La parola assume un’importanza fondamentale nell’arte oratoria, ma i contenuti concreti rappresentano, in un discorso, l’elemento indispensabile alla base della comunicazione e dello scambio di opinioni.
Gorgia non sarebbe d’accordo. Egli adopera le parole come mezzo per persuadere, ingannare, portare a termine qualunque progetto, utile o dannoso, buono o cattivo che sia. Di conseguenza, se si considera la parola solo come mezzo per convincere l’interlocutore, inevitabilmente le si attribuisce un significato negativo: con una simile considerazione e dimestichezza della retorica, Gorgia si burla di colui che ascolta, riesce a fargli cambiare opinione, e con ciò, dimostrargli la sua superiorità in campo oratorio.
Tuttavia, non si può certo affermare che la retorica e l’arte del saper parlare risultino poco importanti in un discorso: la loro presenza è di grande aiuto per un’efficace comunicazione del messaggio. Infatti, Gorgia non si serve dell’arte oratoria con il solo fine di dimostrare la sua bravura, ma anche per suscitare emozioni e comportamenti nell’interlocutore. Svolge quest’azione sottoponendo l’ascoltatore a ciò che definirei un’azione ipnotica. Ciò che fa, è servirsi della parola intesa come pharmakon, ovvero “medicina” o “veleno”, per annullare la consapevolezza di chi ascolta e far perdere così il contatto con la realtà. Il questo modo l’intelletto e la ragione rispondono inconsciamente.
Eppure mi sembra che qualunque sia il ruolo della parola secondo il filosofo Gorgia, esso rivesta un significato negativo: persuasione, inganno, ipnosi sono alla base delle sue riflessioni. Qual è insomma lo scopo delle sue confutazioni? Dimostrare ciò che ritiene vero o mettere alla prova le sue abilità?
La retorica è utile solo se è al servizio della ragione, quando l’oratore non fa appello soltanto ai sentimenti, alle paure, ma aiuta i suoi interlocutori a ragionare perché sappiano governare e controllare tali emozioni.