Molto spesso gli studenti non sono stimolati allo studio, perché trovandosi davanti ad intere pagine piene di nozioni all’apparenza senza significato, concepiscono questa attività come passiva e noiosa. Ci si imbatte, infatti, nel limite di dover studiare problemi già risolti e discussioni già concluse, senza poter prendere parte a un processo che invece dovrebbe coinvolgere in prima persona, in quanto riguarda lo sviluppo della propria conoscenza.
Socrate aveva compreso che lo studente deve partecipare attivamente nella ricerca del sapere, per sviluppare una concezione critica del mondo che lo circonda. Lo studio dunque non deve concretizzarsi come una presuntuosa conquista della saggezza, ma piuttosto come un’umile accettazione della propria ignoranza, in vista di un confronto con il proprio insegnante, che porti entrambi a sviluppare un’opinione che sia allo stesso tempo personale e universale, riguardo le forze e i principi che regolano il mondo.
In questo senso lo studio porta anche a evadere dalle rigide discipline scolastiche e a evolvere una mente consapevole in grado di cogliere concetti etici che indichino la giusta via per raggiungere la felicità. Questa infatti non può concretizzarsi nelle persone che non abbiano maturato l’attitudine al ragionamento, la quale si può apprendere solo attraverso un confronto diretto con altre menti fertili: non a caso i regimi dittatoriali si basano su un’istituzione unilaterale che non permette il contatto con correnti di pensiero alternative.
Socrate sembra riassumere ciò nel concetto ripreso da Platone nel Gorgia con le seguenti parole: “Di tutte le ricerche la più bella è proprio questa: indagare quale debba essere l’uomo, cosa l’uomo debba fare”. Ecco perché è importante capire quale sia il giusto metodo con cui rapportarsi alla realtà, per comportarsi virtuosamente e raggiungere la felicità.