sapere tutto dell’argomento; ma egli, dichiarandosi tuttavia ignorante, riusciva sempre a confutare le loro ipotesi. Poi, grazie all’arte della maieutica, ossia l’arte della levatrice, come sua madre aveva aiutato le gestanti a partorire, allo stesso modo Socrate si comportava con l’anima dei suoi interlocutori, aiutandoli a “partorire” non bambini, ma pensieri e discorsi. Il suo intento era stimolare le menti, attivarle, renderle fruttuose, smuoverle dalla convinzione di sapere, invogliarle ad avvicinarsi quanto più possibile alla verità.
Allora, dopo aver detto tutto ciò, secondo me, Socrate è più definibile non come un fastidioso tafano, ma come una dolce levatrice, a cui, alla fine del suo lavoro, bisogna dire grazie. Grazie per averci aiutato a “partorire” ciò che è dentro di noi; grazie per il contributo a migliorare la nostra anima.
E voi cosa ne pensate?